Corriere della Sera, 8 febbraio 2022
La guerra contro lo shwa
«Silviə, rimembri ancora / quel tempo della tua vita mortale, / quando beltà splendea / negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, / e tu, lietə e pensosə, il limitare / di gioventú salivi?». Direte: che roba? Giacomo Leopardi politically correct: amava Silvia, Silvio o un neutro «non binario»? E l’università, tra le proteste, si adegua.
Sia chiaro: aggiustata a modo suo la stupenda poesia leopardiana, il linguista Massimo Arcangeli scommette che lo stesso recanatese capirebbe la provocazione e metterebbe la sua firma in calce all’appello contro l’abuso dello (della?) «schwa» che, pubblicato online sabato da change.org, ha già superato le seimila adesioni e sale rapidamente sempre più su, su, su… Con l’arrivo via via di firme quali quelle di Luca Serianni ed Edith Bruck, Alessandro Barbero e Massimo Cacciari, Paolo Flores d’Arcais e tantissimi scrittori, storici, artisti e letterati con in testa Claudio Marazzini, il presidente dell’Accademia della Crusca. L’istituzione che già mesi fa intervenne in modo molto duro contro l’introduzione dell’«e» capovolto, appunto lo schwa ( ə ) cocciutamente voluto dai promotori «per rendere la lingua italiana più inclusiva e meno legata al predominio maschilista».
Esempi? Ecco tre estratti col copia–incolla di sei verbali «redatti da una Commissione per l’abilitazione scientifica nazionale» alle funzioni di professore universitario. «Sono presenti i Professor3...», dove il «3» (in gergo «schwa lungo») sta per professori maschi, femmine e non binari. Oppure: «Ciascun component ə della Commissione dichiara di non avere relazioni di parentela e/o di affinità, entro il 4° grado incluso, con gli altr3 Commissar3...» E ancora: «La consultazione da parte dell3 Commissar3 delle pubblicazioni dell3 candidat3 soggette a copyright avverrà nel rispetto della normativa vigente…»
Al che ti chiedi, al di là dell’ennesimo contorsionismo buro- linguistico di queste regolette che decine di concorsi taroccati dimostrano essere forse formalmente ineccepibili ma troppo spesso manovrabili da inamidati baroni: e gli articoli? «Gli» altr3 Commissar3?«Dell3 candidat3 soggette»? Mascoli asessuati i primi, femmine asessuate le seconde? Ma che modo è di scrivere? C’è poi da stupirsi se troppe procedure concorsuali vengono impugnate per la loro non innocente ambiguità? La Verità di Maurizio Belpietro tira direttamente in ballo la stessa ministra dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa, accusandola di aver deciso di «piegarsi all’uso dello schwa in documenti ufficiali come le delibere con gli esiti delle selezioni del personale». Per carità, la colpa non sarà tutta sua ma non danno fastidio anche a lei certe ipocrisie che coprono con un velo storici bullismi baronali arrivati perfino dentro alcuni degli atenei più prestigiosi?
«Siamo di fronte a una pericolosa deriva, spacciata per anelito d’inclusività da incompetenti in materia linguistica, che vorrebbe riformare l’italiano a suon di schwa», dice la petizione di protesta lanciata da Arcangeli, «I promotori dell’ennesima follia, bandita sotto le insegne del politicamente corretto, pur consapevoli che l’uso della “e rovesciata” non si potrebbe mai applicare alla lingua italiana in modo sistematico, predicano regole inaccettabili, col rischio di arrecare seri danni anche a carico di chi soffre di dislessia e di altre patologie neuroatipiche».
Peggio: «I fautori dello schwa, proposta di una minoranza che pretende di imporre la sua legge a un’intera comunità di parlanti e di scriventi, esortano a sostituire i pronomi personali “lui” e “lei” con “l ə i”, e sostengono che le forme inclusive di “direttore” o “pittore, “autore” o “lettore” debbano essere “direttor ə” e “pittor ə”, autor ə” e “lettor ə”, sancendo di fatto la morte di “direttrice” e “pittrice”, “autrice” e “lettrice”. Ci sono voluti secoli per arrivare a molti di questi femminili».
Il tutto per un «perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività». Con derive come il possibile orientamento verso un neutro omni-benedicente che sostitui- rebbe «cari tutti, care tutte, car ə ǝ tutt ə» con la «u» di «Caru tuttu» che richiamerebbe gli strepitosi sketch di Aldo Giovanni e Giacomo dove «Nico il sardo» aveva «nove fratelli e nove cognati che si chiamavano Parrego, Nagasella, Parasanna, Apinno, Gusunilla, Parassinna, Cassacarragnu».
Sinceramente: è su queste cose che si misura il rispetto delle regole, il rispetto dei candidati, il rispetto delle persone che non si riconoscono nell’uno o nell’altro sesso? Mah... Dice la scrittrice Michela Murgia di aver infilato nel suo ultimo libro ( Morgana. L’uomo ricco sono io scritto insieme con Chiara Tagliaferri) un sacco di «ə» perché «all’interno di un sistema sessista come il nostro lo schwa è un inciampo necessario dell’occhio. Sta al sessismo del linguaggio come il vaccino sta al Covid: non cancella la presenza del virus, non è la cura definitiva, ma una modalità per attivare anticorpi». Opinioni.
Certo è che l’innovazione, finora, non è piaciuta a un po’ tutti i linguisti a partire da Luca Serianni che ha inserito nel nuovo dizionario Devoto-Oli oltre 500 parole nuove (da covidico a climaticida) ma ha spiegato a Simonetta Fiori di voler restare alla larga da asterischi e schwa: «I segni grafici di cui parliamo non hanno un corrispettivo nel parlato. E qualunque lingua è in primo luogo una lingua parlata. Lo schwa che resa può avere? Nessuna». Men che meno è piaciuta al presidente onorario della Crusca Francesco Sabatini: «So bene perché vogliono introdurlo, quel neutro, ma in italiano non c’è. C’è in abruzzese, se vogliono. Noi il fuoco lo chiamiamo, se proprio vogliamo azzardare qualcosa che foneticamente gli assomiglia “fogh&”. È quel suono alla francese che non è né la “e” chiusa, né la “e” aperta, né la o, né la u, né la a... Ma qui si vuole imporre un’altra cosa. Un rovesciamento della lingua creato artificialmente, dall’alto, per motivazioni estranee. Dovremmo rivedere Dante, Petrarca, Leopardi e tutti gli altri? E la poesia, cosa sarebbe della poesia?».