la Repubblica, 12 febbraio 2022
I luoghi comuni di Flaubert e del nostro tempo
Carlo Merlo, i sindaci spengono le luci per protesta, ma nessuno parla di inquinamento luminoso. Il buio non esiste più. Non dico la Via Lattea, non si vedono più neanche le stelle. Perché non spegnere le luci di notte? Che benefici danno? Una legge sconosciuta tutela il cielo stellato: quella della Regione Lombardia n. 17 /2000. Andrea Zanello – Gallarate Viva il buio che è il contrario della luce che uccide, la luce malata del nostro tempo. La sera in via Panisperna non c’è più l’ombra. E quando si fa tardi è inutile cercare la preziosa oscurità che attorno a Santa Maria in Trastevere ricreava l’atmosfera che fu l’educazione sentimentale dell’Europa. Ci piacciono i tunnel neri delle metropolitane che sono la faccia evoluta del sottosuolo urbano, mentre, sopra, la luce che ci soffoca ha sete di pioggia. A patire di troppa luce è tutta la Terra: i ghiri non vanno in letargo e le foglie degli alberi, sazie di clorofilla, cercano il buio. La luce e il calore, figli pasciuti del Sole, minacciano di morte l’agricoltura. Chiamiamo “bel tempo” la sofferenza del clima e la sua luce malata. E ora capiamo che le mille luci di New York e la Grande Lumière di Parigi sono buio bucherellato, il merletto dell’oscurità che dà forza allo spirito. Caro Merlo, è meritoria la battaglia contro il luogo comune, che Flaubert chiamava bêtise, il non-pensiero “incrollabile”. Il si dice il si pensa, il si crede è la falsa verità che si appoggia sul numero, vale a dire, afferma Flaubert, sul diavolo che è appunto “legione”. Flaubert sapeva che la bêtise ha una forza di attrazione cui è difficile resistere”in virtù di quell’istinto depravato, che talvolta ci spinge a mettere il naso sotto le coperte per sentire l’odore di un peto”. Anche Karl Kraus è un fustigatore dei luoghi comuni. Ma Flaubert ha raccolto uno sciocchezzaio, la sua opera finale. Dentro ci sono anche le bêtises che tarlano il discorso dei grandi, degli amici, di Flaubert stesso. Nessuno è senza peccato. Franco Rella – Venezia Abbraccio (come saluto finale), accellerazione (con due elle), adoro, alla fine della fiera, allucinante, al netto di, alto profilo, anche no, andare in tilt, apericena, asfaltare, assolutamente sì (no), apriamo un tavolo, attimino, bacino d’utenza, basito, bypassare, capiamoci, casta, la comanda, come dire, come se non ci fosse un domani, dai!, dammi il cinque, declinare, deadline, è un’emozione incredibile!, epocale, evvai, giornaloni, giustizia a orologeria, gossipparo, graaande, iconico, implementazione, ìnfluencer, in questo momento storico, in questo Paese, interlocuzione, location, la luce in fondo al tunnel, mainstream, mettere a terra, mi taccio, mitico, “nella misura in cui portiamo avanti un discorso importante a livello di contenuti” (l’intera frase e i suoi componenti), normalizzare, Palazzo, panorama mozzafiato, pazzesco, percorso, perfòrmans, piuttosto che, plasticamente, problematica, punto di caduta, la qualunque, quant’altro, radical chic, resilienza, mi rifiuto di credere, senza se e senza ma, sessismo, sostenibile, spoilerare, stendere, stoppare, storytelling, supportare, tanta roba, target, le tasche degli italiani, tipo, tirare per la giacchetta, tra virgolette (mimate con l’indice e il medio delle mani), trend, trovare la quadra, tutto si tiene, trucco e parrucco, le ultimissime, vaffa, velineeee.