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 2022  febbraio 10 Giovedì calendario

La Berlinale gender free

La Berlinale non ha sesso, non innalza barriere, non chiude recinti. Tutto può essere in un modo e in un altro ancora e non è più detto che le opzioni debbano essere per forza due. Anzi. Sui moduli, tantissimi, che vanno riempiti per oltrepassare confini, per accedere a tamponi, a crediti, biglietti, le caselle da riempire sono sempre tre, maschio, femmina, altro. E le storie di molti dei film in cartellone riflettono il trend fluido in c ontinuo divenire.
In Calcinculo Chiara Bellosi, al secondo lungometragigo dopo Palazzo di giustizia, racconta una favola di periferia dove è possibile immaginare l’amicizia tra una ragazza a disagio, intristita dal rapporto con la propria immagine, non in linea con i canoni della bellezza formato tv, e una persona «non binaria» che sarebbe sbagliato definire semplicemente trans. L’incontro magico tra Benedetta (Gaia di Pietro) e Amanda (Andrea Carpenzano) porta nuove scoperte, non la risoluzione definitiva dei problemi ma almeno l’idea che, fuori dalle costrizioni, sia fisiche che mentali, ci sia tutta una vita da vivere: «Forse è vero che si cresce anche a calci in culo – dice la sinossi – ed è vero che. quando la giostra gira. ci sembra di volare e non vorremmo scendere mai. Così quando Benedetta incontra Amanda decide di seguirla nel suo mondo randagio».
Nel documentario di Nicolò Bassetti Nel mio nome quattro giovani – Nico 33 anni, Leo 30, Andrea 25 e Raf 23 – provenienti da diverse parti d’Italia, descrivono il processo di transizione dal femminile al maschile, in tutte le sue diverse fasi, con la sensazione generalizzata che non esista un preciso punto di arrivo e soprattutto guidati dal desiderio di cercare una felicità che assomigli ai loro sogni. Il film, tra i più attesi alla Berlinale, ha un testimonial d’eccezione, Eliott Page, primo transgender apparso sulla copertina di Time e protagonista di successi come Juno, Inception e della serie Netflix The Umbrella Academy.
L’altro nome italiano della rassegna – che si inaugura oggi con il film di Francois Ozon Peter Von Kant dedicato alla figura complessa e dirompente del regista Rainer Werner Fassbinder – è quello di Lorenzo Tardella che nelle Variabili indipendenti descrive interrogativi e riflessioni di due giovanissimi, Pietro e Tommaso, alla scoperta della propria sessualità. Il fascino di un concerto di Vivaldi li spingerà a baciarsi per la prima volta, nel palco di un teatro, dimostrando quanto l’arte, ancora una volta, possa avere straordinarie capacità liberatorie.
La descrizione di un regno del male dominato da figure maschili macabre e violente passa, nel caso di Una femmina, tratto dal libro di Lirio Abbate Fimmine ribelli, prodotto dal regista di Indivisibili Edoardo de Angelis, attraverso lo sguardo del regista calabrese Francesco Costabile, anche lui con una personalità non binaria e scelte esistenziali complesse. Nel documentario «In un futuro aprile», aveva raccontato, insieme a Francesco Savonitto, la fase giovanile dell’esistenza di Pier Paolo Pasolini, legata alla scoperta dell’omosessualità e ai primi scandali dolorosamente vissuti nell’ambiente in cui era cresciuto, mentre le tematiche queer erano state al centro di Fuoco nell’anima. La speciale sensibilità di Costabile è apparsa allo scrittore e ai realizzatori dell’opera, l’ingrediente migliore con cui condire una vicenda di presa di coscienza e ribellione femminile».
Da sempre la Berlinale ha riservato spazio e attenzione alle tematiche gender, non a caso ha ospitato, dal 1987, il «Teddy Award» riservato a opere con soggetti basati su storie Lgbt. I vincitori della prima edizione erano stati Pedro Almodovar con La legge del desiderio e Gus Van Sant con due cortometraggi, poi si erano avvicendati talenti celebri come Todd Haynes, Jeffrey Friedman, Derek Jarman. La novità di quest’anno è che l’argomento è finalmente uscito dal ghetto e che, a rappresentarne, le varie sfaccettature, contribuisce il cinema italiano del futuro.