Corriere della Sera, 7 febbraio 2022
Il ghiaccio si scioglie (a ritmi doppi) anche in vetta all’Everest
L’ esploratore e naturalista Alexander von Humboldt fu il primo a descrivere nel 1802 l’impatto dell’uomo sul cambiamento climatico dopo essere salito sul monte Chimborazo, nell’attuale Ecuador, che al tempo era erroneamente considerato il più alto al mondo (6.263 metri). Ora la notizia che il vero ghiacciaio più alto della Terra, il South Col dell’Everest, sopra la linea degli 8.000 metri, si stia sciogliendo molto più velocemente del previsto, è stata confermata dalla tecnologia. Ed è considerata un segnale di allarme ancora più pressante della consapevolezza che pure si è diffusa in questi ultimi anni sugli effetti del riscaldamento globale. Due centraline meteorologiche automatizzate hanno confermato a un team di scienziati, che ha pubblicato su Nature il nuovo studio, che il cambiamento climatico sta giungendo anche 500 metri sopra il campo Sud usato dagli alpinisti per attaccare la cima dal Nepal. Siamo nella cosiddetta «zona della morte», dove anche gli scalatori possono sostare per poche ore. Impossibile dunque analizzare molto a fondo la situazione del ghiacciaio senza il supporto delle centraline e dei satelliti. Anche se un team di ricerca del National Geographic era riuscito a salire per avviare la missione che ha generato lo studio nel 2019, prima che nel 2020 tutte le ascensioni fossero bloccate a causa del Covid-19 sia dal lato sud che dal lato tibetano. Che i ghiacciai anche ad altezze superiori ai 5.000 metri si stiano ritirando era noto. Ma è la prima volta che viene certificata una perdita di massa del ghiacciaio più alto del mondo con ritmi doppi rispetto alle attese (sopra gli 8.000 la temperatura media è di 22 gradi sotto lo zero). Nel mondo più di 1,6 miliardi di persone hanno accesso all’acqua per l’agricoltura e la vita grazie ai ghiacciai. E metà della biodiversità del pianeta dipende da queste riserve. Che nemmeno il picco dell’Everest sfugga al cambiamento climatico non è più un indizio dell’Antropocene. È una prova che tutto sulla Terra è collegato.