il Giornale, 12 febbraio 2022
Putin-Macron, il Dna è un caso politico
Nel faccia a faccia «distanziato» di lunedì scorso a Mosca, il tavolone era parso subito un corto circuito. Troppa separazione fisica tra i due capitavola, per poter sperare in una de-escalation in Ucraina: quasi 5 metri, per altrettante ore di colloquio. La Reuters ieri ha infine svelato il dietro le quinte dell’incontro tra Vladimir Putin ed Emmanuel Macron, innescando retroscena e dubbi sullo stato effettivo dei rapporti tra Mosca e Parigi.
Precise, le rivelazioni dell’Eliseo: per entrare al Cremlino, Macron si è rifiutato di sottoporsi al test anti-Covid «made in Russia». «Non potevamo accettare che mettessero le mani sul Dna del presidente». Tanto è bastato per provocare un caso politico; tenuto riservato per giorni e ora deflagrato quasi in spy-story.
Macron messo alle strette appena sbarcato (volutamente in ritardo). Due opzioni a disposizione: o accetti un test Pcr effettuato dalle autorità russe, che gli avrebbe permesso di avvicinarsi a Putin, o rifiuti e rispetti un distanziamento ben più rigoroso. «Sapevamo benissimo che ciò significava nessuna stretta di mano, e quel lungo tavolo, ma non potevamo accettare che mettessero le mani sul Dna del presidente».
Non era dunque cortesia protocollare quella mostrata tra i due all’arrivo in favor di camera, ma il secondo round di una vigilia di nervi tesi. Macron, che con perfidia sfoggia la formula inglese «How are you?». Come dire: chiedi a me un test per entrare in casa tua? Fammi accertare che sia tu, presidente, a star bene, perché io sto benissimo e non ho bisogno che sia un medico russo a certificarlo con un esame molecolare. «Fine, just fine, Emmanuel...», gli risponde Putin dalla «distanza di sicurezza».
Il gallo (francese) nella tana dell’orso (russo) si chiude a riccio. L’entourage di Macron conferma l’avvenuto «niet» al test, precisando che ne ha «superato» uno analogo in Francia alla partenza, poi un test antigenico «effettuato dal suo medico una volta arrivato in Russia». «Inaccettabile», dunque, il protocollo del Cremlino, commenta l’Eliseo, lasciando trasparire sospetti di ogni genere.
Più che sanitario, stando alle voci raccolte a Parigi da Reuters, il «protocollo russo» avrebbe potuto avere anche altre intenzioni: quella di conservare il Dna del capo dell’Eliseo per scopi nascosti. La punta del tampone molecolare inserita fino a 2,5 cm dal bordo della narice, pratica quasi quotidiana per le alte sfere, sarebbe stata chiesta nuovamente all’atterraggio di Macron a Mosca. Sherpa nel panico. L’incontro per scongiurare la guerra in Ucraina si tramuta così in una cartina al tornasole imbevuta nei complessi giochi diplomatici, nei sottili equilibri che definiscono la forza di una potenza regionale anche sulla base delle informazioni sensibili in suo possesso.
E cosa c’è di più personale del Dna di un leader che oggi guida non solo la Francia ma pure l’Ue? «I russi ci hanno detto che Putin doveva essere tenuto in una rigida bolla sanitaria...». I fiori sul tavolo non celano la diffidenza: neppure mascherata, anzi mostrata al mondo da Putin, visto come ha gestito l’ospitata del presidente kazako Tokayev appena tre giorni dopo Macron.
Con l’omologo kazako, al Cremlino saltano tutti i gesti barriera: stretta di mano, un abbraccio con accenno di bacio sulla guancia, colloqui ravvicinati a un tavolino da caffè. Con Macron, lontananza imposta e conferenza stampa a «distanza di sicurezza». Il Covid cambia le strategie. E al Cremlino il distanziamento si interpreta a seconda dei rapporti (di fiducia) con chi entra nella tana dell’orso. E di chi accetta o meno di lasciare campioni organici a Mosca.