Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  febbraio 11 Venerdì calendario

Come sono fatti i granchi

I granchi sono tra gli animali più versatili del mondo: nuotare non è il loro forte, eppure vivono in mari, laghi e fiumi di tutto il pianeta, nutrendosi di piccole prede, alghe e animali morti, e visto che alcuni respirano pure l’aria, se ne trovano anche sulle spiagge e persino nelle foreste tropicali, in cerca di frutta. Ora la biologa dell’Università di Harvard, Joanna Wolfe, ha scoperto che la “granchitudine”, o tecnicamente la “carcinizzazione”, cioè l’adozione della loro particolare forma corporea, piatta, larga e tondeggiante, così diversa da quella dei loro parenti aragoste o scampi, è stata un tale successo da venire spesso imitata anche da crostacei che granchi non sono, ma poi, stranamente, abbandonata.  «I granchi sono crostacei a dieci zampe che, circa 200 milioni di anni fa, hanno appiattito e allargato il corpo, si sono coperti di una corazza e hanno piegato sotto al torace la coda, per completare l’armatura. Quella forma è stata adottata da altri quattro generi di crostacei, mentre per ben sette volte specie che avevano acquisito questa forma hanno perso una o più caratteristiche “da granchio”» spiega Wolfe.
 Tra i veri granchi ci sono le nostre granseole (Maja squinado) considerate una prelibatezza lungo l’Adriatico, o anche i giganti ragno giapponesi, Macrocheira kaempferi, che arrivano a 3,7 metri da zampa a zampa, mentre il Ranina ranina è un granchio che ci ha “ripensato”: riallungando il corpo ha finito per assomigliare a una rana.
 
come i delfini con gli squali
 Specie semplicemente imitatrici sono invece, per esempio, i bellissimi granchi porcellana, tipo Petrolisthes desmarestii, o i granchi reali, come quello del Nord Pacifico, Paralithodes camtschaticus, molto apprezzati a tavola, che sono in realtà parenti dei paguri.
 «Il fenomeno per cui animali distanti evolutivamente si somigliano si chiama “convergenza evolutiva” e si verifica quando l’ambiente spinge verso una forma del corpo simile, come per esempio quella di squali, ittiosauri e delfini, perfetta per scivolare nell’acqua» spiega il biologo evolutivo Carmelo Fruciano  dell’Istituto per le Risorse biologiche e le biotecnologie marine (Irbim) del Cnr. «Casi come quello del “modello granchio”, dove appaiono gruppi di modifiche differenti fra loro e più o meno utili, sono però più misteriosi: forse il gene che ne provoca una, per esempio la formazione della corazza, è collegato ad altri, come quello della forma del corpo, per cui se cambia la prima caratteristica, cambia anche la seconda».
 E se non è chiaro il come, non lo è neanche il perché: la stessa Wolfe ammette che non si sa perché la granchitudine piaccia tanto, e neanche perché poi scompaia anche più spesso.
 
nel menu di polpi e lontre
 «In realtà per ogni caratteristica dei granchi si può ipotizzare un vantaggio evolutivo» ci dice Carlo Froglia, ricercatore in pensione dell’Irbim di Ancona e uno dei massimi esperti di decapodi in Italia. «La loro corazza è indispensabile in animali che finiscono sul menù di tantissimi predatori, dai polpi alle lontre. Ma la stessa forma larga, ulteriormente ampliata quando alzano le chele in difesa, può scoraggiare un predatore, che non sa bene come inghiottirli. E se il predatore insiste, l’insolito movimento laterale del granchio lo può spiazzare, permettendogli anche di entrare, con la parte stretta, in anfratti o buche». E c’è anche un ulteriore trucco difensivo: se un granchio viene afferrato per una chela o una zampa, la stacca e fugge, tanto la rigenererà dopo un paio di mute.
 Ma forse la loro innovazione più grande, è stata il perdere la coda da “aragosta”. «Non avere più una coda, che fuori dell’acqua sarebbe solo un ostacolo, ha permesso a molte specie di granchi di vivere in parte o per sempre sulla terraferma. Certo devono sempre rimanere in ambienti umidi, per tenere bagnate le branchie, che comunque, rinchiuse nella loro corazza, sono abbastanza protette dall’essiccamento. Tutto ciò permette ad alcune specie di compiere lunghi tragitti via terra, come accade ogni anno a 40 milioni di Gecarcoidea natalis sulla Christmas Island, Australia, per spostarsi dalle foreste al mare, dove rilasciano uova fecondate».
E non dimentichiamo l’importanza delle chele.
«Ogni specie ne ha di sue: da quelle a forbice, per tagliare la carne, alle “schiaccianoci” per stritolare le conchiglie, fino ai “cucchiai” per grattare le alghe dagli scogli. I maschi dei granchi-violinista hanno una chela che usano per segnalare la virilità: più questa è grossa e più attrae le femmine e scoraggia i rivali».
 Ma se sono così perfetti perché ogni tanto perdono caratteristiche? «Probabilmente capita quando si aprono nuove nicchie ecologiche dove vivere. Per esempio può essere vantaggioso tornare a una forma allungata per muoversi in un labirinto di rocce».
 
traslochi nocivi
 E come resistono all’impatto con l’invasività umana? «I danni vengono quando si spostano specie da una parte all’altra del mondo. Per esempio l’arrivo dei gamberi della Louisiana nei nostri fiumi ha messo in difficoltà i granchi di acqua dolce autoctoni. E adesso preoccupa il ritrovamento in Adriatico dei granchi blu dell’Atlantico, importati vivi per la carne, che competono con le nostre specie. In Calabria è stato pescato persino un gigantesco granchio reale del Nord Pacifico, specie che sta invadendo le acque della Scandinavia: forse è stato liberato da qualcuno troppo sensibile per vederlo fare da piatto forte».
 
@font-face {font-family:"Cambria Math”; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536870145 1107305727 0 0 415 0;}@font-face {font-family:Calibri; panose-1:2 15 5 2 2 2 4 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:swiss; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-469750017 -1073732485 9 0 511 0;}p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-unhide:no; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:"”; margin-top:0cm; margin-right:0cm; margin-bottom:8.0pt; margin-left:0cm; line-height:107%; mso-pagination:widow-orphan; font-size:11.0pt; font-family:"Calibri”,sans-serif; mso-ascii-font-family:Calibri; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Calibri; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman”; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;}.MsoChpDefault {mso-style-type:export-only; mso-default-props:yes; font-size:11.0pt; mso-ansi-font-size:11.0pt; mso-bidi-font-size:11.0pt; font-family:"Calibri”,sans-serif; mso-ascii-font-family:Calibri; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Calibri; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman”; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;}.MsoPapDefault {mso-style-type:export-only; margin-bottom:8.0pt; line-height:107%;}div.WordSection1 {page:WordSection1;}