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 2022  febbraio 10 Giovedì calendario

Che cosa sono le foibe

«Da quella volta non l’ho rivista più, cosa sarà della mia città. / Non so perché stasera penso a te, strada fiorita della gioventù. / È troppo tardi per ritornare ormai, nessuno più mi riconoscerà», cantava il profugo polese Sergio Endrigo, raffigurando la tragedia degli italiani istriano-dalmati costretti ad abbandonare le proprie case dopo la cessione d’Istria, Fiume e Zara alla Jugoslavia, seguita alla sconfitta dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale e ai Trattati di Parigi firmati il 10 febbraio 1947.
LE CAVITÀ
Nel 2004 il Parlamento italiano ha istituito il Giorno del Ricordo per l’esodo giuliano-dalmata e la memoria delle vittime dei massacri delle foibe, profonde cavità naturali, tipiche delle aree carsiche nella Venezia Giulia, usate nella Seconda guerra mondiale come nel dopoguerra per far sparire i corpi dei morti nei combattimenti tra nazifascisti e partigiani, e occultare le vittime provocate dal movimento di liberazione sloveno e croato.
Come ha scandito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Queste terre, con i loro abitanti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo che scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole».

I DISCORSI
La cerimonia ufficiale del Giorno del Ricordo si terrà alle 16 a Palazzo Madama con la commemorazione aperta dai discorsi del Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, e della Camera Roberto Fico. La celebrazione, alla quale parteciperanno il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il vicepresidente della Corte Costituzionale, Daria de Pretis, il ministro degli Affari Esteri, Luigi di Maio e il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, sarà chiusa dall’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi. Sarà possibile seguire la giornata con la diretta televisiva su Rai2. Al Sacrario della Foiba di Basovizza si osserverà in mattinata il Giorno del Ricordo con la deposizione delle corone, ma la cerimonia non vedrà la presenza di pubblico per le restrizioni dovute alla pandemia.
Celebrare questa giornata rievoca una grande tragedia italiana nel passaggio tra la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda, un capitolo buio della storia nazionale e internazionale che causò lutti, spargimento di sangue innocente con le violenze e uccisioni avvenute in Istria, Fiume e Dalmazia tra il 1943 e il 1947 con circa cinquemila vittime nelle foibe.
Successivamente oltre trecentomila vissero il dramma dello sradicamento, della privazione e della necessità di inventare un nuovo altrove lontano dalla propria casa. Tuttavia il silenzio e il mancato riconoscimento degli effetti dell’esodo è il dolore più profondo ancora da rimarginare. 
Il sentimento di abbandono ha segnato il destino degli italiani nella zona al confine orientale dell’Istria, Dalmazia, Venezia Giulia.

LE PAROLE
La loro realtà risuona nelle parole di Ottavio Missoni, creatore con la moglie Rosita di uno dei più prestigiosi marchi di moda, scomparso nel 2013, che mai ha ceduto al revanscismo nazionalista antislavo, ed è considerato un’icona degli esuli che vissero la sua esperienza. 
Missoni ricordava così la sua Zara: «È una città che non esiste più. Noi siamo esuli permanenti. L’emigrante può sempre sognare che un giorno tornerà al suo paese. Ma come sognare una cosa che non esiste? Per far rivivere Zara a noi rimangono solo i ricordi: una magica favola di una città che alla fine ti fa sorgere il dubbio che non sia mai esistita. Zara forse esiste ormai solo nel cuore e nel disperato amore dei suoi cittadini dispersi nel mondo».

LA REPRESSIONE
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nell’incontro a Trieste con il Presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor del 13 luglio 2020, rendendo il duplice omaggio alle vittime italiane delle foibe e a quelle slave della repressione fascista, ha indicato la strada oltre le memorie divise con queste parole: «La storia non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano. Al di qua e al di là della frontiera – il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione Europea – sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace».
Parole che guardano al domani, senza scordare il passato e disinnescano le strumentalizzazioni, che rischiano di lasciare il posto alla pacificazione fra italiani, sloveni e croati dopo una faticosa opera di distensione.