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 2022  febbraio 10 Giovedì calendario

Salvo il neonato con 250 battiti al minuto

Il cuore di Andrei correva al ritmo di oltre 250 battiti al minuto quando i tre «fili elettrici» che lo percorrevano gli provocavano dei cortocircuiti potenzialmente fatali. Colpa della sindrome di Wolff Parkinson White, una malattia congenita che lo ha costretto in terapia intensiva fin dal primo giorno di vita sotto lo sguardo impotente dei medici: «Inoperabile» dicevano in Macedonia dove il bimbo è nato. Ora invece Andrei potrà avere un futuro, grazie all’intervento di record che lo ha salvato all’Irccs Policlinico San Donato nell’hinterland di Milano. 
Un’ablazione cardiaca al quale è stato sottoposto a soli 80 giorni di vita. «È il secondo bambino più piccolo al mondo mai ablato – annunciano dalla struttura capofila del Gruppo San Donato – e il più piccolo ablato in assoluto a presentare tre vie accessorie atrioventricolari: tre fili elettrici» appunto, che portavano il suo organo motore a battere a frequenze elevatissime, insostenibili per uno scricciolo di appena 4 chili. A domare il «cuore matto» di Andrei è stato Carlo Pappone, responsabile dell’Unità operativa di Aritmologia clinica e del Laboratorio di Elettrofisiologia del San Donato, da sempre in prima linea contro la sindrome di Brugada, nota come la morte improvvisa. Ad affiancarlo Gabriele Vicedomini, Giuseppe Ciconte e Tommaso Aloisio. La procedura utilizzata sfrutta la capacità delle sonde di produrre onde elettromagnetiche che distruggono il tessuto patologico nel cuore. L’intervento è riuscito e, dopo alcuni giorni trascorsi in terapia intensiva, Andrei è pronto a tornare in Macedonia con mamma Sara e papà Milko. «Siamo contenti del risultato ottenuto – dichiara Pappone – perché al di là della buona riuscita dell’operazione e del suo indiscutibile contributo scientifico, ciò che conta davvero per noi è l’aver salvato la vita del piccolo Andrei e aver ridato fiducia e speranza ai suoi genitori, di cui ammiro profondamente la tenacia e la volontà di non arrendersi». 
La storia di Andrei inizia in una clinica di Skopje, capitale della Macedonia, dove il piccolo è venuto alla luce. I sanitari non riuscivano a capire di cosa soffrisse e così i genitori si sono rivolti ad altre strutture della città, nella speranza di trovare una risposta. Il responso è arrivato dall’ultimo ospedale contattato, che ha formulato la diagnosi, ma non disponeva di cardiologi specializzati in grado di affrontare un caso tanto complesso. Se normalmente il cuore è attraversato da un solo filo elettrico che ne consente il regolare battito, quello di Andrei presentava tre fili accessori. Una sindrome che colpisce un bambino su 5mila. Se la prassi prevede che la sindrome di Wolff Parkinson White venga trattata con cure farmacologiche, rimandando l’ablazione fino ai 16 anni di vita del paziente, il bimbo macedone era così grave da non potersi permettere di aspettare a lungo. La tachicardia era incessante e le medicine non funzionavano. Disperato, eppure deciso a salvare il figlio, papà Milko si è quindi rivolto a Pappone. «Eseguire questa ablazione sembrava un’impresa fuori dalle possibilità attuali della pratica clinica – confessa l’aritmologo – Io sapevo che era possibile, avendo già eseguito nella mia vita professionale migliaia di questi interventi, ma questa volta ero di fronte al più piccolo di sempre».