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 2022  febbraio 11 Venerdì calendario

La scuola dei somarelli

Scusa, Francesco, ma di che cosa stiamo parlando se il 99 per cento dei maturandi viene promosso pure se poi, all’università, si rivela analfabeta? Giorgio Dell’Arti Una scuola che non boccia è la scuola dei somarelli: “tutto a sbafo”, “una vera cuccagna” dicono Lucignolo e Pinocchio prima di cominciare a ragliare. E poco importa se il “tutti promossi” sia ordinato da un decreto o suggerito da un’atmosfera sociale pietosamente risarcitoria verso una generazione di ragazzi che, pur avendo sofferto come tutti l’emergenza della pandemia, ha avuto a disposizione, nei limiti di un Paese non ancora ben connesso, la tecnologia digitale che proprio dei ragazzi era già il codice. E ti prego, caro Giorgio, di leggere la lettera che segue. Caro Merlo, guardi, se non l’ha vista, la serie televisiva Clickbait e, al di là del bel thriller, capirà quant’è falso il dibattito sulle proteste degli studenti che sarebbero stati penalizzati dalla Dad al punto da non poter affrontare esami con due compiti scritti. Mi permetta di dirlo chiaro: sono frottole inventate da noi mamme che trasferiamo sui figli i nostri disturbi. I ragazzi che arrivano quest’anno alla maturità sono, come mia figlia, nati nel 2005 o nel 2004, e dunque non hanno conosciuto il mondo senza web e senza “cell”. E mi meraviglia che proprio voi, che scrivete su giornali che loro hanno messo in crisi, non capiate che la tecnologia digitale non procura nessun disturbo ai ragazzi che di essa vivevano ben prima del Covid. Anche mia figlia è diventata fragile di nervi durante il lockdown ma perché era chiusa con la sua famiglia che, mi capisca bene, ama ma... non sopporta. Quando la reclusione le tolse sport, feste e flirt, il telefono, l’interconnessione e la Dad furono la sua scialuppa di salvataggio. Martina Colombo – Milano Grazie, signora Colombo, per avere tirato fuori quel che tutti abbiamo dentro: non è credibile che app, display, microfoni, videocamere, chat, TikTok, Zoom e tutti gli altri strumenti della “generazione Z”, abbiano prodotto malesseri da iperconnessione, sensi di insicurezza, dipendenze, depressione, ansia e attacchi di panico, proprio alla “generazione Z”. La digitalizzazione forzata ha disturbato gli anziani, gli impiegati, i pubblici dipendenti, i professionisti, le mamme e forse pure qualche insegnante che non ce l’ha fatta, ma è demagogia raccontare che i ragazzi digitali sono rimasti sconvolti dalla digitalizzazione. Purtroppo, siamo alle solite: gli anziani trasferiscono le proprie stanchezze ai giovani che le trasformano in manifesti ideologici e proteste di piazza. Caro Merlo, da pediatra, genitore e nonno, comprendo i ragazzi che devono gestire l’ansia dovuta agli esami e auspico che siano confortati dall’appoggio e dalla vicinanza dei genitori e dei professori. Ritengo però che i ragazzi debbano affrontare l’esame di maturità in quanto il superare livelli accettabili di ansia (la percentuale dei bocciati è molto bassa) penso che sia utile nel processo di crescita. O vogliamo dare la patente di guida ai diciottenni senza esame? Giovanni Benedetti Valentini – Roma Grazie, caro dottor Benedetti Valentini, per testimoniare autorevolmente che l’ansia, in giusta quantità, non è una malattia, ma una risorsa che agli esami rende più acuta l’intelligenza. Caro Merlo: evvai, dammi il cinque, graaande Silvia Franco Ghigliottina