Il Messaggero, 8 febbraio 2022
Claudio Amendola e il curling
Claudio Amendola aveva previsto l’exploit del curling italiano. Tutto vero. Nel 2013 l’attore romano, 58 anni, debuttava dietro la macchina da presa con La mossa del pinguino, commedia con Edoardo Leo, Antonello Fassari, Ricky Memphis ed Ennio Fantastichini, in cui a fare da padrone era proprio lo sport giocato con scope e stones, croce e delizia dei quattro scalcagnati protagonisti, che coltivavano il sogno di andare alle Olimpiadi di Torino 2006 – dove credevano di poter vincere – confidando sul (presunto) scarso numero di praticanti di questo sport. E dopo lunghe peripezie, alle Olimpiadi ci arrivavano sul serio. Ovviamente non vincevano, anzi perdevano tutti gli end, però riuscivano lo stesso a fare un punto grazie alla mossa del pinguino, una tecnica di lancio particolare. A Pechino la realtà ha superato di gran lunga la fantasia: la coppia mista azzurra composta da Amos Moisaner e Stefania Constantini ha raggiunto l’ultimo atto del torneo, battendo 8-1 i maestri svedesi.
Amendola, la Nazionale italiana di curling è in corsa per l’oro alle Olimpiadi. Pare impossibile, ma lei aveva predetto tutto, lo ammetta!
«Non so se posso dire di essere stato un profeta oppure se sarebbe giusto ammettere di aver fatto un grandissimo errore, quando ritenni che non avremmo mai potuto vincere una medaglia olimpica. Mi sbagliavo di grosso, però a mia discolpa bisogna dire che non ero l’unico a pensarla così! Quindi preferisco prendermi la gloria di averlo previsto».
Il curling le piace come sport?
«Molto: durante le riprese de La mossa del pinguino avemmo modo di provarlo. È complicatissimo! Ci sono milioni di possibilità in ogni tiro, le variabili sono davvero tante. Sono contento che, seppur a distanza di anni, il mio film abbia portato fortuna agli azzurri. All’epoca considerammo il curling come lo sport in cui era più improbabile che l’Italia vincesse un alloro olimpico».
Quindi se c’è una partita in televisione la guarda?
«Eccome! Visto che siamo finalisti olimpici, direi che da questo momento tutte le gare vanno seguite con una certa prosopopea. Per essere sinceri, non mi aspettavo che i nostri atleti arrivassero fin lì».
Cosa vorrebbe dire vincere addirittura la medaglia d’oro?
«Anche ottenere uno storico argento costituirebbe una spinta enorme per tutto il movimento, e sarebbe la dimostrazione che il lavoro paga. Negli ultimi anni c’è stata un’enorme crescita nel curling azzurro. È il segnale che lo sport potrebbe avere una valenza formativa assai maggiore di quella che ha adesso, nelle palestre (o dovrei dire non-palestre) delle nostre scuole».
La sfilza di vittorie della coppia italiana era impronosticabile. Quali sono i passi da fare ora, secondo lei?
«L’impresa dell’Italia dimostra che anche gli sport considerati minori possono ottenere grandi risultati. Pensate se nel nostro Paese, accanto ai vari licei che esistono già, esistesse anche una scuola di formazione sportiva».
Ha un augurio da mandare ad Amos Mosaner e Stefania Constantini?
«Nessun augurio, semmai un profondo ringraziamento per quello che sono riusciti a realizzare. Il loro successo per me vale doppio. E fatemi dire che in qualche modo mi sento un po’ loro mentore (ride, ndr)».