la Repubblica, 7 febbraio 2022
L’Italia del curling
pechino – Prima di ogni sessione del curling, una banda scozzese in kilt suona le cornamuse celebrando le origini di questo sport. La sua fondazione, l’isola di Ailsa Craig che fornisce le preziose stone che scivolano sul ghiaccio, e questa volta pure i campioni del mondo in carica del doppio misto, il Mixed doubles. Presenti sotto la bandiera britannica, perché alle Olimpiadi la Scozia non c’è. Ma a Pechino i detentori sono stati battuti dagli italiani. Anche i precedenti campioni del mondo, gli svedesi che vivono su ghiaccio e neve, hanno perso con gli azzurri, e la lista si allunga fino ad arrivare alle otto vittorie consecutive di un Paese che nell’ultimo anno ha vinto i cento metri alle Olimpiadi e gli Europei di calcio a Wembley, quindi è capace di tutto. Pure di giocare oggi la semifinale olimpica del curling, e domani la finale, per il bronzo o l’oro si saprà dopo il match che comincia alle 13,05 italiane. Sarebbe la prima medaglia italiana in questo sport ai Giochi. Però intanto: Stati Uniti, Svizzera, Norvegia (vicecampione del mondo), Repubblica Ceca (ritiro per manifesta superiorità), Australia, Gran Bretagna/ Scozia, Cina, Svezia. Tutti battuti.
Più che un Paese che si scopre potenza del curling, qui a Pechino, emerge per ora una piccola squadra, anzi una coppia, anche se nella vita i due hanno altri partner. Giovani, ventidue anni lei, Stefania Constantini, chioma castana e sguardo laser sulla pista, ventisei anni lui, Amos Mosaner, un gigante di un metro e 97 che c’era già a PyeongChang e tornerà nella gara a squadre maschile. Hanno talmente stupito, da scioccare gli avversari più esigenti: se stessi. Hanno un solo campionato del mondo alle spalle, e l’hanno concluso al quinto posto. Per i giovani gli anni della pandemia sono stati uno scippo continuo di conferme del loro valore, affacciandosi nel mondo dei grandi. Nemmeno in sogno si potevano immaginare rulli compressori. È successo perché si combinano bene, e stanno tranquilli a fine mese. Amos è nell’Aeronautica e ha la pista di Cembra sotto casa. Stefania è di Pieve di Cadore e lavorava in un negozio di abbigliamento a Cortina prima di vincere il concorso nelle Fiamme Oro e dedicarsi al curling. Su questa base hanno messo tutto il resto. Si trovano perché sono speculari. Amos è l’esperienza, riconosciuta dalla partner, l’atleta totale che gioca a beach volley. Ma è anche il fuoco che porta disordine, la voglia di strafare, di mettere a segno il colpo che esplode: «Io cerco sempre la perfezione, questo è il problema». Qui entra in campo lei, che si spoglia della leggerezza della ventiduenne per diventare equilibratrice, donna matura e razionale: «Io sono più tranquilla, mentre lui è più grintoso. Credo sia un buon equilibrio, ci aiutiamo a vicenda». A fine match non si capiva dagli atteggiamenti chi avesse vinto tra svedesi e italiani. «È uno sport di fair play, è difficile vedere esultanze estreme» spiega Amos. «Questo non è il momento di esultare» detta la linea Stefania. «Non è ancora finita: è questione di consapevolezza, c’è ancora lavoro da fare. Bisogna avere pazienza». Se finalmente potranno lasciarsi andare, non saranno soli. Il popolo dei tifosi del curling nato a Torino 2006 non vede l’ora di risvegliarsi.