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 2022  febbraio 11 Venerdì calendario

La sinistra vuole vietare a Nancy Pelosi investimenti a Wall Street


WASHINGTON Basta incroci sospetti tra Congresso e Wall Street. Dentro e fuori il Parlamento americano sta crescendo una corrente per stroncare potenziali conflitti di interesse e l’insider trading. La senatrice Kirsten Gillibrand e la deputata californiana Katie Porter, tutte e due democratiche, propongono di vietare ai parlamentari l’acquisto e la vendita di titoli in Borsa. Ci sono altre proposte simili, come quella avanzata da Elizabeth Warren, senatrice e punto di riferimento dei democratici radical.
Per mesi la Speaker Nancy Pelosi si è opposta, sostenendo che anche i deputati avessero il diritto «di operare sul mercato» come tutti gli altri cittadini. Ma mercoledì 9 febbraio ha ceduto alle pressioni, chiedendo che i vincoli siano estesi anche ai nove giudici della Corte Suprema.
Gillibrand è stata la promotrice dello «Stop trading on Congressional Knowledge», lo «Stock Act», varato nel 2012. È un provvedimento anti-insider trading, poiché proibisce a senatori e deputati di utilizzare informazioni non ancora pubbliche per orientare i propri investimenti finanziari. Lo «Stock Act», però, non è bastato per arginare il fenomeno. Secondo i dati raccolti dal sito Insider, circa un quinto dei parlamentari, 129 su 535, non ha rispettato in pieno le regole. Nell’elenco figurano nomi noti come la senatrice democratica Dianne Feinstein (California) e il senatore repubblicano Tommy Tuberville (Alabama).
Ripensamento
La presidente della Camera chiede vincoli anche per i giudici della Corte Suprema
Il problema, però, è molto più ampio. Al di là dell’insider trading si estende la vasta e sfuggente materia dei potenziali conflitti di interesse. La stessa Pelosi è al centro di polemiche ricorrenti per il trading azionario curato dal marito Paul Pelosi. Bisognerà vedere, dunque, se alla fine la nuova legge estenderà il divieto di giocare in Borsa anche ai familiari dei politici.
In ogni caso è interessante esaminare la composizione del portafoglio della Speaker, così come risulta dalle dichiarazioni ufficiali, elaborate dal sito «Open Secrets». I dati si riferiscono al 2018. La ricchezza totale di Pelosi è pari a 114 milioni di dollari che comprendono 68 milioni in asset finanziari di varia natura. Tra i titoli spiccano Apple (con un valore tra i 5 e 25 milioni di dollari); Visa (5-25 milioni); Walt Disney (1- 5 milioni); Salesforce (1-5 milioni); Facebook (500 mila-1 milione); Amazon (500 mila-1 milione).
L’attività di quasi tutte queste società sono condizionate dalle scelte del Congresso. Inoltre i lobbisti di Apple, di Facebook e di altri sono in costante contatto con lo staff dei parlamentari. È facile immaginare, anche se difficile da provare, il possibile corto circuito tra politica e interessi personali. Senza contare che quasi tutte le imprese finanziano apertamente deputati e senatori. Naturalmente il caso Pelosi non è l’unico. Nel grafico qui accanto riportiamo gli esempi più vistosi. Il senatore democratico Mark Warner ha investito in Citibank e Wells Fargo. La senatrice Feinstein in Alphabet (Google),Visa e Carlton Hotel. Il deputato repubblicano Vern Buchanan ha puntato sulle finanziarie Bny Mellon e Vangard, nonché su Morgan Stanley. E così via.