11 febbraio 2022
Sparatoria in Libia. I presidenti adesso sono due
Libia
Spari ieri prima dell’alba nella capitale libica contro l’auto del premier Abdul Hamid Dabeibah e poche ore dopo l’annuncio dal Parlamento di Tobruk dell’elezione di Fathi Bishaga, il nuovo primo ministro destinato a formare un governo alternativo a quello di Tripoli. Sono poco rassicuranti le notizie che arrivano dalla Libia sempre più destabilizzata dopo il rinvio a data incerta delle elezioni, che avrebbero dovuto tenersi lo scorso 24 dicembre. Uno scenario confuso, come è emerso anche al vertice di Roma con i rappresentanti dei Paesi coinvolti fortemente voluto martedì da Luigi Di Maio. Le conseguenze paiono confermare la divisione tra Tripolitania e Cirenaica, con Dabeibah che sino a poche ore fa ripeteva l’intenzione di non dimettersi a costo di scontrarsi frontalmente con Bishaga, che fu ministro degli Interni sino al 2020 nel governo dell’allora premier Fajez Sarraj. Ieri sera tardi la situazione si era complicata ulteriormente con l’arrivo di Bishaga ben accolto all’aeroporto di Tripoli, ma non era chiaro lo stato del dialogo con il premier in carica. Sembra sia in corso la mediazione delle tribù di Misurata.
Per il momento si esclude il ritorno alla guerra aperta, come avvenne al tempo dell’offensiva per catturare Tripoli voluta nell’aprile 2019 dal generale di Bengasi, Khalifa Haftar, sostenuto apertamente da Russia, Emirati ed Egitto. Il cessate il fuoco mediato l’anno dopo dall’inviata dell’Onu, la diplomatica statunitense Stephanie Williams, continua a reggere. Sono piuttosto le scaramucce armate nei due campi opposti che rischiano di degenerare.
Lo prova tra l’altro la raffica di mitra sparata contro Dabeibah mentre stava rientrando alla sua abitazione. L’auto blindata ha impedito il peggio, non sono segnalate vittime. A Tripoli sono in molti a puntare il dito contro le milizie di Misurata, città natale di Bishaga, che nel passato erano alleate a quelle della capitale contro Haftar. Il rischio di uno scontro aperto tra loro e la potente milizia Rada, restata fedele a Dabeibah, spiegava ieri sera i movimenti di mezzi carichi di uomini armati nei pressi dei palazzi del governo.
Non mancano le tensioni anche in Cirenaica, dove c’è chi contesta la legittimità del nuovo premier e come era anche emerso al summit romano. Bishaga conta sull’alleanza con Haftar, ma quest’ultimo è fortemente indebolito dopo le frizioni cresciute con Mosca e la fine dei finanziamenti degli Emirati, che a loro volta simpatizzano adesso per Dabeibah. Preoccupazione europea (e certamente italiana) resta quella di tenere aperte le vie del gas e del petrolio libici, specie alla luce della crisi ucraina. Non stupisce nella stessa logica che, per contro, la destabilizzazione libica faccia ora più che mai il gioco di Mosca. Si spiega così l’attendismo europeo, non sfavorevole a Dabeibah (che continua ad essere sostenuto dall’Onu), ma forse anche incline ad aprire a Bishaga, purché garantisca la tranquillità dell’export energetico. Quest’ultimo vorrebbe indire entro l’estate un referendum sulla nuova costituzione e tenere le elezioni 14 mesi dopo.
Lorenzo Cremonesi CdS
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Nel Grande Gioco di Libia, la giostra ha ripreso a girare impazzita. Da ieri a Tripoli sono in circolazione due primi ministri. Ci sono volute alcune settimane di negoziati fra i leader di Tripolitania e Cirenaica, ma alla fine il parlamento di Tobruk ha incaricato l’ex ministro dell’Interno Fathi Bashagha di formare un nuovo governo. Al momento però il premier in carica, Abdelhamid Dbeibah, dice che non ha nessuna intenzione di dimettersi. Ma l’alleanza nazionale fra Bashagha e Ahmed Maitig all’Ovest e il generale Khalifa Haftar all’Est ha siglato una sorta di “compromesso storico” libico che dispone di una potenza di fuoco (politica e soprattutto militare) che Dbeibah avrà difficoltà a sfidare.
Di fronte alla coalizione che ha votato Bashagha, l’ex ministro di Gheddafi e poi imprenditore milionario Dbeibah ha poche possibilità. Certo, la nuova fase è tutta da giocare. Ma per rendere chiaro di quale gioco si tratti mercoledì qualcuno a Tripoli ha lanciato un avvertimento “mafioso” a Dbeibah: da un’auto senza targa hanno sparato contro la blindata del premier. Lui è vivo, chi gli ha sparato è fuggito. I fatti politici sono questi: ieri mattina, in una seduta della Camera a Tobruk, è stato approvata all’unanimità la designazione di Bashagha a premier. L’ex ministro dell’Interno avrà 14 giorni per formare il nuovo governo. Superato il difficile ostacolo di Dbeibah, il nuovo premier dovrà occuparsi della scelta dei ministri e della spartizione degli incarichi, soprattutto con gli uomini del generale Haftar, il capo della milizia che per quasi due anni ha bombardato Tripoli.
Un problema serio saranno i “rivoluzionari”, le milizie più militanti di Tripoli, quelle che per mesi hanno combattuto contro Haftar e i mercenari russi della Wagner. All’epoca, aprile 2019, Bashagha era il ministro dell’Interno che stava negoziando la riunificazione con la milizia di Haftar e con la Cirenaica. Il generale attaccò a tradimento, proprio mentre il segretario generale dell’Onu era in vista in Libia. Per Bashagha fare adesso un accordo di governo con Haftar deve esser stato difficilissimo. Ma con la mediazione di Ahmed Maitig, misuratino come lui e primo a capire che con Haftar bisognava trattare, l’ex ministro alla fine ha raggiunto l’intesa. Alcune voci dicono che Bashagha avrebbe promesso ad Haftar i ministeri della Difesa, dell’Interno e addirittura anche degli Esteri, ma sembra poco verosimile.
Fathi Bashagha, 59 anni, era un pilota militare che nel 1993, all’epoca di Gheddafi, passò al commercio: diventò importatore di pneumatici, Pirelli e Michelin, a Misurata, un business onesto e rispettato. Allo scoppio della rivoluzione entrò nel consiglio militare della città più potente e organizzata di Libia, e da allora è cresciuto incredibilmente come politico. La sua missione decisiva è stata il coordinamento delle milizie che nel 2016, con il sostegno dell’intelligence americana e anche italiana, hanno rimosso l’Isis da Sirte. Una battaglia combattuta tutta dalle milizie libiche, con l’appoggio aereo Usa ma con il sacrificio di centinaia di giovani di Tripoli e Misurata. Dbeibah sulla carta non è debole. Ha due o tre milizie molto forti con lui, il gran mufti di Tripoli e il potentissimo governatore della Banca centrale, Sadiq el Kebir.
Già ieri notte Bashagha è arrivato a Tripoli da Bengasi, con Maitig e i deputati tripolini. In città c’è stato movimento di milizie, ma la stragrande maggioranza sono milizie accorse da tempo da Zawyiha e Misurata per prepararsi a difendere con la forza militare questo nuovo accordo. Nuovi scontri non sono esclusi, ma il premier uscente Dbeibah è un uomo realista.
Vincenzo Nigro