Anteprima, 10 gennaio 2022
Tags : Vitaliano Trevisan
Biografia di Vitaliano Trevisan
Vitaliano Trevisan (1960-2022). Scrittore. Attore. Tra i suoi libri: I quindicimila passi (2002, premio Campiello Francia nel 2008), Il ponte. Un crollo (2007), Grotteschi e arabeschi (2009) e Works (2016), tutti editi da Einaudi. Nel 2004 recitò da protagonista nel film di Matteo Garrone Primo Amore di cui scrisse anche la sceneggiatura. Recitò poi in una altra decina di film, tra cui Cose dell’altro mondo e Senza lasciare traccia. «Sono stato operaio, muratore, lattoniere, babysitter. Se c’è la cosiddetta ispirazione, mi siedo e aspetto che passi. Si dà il meglio di sé quando si è vuoti, è il momento ideale per essere un buon conduttore. È una cosa che ho capito quando di mestiere pulivo le fogne. È quando fai bene delle cose che non ti piacciono che ricavi molto sia per te che per gli altri. Mi piace l’idea di scrivere prima e dopo, non durante. Non è un lavoro, ma un’attività pesante. Da piccolo ero un piromane e torturavo gli animali. Sono mie caratteristiche, le ho avute, forse le ho ancora, anche se adesso non sono più esplicitamente violento» (da un’intervista a Gigi Riva). Lo scorso ottobre era stato dimesso dal reparto psichiatrico dell’ospedale di Montecchio Maggiore, dove era stato sottoposto a un accertamento sanitario obbligatorio. Una volta uscito, aveva denunciato le modalità del ricovero e le condizioni della struttura in un articolo pubblicato su Repubblica il 6 novembre, due giorni dopo la chiusura del reparto. «L’ultimo suo grido lo aveva consegnato a Repubblica: il diario di un ricovero coatto in un reparto psichiatrico, non da paziente ma quasi da inviato speciale in incognito in quelle terre del mistero e della vergogna (nostra, non dei malati). Con la solita spietata asciuttezza, severo distillato di un cuore puro, Trevisan aveva narrato ogni dettaglio di quei dieci giorni d’orrore, dall’ambulanza in cui venne fatto salire “volontariamente…” fino alla reclusione da galera all’ospedale di Montecchio Maggiore (il reparto poi è stato chiuso), senza telefono, senza sigarette, accompagnato in bagno sempre da qualcuno, imbottito subito di farmaci (“due Tavor da 2.5 mg, due Depakin 500”), il sonno come istantaneo svenimento senza fine, la protervia degli psichiatri, la minaccia continua del Tso (lui era per il momento in Aso, Accertamento sanitario obbligatorio, un gradino sotto il Trattamento): “Imprigionato, perché di questo si tratta, visto che tutte le finestre hanno le sbarre“. Si era accorto, lo scrittore, dello squarcio nel telaio d’acciaio di una finestra e lo aveva fatto presente alla capo infermiera. “E allora?”, aveva risposto la donna. “E allora, se solo avessi voluto ora sarei steso con le vene dei polsi recise”» [Crosetti, Rep]. Si è suicidato nella sua casa di Crespadoro, borgo sulle colline del Vicentino. Ha lasciato un biglietto scritto a penna dove si legge: «Il mio è un gesto volontario. Sono stanco, non ne posso più. Nessuno deve sentirsi responsabile perché nessuno avrebbe potuto fare nulla». Nel biglietto ha anche chiesto che il suo corpo sia cremato.