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 2022  febbraio 11 Venerdì calendario

Riforma del Cms dimezzata per Roberto Garofoli

E sarà pure “innocentissimo”, ma Roberto Garofoli, potente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e braccio destro di Mario Draghi, è sospettato di un conflitto di interessi clamoroso: è nelle sue mani la carriera della crema della magistratura e pure la sua, visto che anche lui resta un consigliere di Stato con i fiocchi, sebbene fuori ruolo a Palazzo Chigi.
Con lui il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, sta limando il testo della riforma che promette di azzerare la piaga del correntismo, ma anche di mettere un freno, se non bloccare, il meccanismo delle porte girevoli tra politica e toghe. Ma non tutte: sarebbero salvi i magistrati, quali che siano, prestati alla politica in quanto tecnici anche se poi diventano ministri, come è il caso di Luciana Lamorgese, che è consigliere di Stato oltre che ministro dell’Interno. O sottosegretari proprio come Garofoli, ora accusato senza tanti complimenti di averci messo del suo.
“Per noi non va assolutamente bene. Non esistono motivazioni giuridicamente e politicamente valide per queste esenzioni. Si tratterebbe solo di norme ad personam e ne abbiamo già avute abbastanza in passato”, ha commentato Giulia Sarti, responsabile Giustizia del Movimento 5 Stelle. E par d’essere tornati al 2018, quando Garofoli, allora capo di gabinetto del ministro dell’Economia, era finito sulla graticola, inseguito di essere tra chi al Mef remava contro il governo gialloverde e forse di esser una delle manine accusate di manipolare i testi sfornati da Palazzo Chigi.
Ed è solo l’antipasto. Perché una deroga che salvasse il posto a Lamorgese fa vedere rosso alla Lega che non l’ama, anzi. In vista dell’approdo della riforma Cartabia alla Camera poi, Forza Italia (e non solo) ha ripreso ad alzare il tiro sulle toghe in politica o chiamate dalla politica, sebbene a costo di qualche amnesia: Catello Maresca, ora riassegnato come magistrato a Campobasso, dopo essere stato trombato nella corsa per la poltrona di primo cittadino di Napoli, era in fondo il candidato del centrodestra. E che dire di Franco Frattini, tornato a Palazzo Spada dopo circa 20 anni al servizio di Silvio Berlusconi anche come ministro e oggi, anche grazie al suo curriculum politico diventato, presidente a Palazzo Spada, tra il plauso dei suoi e colleghi di partito?
Ma tant’è. Il sottosegretario alla Giustizia a lungo legale di Silvio Berlusconi, Francesco Paolo Sisto, dice che la riforma all’esame della Camera dal 16 febbraio introdurrà “un significativo periodo di pausa per i chiamati dalla politica e una sensibile riduzione del numero dei magistrati fuori ruolo”. Che del resto è quello che chiedono anche gli avvocati come lui.
Il presidente dell’Unione Camere Penali, Gian Domenico Caiazza, ne ha fatto uno dei principali temi di battaglia: “Il condizionamento che l’ordine giudiziario esercita fattivamente sul potere legislativo ed esecutivo è strategicamente organizzato, mediante il distacco di centinaia di magistrati presso i dicasteri governativi. Di particolare gravità è soprattutto la presenza di circa un centinaio di essi presso il ministero della Giustizia, quasi a rappresentare plasticamente una concezione proprietaria della giustizia stessa. Si tratta di un fenomeno del tutto abnorme e sconosciuto presso i governi delle democrazie liberali, che assicura alla magistratura un livello di ingerenza assolutamente decisivo nella politica giudiziaria del Paese, così vanificando il fondamentale principio della separazione tra i poteri dello Stato”.
La pensa allo stesso modo anche Enrico Costa di Azione, che esige la stretta per le toghe “che svolgono incarichi fiduciari con esponenti politici di primo piano, come ad esempio i capi di gabinetto e i capi degli uffici legislativi nei ministeri o nelle Regioni”, altro che deroghe e norme ad personam. Che peraltro è stato proprio Costa a scovare e denunciare mandando in fibrillazione Palazzo Chigi. Che nega che si tratti di una norma per il sottosegretario Garofoli: non ha effetti retroattivi. Caso chiuso? Macché: ormai il coperchio è saltato e sulla riforma Cartabia si annuncia battaglia all’ultimo sangue. E forse pure qualche regolamento di conti.