ItaliaOggi, 10 febbraio 2022
Periscopio
Non si deve dimenticare che la riconferma di Sergio Mattarella è dovuta al consenso diffuso tra i cittadini e all’opera dei parlamentari peones, non certo dei maggiorenti politici. Mario Bertolissi. Corriere del Veneto.
Draghi, pur rendendosi conto dell’inadeguatezza dei suoi ministri tecnici (Franco, Cingolani, Colao, Bianchi, Lamorgese e il solito Giovannini) ha preso coscienza della sua debolezza e per ora non riuscirà neppure a fare un rimpasto, che pure auspicava; d’altronde, come diceva Andreotti, «se ne muovi solo uno, viene giù tutto», a meno che non riesca a fare come il “Divo”, che si prese nel 1990 ben cinque interim in un colpo solo (Sergio Mattarella, Mino Martinazzoli, Riccardo Misasi, Calogero Mannino e Carlo Fracanzani). Luigi Bisignani. Il Tempo.
Salvini ha capito che con la pandemia il mondo è cambiato. Non è più il tempo di Brexit, Trump, Marine Le Pen; è il tempo del Pnrr, di Biden, di Macron (o Pécresse). Non a caso la Lega governa con Draghi e rielegge Mattarella (sia pure obtorto collo, anzi colle come da titolo di Libero: giornale di destra che ha sostenuto la campagna vaccinale e il governo Draghi). Ora Salvini è a un bivio. O lascia l’esecutivo, torna con la Meloni, si riallinea con i Kaczynski e gli Orbán; oppure fa della Lega una Csu, un moderno partito moderato dell’Europa occidentale. È chiaro che Giorgetti e Zaia preferirebbero la seconda soluzione. Aldo Cazzullo. Corsera.
Il Paese reale non è quello narrato dai leader politici che valutano se convenga loro andare alle elezioni o no, ma è quello descritto dalle cifre: un debito pubblico di circa 2.700 miliardi di euro, titoli di Stato per 2.236 miliardi che solo in dicembre ci sono costati 66,6 miliardi di interessi. Un rapporto debito-pil superiore al 149%, lo spread con i bund tedeschi a 144 punti (i titoli spagnoli pagano un differenziale di 71 punti). Davide Nitrosi. QN.
Torniamo alla ragione. Difendere l’ambiente? Certo. Essere sensibili al cambiamento climatico? Ovviamente. Accettare di di vivere sotto un ricatto apocalittico permanente e sottomettersi al dogma thunbergiano? No, grazie. Giulio Meotti (Studi Cattolici).
L’Italia è paralizzata non per colpa degli uffici pubblici, ma perché sono ancora in vigore cautele e restrizioni decise quando non c’erano ancora i vaccini e quando il virus era più aggressivo. Oggi quelle norme non hanno più senso, anche perché nessuno è in grado di reggerne il peso: né la macchina burocratica inceppata, né tantomeno i cittadini. E allora piuttosto rendiamo obbligatorio il vaccino, che impedisce la malattia, e poi torniamo a vivere. Michele Brambilla. QN.
La federazione dei partiti di centrodestra sul modello del partito repubblicano Usa era stata proposta mesi fa dallo stesso Silvio Berlusconi e si parlava anche di gruppi parlamentari comuni. Ma il progetto si è poi arenato. Ora, dopo il passaggio dell’elezione del capo dello stato, evidentemente traumatico per lo schieramento, serve una riflessione seria su cosa debba essere il centrodestra, una strategia, una prospettiva. Nell’interesse del centrodestra e del Paese. Non si può tirare fuori dal cassetto un vecchio progetto. Giovanni Orsina, direttore School of Government della Luiss di Roma (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.
Il presupposto strategico con cui ho cercato mesi fa di immaginare il futuro di questa compagnia è stato quello di evitare che alla prossima, non auspicata, crisi del trasporto aereo italiano, Ita faccia la stessa fine di Alitalia cioè che, in caso di crollo il traffico dei passeggeri, crolli la compagnia. Quindi il principio strategico è stata la costruzione di una rete di sicurezza, che si costruisce soltanto con un portafoglio di prodotto che non è più soltanto trasporto passeggeri ma che anche cargo e anche charter. Anche perché in questo momento il cargo è il settore di trasporto aereo più profittevole in assoluto. Alfredo Altavilla ex braccio destro di Sergio Marchionne nel salvataggio della Fiat, oggi presidente di Ita. (ItaliaOggi).
ll meglio, tra le cinque conduttrici? Drusilla Foer: Non la conoscevo, mi sembra che paradossalmente sia stata (lei, uomo) la presenza femminile più interessante. Un disastro, Ornella Muti: incapace di spiccicare due parole di seguito e velleitaria nell’esibire la coscia nuda (è anziana e ha sempre avuto le gambe grosse). Tra i cantanti, il mio preferito è stato Massimo Ranieri: a 71 anni ha proposto la canzone più avvincente (purtroppo incompresa). Un protagonista intramontabile. Con lui, la magnifica Elisa. Il peggio? Achille Lauro, alla ricerca di provocazioni infantili. Nell’intrattenimento, il migliore Jovanotti, che ha contribuito in modo determinante al successo di Gianni Morandi. Molto divertente anche Maurizio Lastrico. Il peggio: Lorena Cesarini, con la testimonianza banale, fasulla, sul razzismo. E Checco Zalone, per un motivo semplice: non fa più ridere. Cesare Lanza. Alle Cinque della sera.
Milano, una domenica mattina nella Basilica di San Marco, a Brera. Grande antica chiesa, le navate profonde colme di ombra, in fondo la luce d’oro dell’altare. Era dietro al mio liceo: ci entravo, quindicenne, prima del compito in classe di matematica, a mendicare una mano. Poi non ci andai più, per un sacco di anni. Finché tornai, un giorno, spingendo esitante la porta. San Marco era lì ad aspettarmi. Ma stamattina mentre ascolto la Messa un’idea mi colpisce. Qui certamente venne mio padre, quando mia sorella adolescente era malata. È la chiesa più prossima alla redazione del Corriere, dove lui lavorava. Mio padre non era credente. Cosa fa però un uomo, quando una figlia di 14 anni gli sta morendo? L’ho proprio visto, in un piovoso pomeriggio d’inverno, uscire dalla redazione come per comprare le sue sigarette, ma poi andare oltre. Il feltro in testa, gli occhi fissi sul marciapiede, la faccia di colpo invecchiata: ti ho visto, papà, che entravi in San Marco. Sei rimasto sulla soglia, come uno straniero. Dieci minuti in piedi, fissando le fiamme tremanti delle candele. Poi sei andato. Sono passati tanti anni. Eppure stamattina sono certa che sei stato qui, là in fondo: ho visto le gocce di pioggia sul tuo loden verde. Come se, in una breccia fra lo spazio e il tempo, ti avessi incontrato. Marina Corradi, scrittrice, Avvenire.
C’è un modo di fotografare femminile. Dall’immagine capisci il sesso di chi l’ha scattata. Per me, almeno, è sempre stato così. Lou Embo, vedova del fotografo Fulvio Roiter, (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Ho fatto un sogno così bello che mi sono chiesto perché esista la realtà. Roberto Gervaso.