Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  febbraio 09 Mercoledì calendario

Le frodi del superbonus

Lag Power, My One, Skyfall. I nomi delle società sono anglofoni, riecheggiano film di 007, ma la truffa è arcitaliana. In un mese e mezzo la Guardia di finanza ha scoperchiato oltre 4 miliardi di falsi crediti fiscali generati da superbonus maturati da imprese fantasma per lavori inesistenti. La catena di sant’Antonio delle cessioni dei crediti tocca 15 regioni a velocità vorticosa. Grazie alle segnalazioni dell’Agenzia delle entrate, gli investigatori hanno monitorato nullatenenti beneficiari di crediti moltiplicatisi del 500% in un mese. Per questo le Procure di Roma, Napoli, Rimini e Perugia sono intervenute con sequestri urgenti, considerando i crediti «corpi di reato» e impedendone l’ulteriore trasferimento ad altri soggetti in buona fede, comprese banche (Fineco, Mps, Bnl, Illimity, Ifis), assicurazioni (Groupama) e società pubbliche (Poste e Cassa depositi e prestiti). Ciò non ha impedito la monetizzazione di 2 miliardi di euro, su cui proseguono indagini che portano lontano dal luogo di partenza. Tra Napoli e Caserta, a truffatori seriali e professionisti del riciclaggio di denaro sporco, pregiudicati vicini alla camorra.
A Napoli l’indagine è partita da un consorzio gestito da un commercialista «che, mediante una fitta rete di promotori, adescava ignari cittadini interessati a usufruire del superbonus». Come le due coppie di San Vito al Tagliamento, 15mila abitanti in provincia di Pordenone, desiderose di dare una rinfrescata alla villetta bifamiliare.
I clienti compilavano le schede e firmavano i contratti. Dopo illusori sopralluoghi il consorzio spariva senza piantare un chiodo. In compenso uno stuolo di tecnici stakanovisti fabbricava quasi 1400 asseverazioni farlocche in fotocopia (computo metrico sballato, fogli bianchi, nessun protocollo), per emettere fatture false certificando di aver completato (in un giorno!) il 30% dei lavori. Grazie all’opzione «sconto in fattura», il consorzio diventava titolare dei crediti.
Dieci mesi dopo i coniugi friulani, convocati dalla Finanza, scoprivano nel cassetto fiscale dell’Agenzia delle entrate «crediti per 127mila euro senza che nessun lavoro fosse stato svolto», prima venduti e poi monetizzati o compensati dallo stesso consorzio, a chiusura dello «schema fraudolento». Valso, solo nei primi nove mesi dell’anno scorso, 89 milioni di euro di fatture a 1300 «presunti clienti» e 83 milioni di crediti già veicolati nella catena di sant’Antonio delle cessioni. Niente male per una società con un solo dipendente, che nel 2020 vantava un fatturato 15 volte inferiore e un parco clienti 13 volte inferiore.
Notevole anche la performance della società Skyfall, si cui indaga la Procura di Roma: «Non presenta dichiarazioni fiscali, non effettua versamenti, non ha immobili di proprietà né in locazione, nel 2021 non ha ricevuto fatture, non ha depositato bilanci, è amministrata da un nullatenente» il cui ultimo reddito è quello ricevuti dal carcere di Civitavecchia nel 2009, quando era detenuto per narcotraffico. Capitale sociale 100 euro, nel 2020 non ha emesso nemmeno una fattura e ne ha ricevuta una per 13 euro. Eppure nel 2021 acquista «crediti fiscali palesemente fittizi» per 235 milioni di euro da «società evanescenti sconosciute al fisco e amministrate da meri prestanome».
Ricostruita dalla Finanza, la mappa dei soggetti coinvolti – prestanome, società cartiere (per sfornare fatture false) e società fungo (che spuntano da Saint-Cristophe in Valle d’Aosta a San Severo in Puglia, per gestire i crediti) – fa venire il mal di testa. La Procura si focalizza su due società «che appaiono il vero centro di creazione dei crediti fittizi»: stessi soci, stessa sede, stesso commercialista, un paio di dipendenti. Si scambiano fatture di centinaia di milioni per ristrutturare stalle e garage (nemmeno gli emiri…), mentre l’anno prima «dichiaravano un volume d’affari irrisorio».
«Società al lacero e anziani fidati come amministratori» anche a Rimini. «Madonna Santa. Lo Stato italiano è pazzesco! Vogliono essere inculati, praticamente», si compiace al telefono Nicola Bonfrate, per il gip «promotore e capo di una stabile associazione a delinquere ramificata in tutto il territorio nazionale e tutt’altro che rudimentale», che in cinque mesi ha generato «frodi seriali» per 278 milioni di euro. Poi monetizzati («So’ soldi eh, possiamo divertirci») e dirottati in paradisi fiscali: «Quelli di Milano non hai idea di quanti cazzo di soldi hanno fatto, non sanno più dove aprire i conti correnti in giro per il mondo. Ma noi ci stiamo dietro, a ruota stiamo andando!».