la Repubblica, 9 febbraio 2022
Lo spread come il colesterolo
Per l’Italia, lo spread sul debito pubblico è come le analisi del colesterolo: un dato importante e da tenere sotto controllo ma che non dà il quadro completo della salute del paziente.
Ma visto che il nostro Paese è un paziente particolare – con uno stile di vita fiscale, economico e politico che fino a poco tempo fa non era affatto sano – quel numero a tre cifre dello spread è sempre sotto esame da parte dei mercati.
L’aumento di questi ultimi giorni, che ha portato la differenza di rendimento tra Btp italiani e Bund tedeschi ai livelli più alti dal 2020, riflette il nervosismo degli investitori e richiede un intervento del governo. Per ricordare ai gestori di fondi che questa Italia non è l’Italia del novembre 2011, quando lo spread toccò i massimi storici (circa quattro volte più alti di adesso). Ma anche per ricordare ai cittadini che questo esecutivo non pensa solo ai mercati e che è pronto a debellare le ragioni di fondo di questo momento difficile del debito pubblico – una fiammata inflazionistica legata al caro-energia, e un futuro aumento dei tassi d’interesse dell’Eurozona.
La risposta di Mario Draghi dovrebbe essere composta di parole e fatti o meglio, vista la natura di questo premier, di parole radicate nei fatti. Tra gli uomini del Presidente si respira la volontà di ripetere chiaramente che gli obiettivi-chiave di questo governo in materia fiscale non cambieranno. Nel linguaggio degli investitori, ciò significa promettere che le finanze pubbliche non devieranno da un deficit già previsto a 5,6% del Pil per il 2022. Come a dire, il paziente continuerà a fare vita salubre per tenere basso il colesterolo. Tradotte in politichese, queste asserzioni faranno capire a chi chiede sostanziali “scostamenti di bilancio” per far fronte al caro-bollette (soprattutto la Lega ma anche fazioni del Pd) che non verrà soddisfatto.
Rimane il problema di come aiutare consumatori e imprese a combattere costi dell’energia oggettivamente molto elevati. Qui le strategie sono due: erogare aiuti limitati, nella speranza che il prezzo del gas, e quindi l’inflazione, comincino a scendere, e mettere mano a riforme strutturali che portino ad un aumento dell’offerta energetica, facendo quindi calare il prezzo. Le ipotesi allo studio – dall’aumento della produzione dei pozzi attuali, alla costruzione di nuovi pozzi, fino ad incentivi per l’uso di energie rinnovabili quali i pannelli solari ad uso domestico – hanno il pregio di avere effetti a lungo termine e il difetto di aver bisogno di tempo ed investimenti per essere realizzati.
Nel frattempo, bisognerà contare sui frutti della disciplina degli anni passati e sperare che i fattori esterni non peggiorino. Sul primo fronte, la robusta crescita economica del 2021 e di quest’anno aiuterà a ridurre il costo e il volume del debito, un “effetto formichina” che dovrebbe piacere ai mercati. Il fatto che la durata media del debito italiano sia superiore ai sette anni è un altro elemento positivo perché esclude una scadenza-capestro tipica delle crisi del debito in Paesi meno stabili.
Purtroppo, nel capitalismo mondiale, nessuna nazione è interamente padrona del proprio destino e l’Italia dovrà anche contare su una favorevole congiuntura internazionale. Un’esplosione bellica in Ucraina, per esempio, complicherebbe il problema energetico e molte altre cose.
Se la guerra verrà evitata, invece, il più grande pericolo viene dai precedenti datori di lavoro di Draghi. La Banca Centrale Europea ha contribuito al recente aumento dello spread della scorsa settimana, con un’inversione di marcia tanto repentina quanto inaspettata.
Le dichiarazioni di Christine Lagarde, presidente della Bce – «è probabile che l’inflazione rimanga elevata più a lungo del previsto» – hanno sorpreso i mercati e fatto credere agli investitori che le autorità monetarie dell’eurozona fossero pronte ad alzare i tassi prima del previsto. In questi giorni, la Bce ha fatto una mezza retromarcia – motivo per cui il nostro spread è calato un po’ – ma il clima di incertezza rimane e non è ideale per una banca centrale che si vanta di essere molto chiara nelle sue esternazioni.
Per rassicurare investitori e cittadini nelle prossime settimane, Francoforte e Roma dovranno fare attenzione prima alle parole e poi ai fatti.