La Lettura, 5 febbraio 2022
Nel 2064 la terra perderà abitanti
Ammettiamo che si siano raggiunti gli 8 miliardi di abitanti nel mondo. Secondo Neodemos, sito animato da alcuni tra i più illustri demografi italiani, il traguardo è stato raggiunto il 23 gennaio. Conferme ufficiali non ce ne sono. Ma ammettiamo che sia così. E dunque? E dunque niente, non è quel numero a darci la rotta della popolazione mondiale. Di più: al punto in cui siamo bisogna stare attenti a maneggiare numeri del genere, importanti, magari, ma che possono alimentare impressioni perfino fuorvianti, dare l’idea di una corsa al popolamento della terra che non si fermerebbe, destinata a travolgere ogni limite. Mentre non è più così. Mentre, anzi, stiamo entrando, siamo già entrati in una fase nuova della popolazione mondiale, quella della recessione. Questo vuol dire allora che comincerà a scendere già da domani? Assolutamente no. La popolazione mondiale continuerà a crescere perché i valori di alcuni suoi parametri fondamentali – due su tutti: la proporzione di donne in età feconda sul totale delle donne e il numero medio di figli per donna – sono ancora favorevoli alle molte nascite. Ma meno favorevoli di quanto non fossero dieci anni fa. E sempre meno favorevoli saranno negli anni a venire. Cosicché quello a cui stiamo assistendo è un aumento di popolazione dovuto almeno al 50% a tendenze demografiche che vengono da lontano e che si stanno esaurendo. Anzi, ci sono molti segnali che convergono in un’unica direzione: quelle tendenze non solo si vanno esaurendo, ma anche trasformando prima del previsto in tendenze contrarie.
In altre parole: a) non ci sarà bisogno di aspettare la fine del secolo, come si pensava, per cominciare a vedere l’ammontare della popolazione prima fermarsi e poi regredire; b) quell’ammontare sarà ben lontano dal raggiungere la cifra di 10,9 miliardi previsti pochi anni fa dalla Population Division dell’Onu per la fine del secolo.
L’University of Washington, in uno studio di modellizzazione demografica del 2021, prevede che già dal 2064 comincerà il declino della popolazione mondiale, una volta che a quella data avrà toccato i 9,6 miliardi di abitanti. Tutt’altra previsione, come si capisce. Una previsione che allo stato delle cose sembra ben altrimenti fondata di quella della Population Division, apparsa nella Revision of World Population Prospects-2019, l’ultimo aggiornamento dell’Agenzia dell’Onu per la popolazione. A proposito del quale c’è da annotare che avrebbe già dovuto essere stato superato dalla Revision del 2021, visto che di norma queste Revision hanno cadenza biennale. Segno non ultimo, questo ritardo, di novità nelle dinamiche della popolazione mondiale che l’aggiornamento del 2019 non è riuscito a cogliere. Le Revision of World Population dell’Onu non sono infatti solo aggiornamenti del presente; sono anche prefigurazioni, previsioni dei panorami futuri.
Ed è qui il busillis, perché le previsioni della Population Division si fondano su tassi di fecondità (numero medio di figli per donna) al 2020 che risultano sistematicamente sovrastimati rispetto a quelli che stiamo registrando. Nella Revision del 2019 la stima al 2020 del numero medio di figli per donna è di 1,78 figli per gli Stati Uniti e di 1,69 per la Cina. Ma già a partire dagli ultimi mesi del 2020 in Cina il tasso di fecondità è, secondo le stesse fonti cinesi, sprofondato addirittura a 1,3 figli in media per donna, mentre negli Usa sta scivolando verso quegli 1,6 figli in media per donna che decreterebbero la fine dell’«eccezionalismo demografico occidentale» che gli Usa hanno fino a pochi anni fa rappresentato: l’unico grande Paese occidentale che per avere un movimento naturale, nati meno morti, solo moderatamente negativo, più che compensato da un movimento migratorio molto attivo, non ha fatto che aumentare gli abitanti sempre, senza mai deflettere.
Alle potenze che sono ai primi due posti nel mondo sul piano economico e geopolitico si è inoltre aggiunto in ultimo, a completare il quadro della regressione del popolamento del globo, l’altro grande colosso demografico, l’India, che si appresta a diventare il Paese più popoloso del mondo, superando proprio la Cina, già entro il 2030. Il numero medio di figli per donna dell’India, previsto dalla Population Division a 2,2 nel 2020, secondo un’indagine campionaria molto vasta che ha interessato 650 mila nuclei famigliari svolta in quel Paese e relativa al periodo 2019-2021, è già sceso a 2 figli in media per donna, addirittura sotto la soglia di sostituzione di 2,1 (2 figli sono sufficienti a sostituire la coppia dei genitori, quando morranno, rappresentando così il punto di stazionarietà della popolazione; ma sono 2,1 figli in media per donna a garantire che, per effetto della mortalità, almeno 2 figli arriveranno all’età riproduttiva che li rende capaci di prendere il posto dei genitori).
In questo precipitare del tasso di fecondità, che appare generalizzato, c’è indubbiamente anche il segno dell’effetto depressivo della pandemia, ma: a) questo effetto è stimato di una entità minore all’entità della contrazione dei tassi di fecondità nazionali che si sta verificando e b) secondo l’Onu non sarà neppure del tutto riassorbibile nei prossimi anni, a pandemia conclusa, cosicché resterà a pesare per un po’, anche se lievemente, sul rallentamento del popolamento globale.
Ora, che un cedimento importante della fecondità si stia verificando nei tre Paesi che, da soli, concorrono per quasi la metà all’ammontare della popolazione mondiale, più che una coincidenza è il segnale di un mondo che si avvia prima e più decisamente di quanto ci si potesse aspettare a una svolta nella traiettoria assunta dal suo popolamento. Traiettoria, ricordiamolo, formidabilmente ascendente già dagli inizi degli anni Cinquanta dello scorso secolo e che ha portato la popolazione mondiale dai 2,5 miliardi di allora agli 8 (e se non sono proprio 8 è certo che poco ci manca) di oggi. Ma dovuta pressoché esclusivamente alla caduta inarrestabile del tasso di mortalità, specie di quello delle prime età della vita, non già all’aumento del numero medio di figli per donna, che invece non fa che diminuire da oltre mezzo secolo e che per determinare in modo sicuro la conclusione di quella lunga ed esplosiva fase ascendente del popolamento globale ha bisogno di scendere sotto la soglia dei 2 figli per donna. La previsione principe di questi anni voleva che la soglia fosse toccata proprio allo scadere del corrente secolo, quando la popolazione della Terra avrebbe altresì sfiorato gli 11 miliardi di abitanti. Tutto lascia intendere che a quella soglia si arriverà con due-tre decenni di anticipo, se non perfino di più, e con un miliardo e mezzo di abitanti in meno.
Intendiamoci, previsioni a così lunga gittata hanno margini consistenti di errore. Ma coi dati di oggi la probabilità inclina in questo senso. Cosicché se una conclusione si dovesse tirare sarebbe questa: sul finire degli anni Sessanta un pensiero demografico catastrofista azzeccò l’esplosione della popolazione (The population bomb), ma nient’affatto i suoi effetti, che lungi dall’essere distruttivi si sono tradotti in una caduta generalizzata dei tassi di mortalità e nell’allungamento della speranza di vita. Oggi, ammaestrati dal passato, sappiamo che possiamo affrontare il popolamento, che sarà meno importante del previsto, e che già i nostri nipoti e pronipoti si troveranno di fronte al problema opposto: lo spopolamento. Siamo sicuri che sarà una passeggiata?