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 2022  febbraio 09 Mercoledì calendario

Storie di ribelli


L’approccio di Paolo Macry alle biografie di tanti Patrioti, militanti, terroristi (è il sottotitolo di Storie di fuoco, il Mulino) è singolare, affascinante e fortemente innovativo. Il libro si affida, per un verso, alla storia delle idee e, per l’altro, alla sociologia delle emozioni, disciplina così poco frequentata in Italia ma che, in altri paesi, ha dato risultati assai felici. La sorpresa più eclatante, che a qualcuno apparirà fin scandalosa, sta già tutta nell’indice dei nomi.
I protagonisti attraversano due secoli di tumultuose vicende europee, a partire dalla fine del Settecento, e oltrepassano i confini nazionali e ideologici. Così, un lungo racconto che parte da Santorre di Santarosa, patriota risorgimentale e combattente per la libertà della Grecia, si dipana tra lotte per l’indipendenza, conflitti bellici e guerre civili e arriva fino all’attività terroristica neofascista di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti e a quella neocomunista di Mario Moretti. La domanda che si pone il lettore, così come lo studioso, è immediata: ha senso affiancare, e analizzare attraverso uno schema interpretativo comune, figure separate non solo da una distanza temporale così ampia, ma anche da concezioni del mondo alternative e da sistemi di motivazioni antagonistici?
Ebbene, Macry risponde senza alcuna tentazione provocatoria, ma con pacata nettezza: ciò che unisce quelle storie di fuoco è proprio il fuoco, quello “dentro”. Ovvero il «demone della politica» vissuta con tutto l’ardore della passione. Una politica, cioè, portata all’estremo, fino al sacrificio di sé, per gli ideali di libertà e di giustizia o per la difesa di una comunità o di una nazione.
Macry può trattare una materia tanto incandescente perché la sua attrezzatura scientifica e il suo metodo storiografico sono particolarmente robusti. E perché – ecco un’altra sorpresa – quella passione fa risuonare in lui l’eco di qualcosa di personale: due vicende private, che pure rimandano alla politica. Quella di suo padre, internato in un campo nazista nei Balcani, letta attraverso il suo Diario di prigionia, durante gli anni davvero di “ferro e fuoco”, quando la politica diventa guerra, strage, annientamento. E, poi, la stessa biografia dell’autore che, nato nel 1946, si trova tra chi arriva alla politica alla fine degli anni ’60 («occupavamo le università e distribuivamo la rivoluzione facendo volantinaggio davanti alle fabbriche»). Quella fase di intensa partecipazione politica, anche se precocemente interrotta, lascia una traccia sotto la cenere (ancora una immagine del fuoco!) quasi impossibile da rimuovere. E proprio ciò dimostra che l’intuizione di questo libro è due volte importante: valorizza una motivazione all’azione, quella più “passionale”, in genere ignorata o trascurata; e sostiene un’analisi storica che, proprio nel considerare unitariamente destini tanto diversi, risulta davvero priva di pregiudizi.
E questo consente di parlare allo stesso tempo di storie di vita, così sideralmente lontane, quali quelle di Arthur Koestler e Carlo Emilio Gadda, Ludwig Wittgenstein e Sophie Scholl. Ciò perché, a risultare così decisivo nella ricerca, è tanto il “fattore umano” (la sfera emotiva), che unisce quelle biografie, quanto l’analisi delle idee, che le divide. Ricostruendo pezzi di memorie, lettere e diari dei protagonisti, l’autore ricompone le loro vite, quasi fossero altrettante autobiografie.
Troviamo, quindi, le storie di chi, come Pietro Tazzoli, ha congiurato in un sotterraneo contro il potere asburgico e di chi, come Ernst Jünger, abbandona gli studi liceali per andare in trincea come volontario nella prima guerra mondiale. E quelle di chi, giovanissimo intellettuale, nel corso delle guerre civili in Russia, Germania e Italia, ha partecipato alla lotta “controrivoluzionaria” come Viktor Sklovskij, Ernst von Salomon e Mario Piazzesi. E quella del grande storico Marc Bloch che, quasi sessantenne e padre di sei figli, lascia tutto per entrare nella resistenza armata.
Siamo ormai nella seconda metà del Novecento e Macry indaga su come nella “età dell’oro” dello sviluppo economico diffuso e dei sistemi di protezione sociale, la passione politica possa ancora produrre “storie di fuoco”. Qui i nomi sono, forse, più prevedibili, ma le vite di Mario Moretti e, nel campo opposto, di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti indicano a quale punto di combustione possa portare l’ardore della militanza politica.
In ogni caso, vale ricordare che le biografie come genere letterario conoscono, a loro volta, un percorso storico. In sintesi: nel Seicento modelli di pietà religiosa e virtù civile, nel Settecento ricostruzioni ispirate ai lumi della ragione e della coscienza; nell’Ottocento rappresentazioni di esistenze votate alla spiritualità; nel Novecento è la sociologia a raccontare le vite.
Macry combina tutte queste forme nel trattare con la stessa curiosità e lo stesso rispetto grandi personalità e figure minori, la storia profonda e quella dei caratteri individuali.
Un’ultima cosa: chi fa ricerca con rigore scientifico non corre mai il rischio dell’ambiguità. Il fatto di analizzare insieme sistemi di motivazioni e di valori tanto irreparabilmente diversi gli uni dagli altri non attenua mai il giudizio morale, che pure emerge dal libro: il fuoco della passione politica accomuna, ma non assolve.