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 2022  gennaio 07 Venerdì calendario

Biografia di Miguel Ángel Félix Gallardo

Miguel Ángel Félix Gallardo, nato a Culiacán (Messico) l’8 gennaio 1946 (76 anni). Boss del narcotraffico messicano noto anche come El Padrino o El Jefe de jefes (il capo dei capi). Fondatore del cartello di Guadalajara.
Titoli di testa «Non ho fatto niente per cui non ho niente di cui pentirmi».
Vita È cresciuto in una famiglia di contadini con nove fratelli e sorelle • Grazie a una diga costruita vicino alla città, i suoi genitori Ramón Félix e Justina Gallardo Gastelum possono contare su ottimi raccolti che esportano negli Stati Uniti e riescono a offrire ai figli una buona istruzione • Miguel Ángel cresce lontano dalla criminalità, frequenta scuole, ma, al terzo liceo, preferisce la Polizia Giudiziaria Federale dove si specializza nella lotta al contrabbando e al traffico di droga • Poliziotto, diventa la guardia del corpo del governatore dello stato di Sinaloa, Leopoldo Sánchez Celis • Nel 1966 dirige anche una piccola azienda di pneumatici a Bellavista • Il trafficante di eroina Eduardo Lalo Fernández, approfittando della sua esperienza da poliziotto, lo avvia al business del traffico di droga • Nel 1971 viene emesso il primo mandato di cattura nei suoi confronti con l’accusa di reati contro la salute • Nel 1977 decide di trasferirsi a Guadalajara e, forte dei contatti ottenuti grazie al governatore Celis, fa del contrabbando e del traffico di droga il suo impero e fonda il primo cartello messicano, quello di Guadalajara • Nel giro di pochi anni Gallardo controlla tutto il commercio illegale di stupefacenti sul territorio messicano, ben protetto dai più alti livelli della politica e dagli apparati di sicurezza nazionali come la Dirección Federal de Seguridad, l’ex intelligence messicana • L’organizzazione di Gallardo è la prima in Messico a collaborare strettamente con i cartelli colombiani, soprattutto grazie al narcotrafficante honduregno Juan Matta-Ballesteros, ex collaboratore della Cia e sostenitore dei Contras: Ballesteros pensava alla merce e Gallardo al trasporto per farla entrare negli Stati Uniti con profitti per 5 miliardi di dollari l’anno che si fa pagare in merce da distribuire. In patria produce marijuana e un po’ di oppio, ma la gran parte di eroina se la fa venire dal Sud Est asiatico • Félix Gallardo è tra gli azionisti di Banca Somex, è da lì che effettua trasferimenti di denaro milionari • Per espandere il suo impero, Gallardo, che conta sull’appoggio di due fidi collaboratori, Rafael Caro Quintero ed Ernesto Fonseca Carrillo, non esita a pagar tangenti a sindaci, governatori, esercito e forze di polizia locali e federali. Per ottenere la protezione dell’intelligence messicana finanzia anche i Contras, la guerriglia antisandinista del Nicaragua. Pare che per loro abbia anche contrabbandato armi • In questo periodo assume anche Joaquín Archivaldo Guzmán Loera, meglio noto come El Chapo. Per Gallardo, Guzmán si occupa della logistica • Nel 1984 l’agente americano della Dea, Enrique “Kiki” Camarena, di origini messicane, distaccato a Guadalajara dal 1981, riesce a infiltrarsi nella rete di Félix Gallardo spacciandosi per un poliziotto corrotto al soldo del cartello e pian piano raggiunge i vertici diventando un uomo di Rafael Caro Quintero • Grazie alle informazioni di Camarena, il 6 novembre 1984 450 soldati dell’esercito messicano vengono paracadutati da diversi elicotteri a El Búfalo, un campo di coltivazione di marijuana di oltre 1.000 ettari, e lo dà alle fiamme. Il campo, che dà lavoro a migliaia di contadini, produce marijuana per 8.1 miliardi di dollari all’anno • Il 7 febbraio 1985 Camarena viene rapito da 5 poliziotti corrotti di Jalisco e con lui, qualche ora dopo, viene fatto prigioniero anche Alfredo Zavala Avelar, il suo elicotterista personale. Vengono portati da La Angostura, villaggio nello stato di Michoacán, in una proprietà di Gallardo • Dopo due giorni di torture, il 9 febbraio, i due vengono uccisi. I loro corpi verranno ritrovati dopo un mese. Camarena aveva cranio, naso, zigomi e trachea schiacciati, le costole erano rotte. Gli avevano anche forato la testa con un cacciavite (o forse un trapano elettrico) • Per evitare che possa essere abbattuto in un sol colpo, Félix Gallardo decide di dividere il cartello in rotte da affidare a diverse piazze: la rotta di Tijuana, corrispondente agli Stati nordoccidentali della California va ai fratelli Arellano Félix, suoi nipoti. La plaza di Ciudad Juárez viene assegnata alla famiglia Carrillo Fuentes, imparentata con Ernesto Fonseca Carrillo. Miguel Caro Quintero, fratello di Rafael, viene messo a capo del Cartello di Sonora. Il controllo della rotta di Matamoros viene dato a Juan García Abrego, diventato così il leader del Cartello del Golfo. Le coste del Pacifico spettano a Joaquín Guzmán, a El Chapo, e a Ismael Zambada García: in questo modo viene fondato il Cartello di Sinaloa (ancora oggi tra le più potenti organizzazioni criminale al mondo) • Nel frattempo la Dea dà inizio all’Operación Leyenda per dare la caccia ai responsabili dell’omicidio dell’agente e del pilota. I primi a pentirsi sono i cinque poliziotti corrotti che li hanno rapiti. Da qui inizia la caccia agli esecutori materiali e ai mandanti: finiscono in manette Ernesto Fonseca “Neto” Carrillo e Rafael Caro Quintero e, l’8 aprile 1989, la polizia irrompe nella lussuosa casa di Félix Gallardo in via Cosmos e lo arresta. Viene accusato non solo di essere il mandante dell’omicidio di Enrique Camarena e del suo pilota, ma anche di estorsione, traffico di stupefacenti, corruzione e altri numerosi reati violenti • Con loro vengono arrestati anche una novantina di poliziotti corrotti. Nessun politico verrà incriminato • Durante l’arresto del Jefe dei jefes, in casa, oltre alla moglie e ai due figli, la polizia trova 40 grammi di cocaina, armi, granate e un moderno sistema di telecomunicazioni • «Non si dichiara mai innocente e nemmeno pretende di essere rilasciato. Si lamenta invece che le sue proprietà gli siano state sottratte come bottino» [Diego Osorno, Gatopardo] • Per Javier Coello Trejo, il pubblico ministero che lo ha interrogato: «Non puoi immaginare quanta intelligenza naturale abbia. Ha studiato fino al terzo anno di liceo, ma in 20 anni dedicati al narcotraffico è riuscito a controllare tutte le bande della droga...è una persona arida, non è sboccato, non è maleducato, parla molto direttamente, ed è una persona molto strana, perché è molto cattolico, anche attraverso altre persone ha donato soldi alla Chiesa» • Dal carcere di Città del Messico, condannato a una pena di 40 anni, Gallardo riesce a gestire il cartello dalla prigione finché, nel 1993, non viene trasferito nel carcere di massima sicurezza di Altiplano, in una cella di 2,40 per 4,40 metri, che non gli è permesso di lasciare neanche per l’ora d’aria • Nel dicembre del 2014 viene trasferito in un carcere di media sicurezza a Jalisco a causa del peggioramento delle condizioni di salute. Le sue richieste per i domiciliari sono sempre state respinte, l’ultima il 31 gennaio 2021 [fonti: El País, infobae.com, latam.aeplay.tv, marca.com, rfcb.ch, wikipedia] • Nel 2003, dopo 15 anni di contenzioso, la Corte penale messicana ha ordinato la restituzione a Félix Gallardo di circa 200 proprietà, tra terreni, fabbricati, case, veicoli e bestiame che erano stati sequestrati • Nel 1997, l’album el Jefe de jefes dei los Tigres del Norte è diventato uno dei dieci più venduti in spagnolo: «La canzone che dà il nome all’album racconta la storia di un uomo noto e rispettato, che sa navigare anche sotto l’acqua e volare in alto. Molti avrebbero voluto prendere il suo posto, ma tutti sono morti nel tentativo» • Se nel 2009 al giornalista Diego Enrique Osorno, per il libro El cártel de Sinaloa. Una historia del uso político del narco, Félix Gallardo sostenne che «i narcos non erano contro il Governo, noi facevamo parte del Governo», nell’agosto 2021, a Issa Osorio per Telemundo, ha negato tutto: la coltivazione e il traffico di droga, gli omicidi, la corruzione. Dice di aver passato 32 anni in carcere, «un’eternità, per un uomo che non ha commesso nessun delitto». Cieco da un occhio, sordo, costretto su una sedia a rotelle e all’uso di bombole d’ossigeno, afferma di non aver mai conosciuto Enrique Camarena, Rafael Caro Quintero, Ernesto Fonseca Carrillo né tanto meno El Chapo: «Per quanto ne so, neanche il cartello di Guadalajara è mai esisto». È finito dentro, ma dice di non farsene una ragione: «Io sono un uomo onesto, prima d’essere arrestato vivevo di agricoltura. Avevo anche una farmacia e due vecchi alberghi. Facevo una vita di famiglia. Andavo a prendere i miei figli a scuola». Ovviamente sostiene di non riconoscersi per nulla in Narcos, la serie che Netfilx gli ha dedicato.
Amori Della prima moglie nulla si sa se non che morì di leucemia. Della seconda, María Elvia Murillo, si dice che abbia partecipato attivamente alle attività del marito ma che dopo l’arresto sia sparita. I due hanno avuto due figli: Miguel e Abril Félix Murillo.
Titoli di coda «Voglio solo essere ricordato come l’uomo onesto che sono sempre stato».