Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  gennaio 10 Lunedì calendario

Biografia di Gabriele Galateri di Genola

Gabriele Galateri di Genola, nato l’11 gennaio 1947 (75 anni). Dirigente d’azienda • «Un uomo che si muove negli uffici della finanza e dell’industria con la riservatezza e la buona educazione di un diplomatico» (Paolo Bricco, Il Sole 24 Ore, 8/4/2011) • «Una vita passata a occuparsi di questioni finanziarie. È il manager di fiducia della famiglia Agnelli» (l’Unità, 28/6/2002) • «Uno dei principali protagonisti della saga finanziario-industriale della corte torinese» (Viviana Ponchia, Panorama, 1/7/1999) • Fu amministratore delegato della Fiat per cinque mesi e mezzo (dal giugno al dicembre 2002). Già presidente di Mediobanca (dall’aprile 2003 al giugno 2007). Già presidente di Telecom Italia (dal 3 dicembre 2007 al 12 aprile 2011). Dall’8 aprile 2011 è presidente di Assicurazioni Generali. È anche membro dei consigli di amministrazione di Moncler, Lavazza, Fondazione Giorgio Cini Onlus, Edenred S.A. e consigliere della Fondazione San Carlo. Presidente dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Presidente del comitato per la corporate governance di Borsa Italiana. Membro dell’International Board Overseas della Columbia Business School. Membro dell’European Advisory Board di Temasek. Cavaliere del Lavoro. Cavaliere della Legion d’onore • «Il blasonato Gabriele» • «Un gentiluomo piemontese» (Giancarlo Galli, giornalista, esperto di capitalismo italiano, al Foglio) • «Chi lo conosce bene, lo descrive - prendendo a prestito uno slogan politico del passato - come “la forza tranquilla”, cioè “cortese, sereno, ma al tempo stesso assolutamente solido e competente”. Insomma sobrietà e rigore» (l’Unità) • Lui stesso, durante un incontro con giovani dirigenti alla Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi, per descrivere il proprio stile, ha usato l’espressione manageriale Tone from the Top, l’esempio deve venire dall’alto. «Un’espressione icastica e definitiva per rappresentare una precisa idea di leadership, quella che si fonda sull’etica del potere e sulla consapevolezza di avere, da direttore d’orchestra, la principale responsabilità della riuscita del concerto».
Titoli di testa «C’erano un tempo gli uomini dell’Avvocato, una schiatta di banchieri, o avvocati essi stessi, aristocrazia e giornalisti, compagni di viaggi, avventure, mondanità, pettegolezzi e affari, spesso tra loro imparentati, vicini o distanti dal centro del sistema solare ma, come si diceva, con l’imprinting sabaudo anche se nati a Roma o Napoli» (Il Foglio, 31/1/2014).
Avi I Galatieri, signori di Genola e Suniglia, sono un’antica famiglia della nobiltà piemontese, originaria di Savigliano, in provincia di Cuneo. Si fregiano del titolo di conte dal 1635. Un loro avo, Giuseppe Maria Gabriele Galateri (1761-1844), prese parte alle guerre napoleoniche: reazionario e fedelissimo ai Savoia, si arruolò nell’esercito dello Zar per combattere i francesi, sposò la vedova di un tenente degli ussari, Anna Ivanovna Černeeva, guidò un battaglione di dragoni durante la battaglia di Lipsia e, una volta entrato a Parigi con i russi, ricevette una «sciabola in oro guarnita in brillanti all’iscrizione al valore»; tornato in Piemonte dopo la Restaurazione, arrivò al grado di generale di cavalleria e al rango di cugino del re. Incaricato dell’ordine pubblico, si distingueva per «efficienza e mancanza di scruopoli». Fece in tempo a reprimere una congiura di mazziniani, che avevano fatto breccia nelle file dell’esercito. Carlo Alberto lo definì «un fou, mais un fou utile», un pazzo, ma un pazzo utile (Treccani).
Vita Gabriele è figlio del conte Angelo Maria (1912-1998) e della contessa Carla (nata Fontana, 1917-2019), nipote di un senatore del regno. Ha tre fratelli: Marco (n. 1944), Elena e Eugenia • Sono gente altolocata, ma vivono in tempi difficili. Il conte Angelo, come da tradizione di famiglia, è un alto ufficiale del regio esercito e nel 1940, all’indomani delle nozze, parte per la guerra. La contessa Carla «nel ’43 era tornata alla casa di Monasterolo di Savigliano su un carretto, nascosta sotto la paglia per proteggere la vita che portava in grembo. Via, lontano dalle bombe che devastavano Torino». Anni dopo racconterà ai nipoti «di quella fuga, della povertà e di quell’uovo diviso a metà per illudersi di aver cenato» (Ilaria Dotta, La Stampa, 8/8/2017). Risultato: Carla diventa una donna «gentile e determinata, orgogliosa e sempre pronta a rimboccarsi le maniche». Dopo la guerra, Angelo Maria fa una grande carriera: diventa generale di corpo d’armata, sottocapo di Stato maggiore, presidente del Consiglio superiore delle forze armate capo del Comando delle forze terrestri dell’Alleanza atlantica del Sud Europa. Viene trasferito 27 volte, in totale. La moglie gli è sempre a fianco • Gabriele, il loro secondo maschio, nasce a Roma quando ormai la nobiltà è stata abolita. Prende la maturità classica all’Ennio Quirino Visconti, lo stesso liceo dove hanno studiato Giulio Andreotti e Pio XII. Si laurea in legge con il massimo dei voti e una tesi in scienza delle finanze. Per qualche tempo fa l’assistente universtario, lavorando fianco a fianco con l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco. Poi prende un master in business administration alla Columbia University di New York e si lascia alle spalle la carriera accademica • Dal 1971 al 1973 è al Banco di Roma come responsabile delle analisi finanziarie e poi dell’Ufficio finanziamenti internazionali. Sono gli stessi ambienti in cui, vent’anni prima di lui, si è formato Cesare Romiti. «Dal 74 al 76 lavora per la Saint Gobain, prima in Italia e poi a Parigi, dove stringe amicizie e rapporti che gli serviranno quando, chiamato da Cesare Romiti, nel 77 approda al settore Finanza estera della Fiat» (la Repubblica). Galateri viene «allevato alla scuola del potere poco emotivo di Umberto Agnelli, di cui l’Avvocato diceva “per fare la finanza ci vuole l’intelligenza distaccata e fredda di mio fratello”» (Bricco). I colleghi lo definiscono «persona garbata e professionista puntiglioso». Nel 1986 è nominato amministratore dell’IFIL (Istituto Finanziario Industriale Laniero), la società d’investimento controllata dalla famiglia Agnelli. «Per quasi un decennio si occupa della strategia dell’Ifil che trasforma da piccola finanziaria in una forte società attiva e con successo nei settori della carta, degli alimentari, del turismo, della grande distribuzione. È all’Ifil che mostra le sue vere doti di finanziere con il fiuto per gli affari che riesce a condurre in porto anche grazie al suo carattere tenace» (la Repubblica). «Non ha sbagliato un colpo. Una prima volta è successo a metà degli Anni Ottanta quando, per liquidare la Lafico (ossia Gheddafi) Ifil - conferite alla Fiat la Fidis, la Toro e la Rinascente - aveva in cassaforte solo un 6/7% del gruppo del Lingotto (allora si diceva di Corso Marconi) e 200 miliardi di liquidità. Galateri si è reinventato un primo futuro partendo dall’alimentare e in cassa sono finite le acque minerali, la Galbani, quote di Bsn Danone e di Star e, in Francia, lo zucchero. La nuova frontiera dell’Ifil si è poi arricchita, via via, di alleanze e partecipazioni nel turismo (Alpitour, Club Med, gh hotel con Accori fino a conquistare il gruppo Worms con Someal. Una seconda volta, una parziale riconversione di marcia è stata imposta dalla crisi della Fiat nei primi Anni Novanta: l’Ifìl ha dovuto riprendersi la Rinascente, poi alleata con Auchan ed acquisire la Juventus. Reinventare il futuro, aggiustare il perimetro, costruire e sviluppare nuove traiettorie industriali, e ridisegnare i confini delle province nel momento opportuno è un compito davvero complesso. Galateri […] lo ha compiuto con lucidità e perizia: grazie alla capacità di coniugare rigore e moderazione, determinazione con affabilità, solide relazioni sul piano nazionale e internazionale con l’assoluto rifiuto delle furbizie e dei raggiri così usuali in campo finanziario. E lo ha fatto con grande understatement: con molto intuito ma senza arroganza, con diligenza e senza smania di primo piano» (Flavia Podestà, La Stampa, 28/6/2002) • «Quel che è certo è che, nonostante il carattere riservato, Galateri è il classico uomo forte. Nel ‘97, quando Francois Pinault tentò un’opa ostile contro il principale alleato francese dell’Ifil, la Worms, Galateri andò su tutte le furie: “Quando si lavora da anni per valorizzare un gruppo e qualcuno sbarca al momento del dessert per impossessarsene e sbaraccarlo, una reazione vigorosa mi sembra normale”. E lanciò una contro-opa vincente» (Paolo Griseri, la Repubblica, 28/6/2002). Le imprese finanziarie di Galateri piacciono agli Agnelli. Nel 1993 lo nominano direttore generale della IFI (Istituto Finanziario Industriale), cassaforte della famiglia. Il 30 novembre 1995 diventa uno dei pochi «membri laici» chiamati a far parte dell’accomandita Giovanni Agnelli B.V, il sancta sanctorum. «Da quel giorno Galateri ha smesso di essere definito in funzione di qualcun altro: non era più solamente “il braccio destro di Umberto”» (Griseri).
Fiat Il 27 giugno 2002 viene nominato ad della Fiat, mentre l’avvocato Paolo Fresco diventa presidente. Sono anni di crisi, ma lui si mostra fiducioso: «In questa azienda ho visto tanti periodi difficili e ho sempre sperimentato la reazione decisa e compatta con la quale le persone hanno saputo recuperare». «Riuscirà Galateri a portare la Fiat fuori dalle secche mantenendo a Torino l’insediamento industriale dell’auto? Questa, in fondo, è la richiesta che gli fanno la città e una parte degli azionisti, in primo luogo l’Avvocato. Una missione forse difficile» (Griseri). Galateri è ad da nemmeno cinque mesi quando gli piombano addosso le prime avvisaglie di un urugano. È un tranquillo pomeriggio torinese quando Umberto Agnelli lo convoca in corso Matteotti, sede dell’IFI, dove hanno lavorato gomito a gomito per quindici anni. «Galateri, reduce dalla settimana di fuoco che aveva portato la Fiat a partire con la cassa integrazione dopo la rottura dell’incontro tra governo e sindacati, aveva lasciato il Lingotto senza immaginare che stava per ricevere il preavviso di licenziamento dall’uomo di cui era stato il più fedele dei collaboratori.
Umberto lo accoglie con una freddezza inconsueta e gli dice: “Caro Galateri, lei ci ha detto più volte di essere sfinito per l’incarico che le abbiamo chiesto di accettare. Volevo dirle che abbiamo trovato il suo sostituto e che quindi lei può lasciare la carica di amministratore delegato della Fiat...”. Galateri trasecola: “Ma come - dice - siete stati voi a costringermi, per il bene del gruppo, ad accettare di succedere a Paolo Cantarella. Io ho sempre detto che sarei rimasto in Fiat a lungo solo con lei come presidente. Ma ora devo completare il piano che ho appena avviato. Non più tardi di ieri mi avete mandato in televisione a parlare del futuro della Fiat davanti a milioni di italiani... Mi serve tempo fino a febbraio-marzo per condurre in porto le trattative con la General Motors...”. Umberto appare irremovibile e rincara anche la dose quando fa capire a Galateri non solo che non potrà tornare in Ifi ma che dovrà anche lasciare l’accomandita, di cui è uno dei pochi soci esterni al clan». Galateri se ne va sconvolto e pieno di dubbi: cosa può essere successo? Il giorno dopo parla di nuovo con Umberto, poi telefona all’Avvocato che gli dice di non sapere nulla. «Devo vedere mio fratello alle 17, poi la vedrà a cena a casa mia come ogni domenica e là chiariremo tutto». Alle 20 Galateri si presenta isieme alla moglie a Villa Frescot, casa di Gianni Agnelli sulle colline torinesi. Il maggiordomo, il fido Brunetto, gli chiede di accomodarsi al piano superiore. «Ed è lì in quello studio marrone in pelle e in legno, con i divani sdruciti che sorprendono sempre gli ospiti, che si consuma la rottura. In pochi minuti, Agnelli conferma a Galateri che la decisione è stata presa: al posto suo e di Paolo Fresco arriveranno Enrico Bondi e Gianluigi Gabetti. “Mi dispiace” dice in sostanza l’Avvocato “ma non possiamo aspettare oltre” […] I Galateri, a quel punto, lasciano Villa Frescot. C’è perfino chi racconta di una Marella Agnelli in lacrime per il dramma umano svoltosi sotto i suoi occhi. La tavola apparecchiata resta deserta». La rottura è traumatica. Qualcuno sostiene che Galateri fosse sull’orlo di un esaurimento nervoso, chi dice che non voleva firmare il prossimo bilancio Fiat, chi racconta che i suoi rapporti con Fresco non fossero tra i più sereni. «In realtà – è la spiegazione di un manager che ha seguito tutta la vicenda - le cose sono molto più semplici: Fresco e Galateri sono stati immolati sull’altare di un accordo stretto tra Umberto Agnelli, sempre più in sella al gruppo dopo la malattia del fratello, Mediobanca e il governo. Basti pensare che l’amministratore delegato di Piazzetta Cuccia, Vincenzo Maranghi, è stato due volte a Torino negli ultimi giorni. Umberto - racconta la stessa fonte - va in giro dicendo che lui non si metterebbe mai nelle mani di Mediobanca e che aveva pensato anche a Corrado Passera e a Paolo Scaroni per il posto di amministratore delegato della Fiat. Fatto sta che ha scelto, Enrico Bondi, un uomo che negli ultimi anni ha preso ordini solo da Piazzetta Cuccia e questo la dice lunga”. “Vi siete domandati - aggiunge il manager - come mai in pochi giorni Berlusconi dà il benservito al management Fiat, Montezemolo dà le pagelle a 360 gradi alla classe dirigente italiana e Della Valle si fa avanti per rilevare le quote Fiat in Hdp, la società che controlla il Corriere della Sera? Fate due conti e vedrete che un filo rosso che tiene tutto insieme...”» (Enrico Romagna Manoja, la Repubblica, 10/12/2002).
Mediobanca «Da un destino di rovina degno dei Buddenbrook, gli Agnelli si salvano grazie allo sconosciuto Sergio Marchionne. In quel momento il capitalismo italiano vive più di una discontinuità. E, dentro al fortino di Mediobanca, nel 2003 l’estromissione di Vincenzo Maranghi è consumata dal blocco mercatista di UniCredit, neo-papalino di Capitalia e faziano (nel senso di Antonio) della Banca d’Italia. Maranghi non vuole nemmeno la liquidazione. Il prezzo è la continuità della scuola cucciana, che sarebbe poi tornata in cattedra in questi giorni nell’operazione Generali: Alberto Nagel e Renato Pagliaro capi operativi. Ancora una volta, nel complesso gioco a scacchi del potere e delle competenze, dei silenzi e delle decisioni, Galateri è scelto come presidente. Lo resta fino al 2007, quando prenderà il suo posto il tutt’altro che sabaudo Cesare Geronzi» (Bricco).
Telecom «Viene chiamato alla presidenza di Telecom anche grazie al network internazionale, tenuto vivo dalla frequentazione degli Alumni della Columbia che annoverano César Alierta, numero uno di Telefonica, azionista di Telecom» (Bricco).
Generali Nel 2019 l’assemblea dei grandi soci di Generali modificò la norma dello statuto che fissa in 70 anni il limite di età massima del presidente per consentirgli di ricoprire un terzo mandato.
Amori Marito di Evelina Christillin (n. 1955), ex compagna di scuola di Margherita Agnelli, ex campionessa di sci, ex addetta stampa della Fiat, ex presidente del comitato per le Olimpiadi di Torino 2006, ex presidente della Filarmonica ’900 del Teatro Regio, del Teatro Stabile e del Museo Egizio, ora dirigente della Uefa e della Fifa. Mio marito mi dà sicurezza. È il mio contrario: calmo, posato, razionale. Io parto per la quarta». Si conobbero al Pick Up, una discoteca di Torino. «Lui era appena rientrato da Parigi, dove era direttore finanziario della Saint Gobain e stava per entrare in Fiat. Quella sera c’era una festa privata. Lui chiese a uno dei suoi cugini chi fosse quella ragazza vestita di bianco. Gli rispose “si chiama Evelina Christillin, fai attenzione perché abita lontano e bisogna riaccompagnarla a casa”. Vivevo in collina. Dopo ci è venuto a stare anche lui». Si sposarono l’8 dicembre 1979, lui aveva 33 anni, lei 23. «Non sono sempre state rose e fiori ma siamo qui».
Prole Una figlia, Virginia, classe 1980, che nel 2016 ha fondato l’agenzia di comunicazione PR Pilot Room, operativa nel settore del lusso a livello internazionale, è testimonial dell’Unicef e scrive di moda su Vogue.it.
Nipoti Due nipoti, Bianca e Ruggero.
Casa Vive con la moglie in una villa in strada San Vito a Revigliasco, una costruzione a due piani, il secondo mansardato, con numerose porte-finestre a livello del prato, a pochi chilometri dal capoluogo piemontese. Nel novembre 2006 alcuni ladri gli entrarono in casa, misero assieme un bottino di oltre 250 mila euro tra gioielli e cimeli sportivi. Racconta la moglie: «Hanno fatto piazza pulita. Mi hanno portato via tutte le medaglie olimpiche in oro, tantissimi premi. Mi hanno lasciato soltanto le maglie della Juve, evidentemente si sono accorti che erano di difficile commercializzazione». Al momento del colpo, in casa, c’era solo suo suocero, l’ingegnere Emilio Christillin, ex presidente dell’Aci, all’epoca 84enne, che non si accorse di nulla.
Grane Nel luglio 1993, durante Tangentopoli, fu interrogato da Antonio Di Pietro.
Curiosità Gioca a tennis • Pratica lo sci e il nuoto • Schivo, poco amante della mondanità e dei salotti ai quali preferisce il suo tranquillo castello nella campagna cuneese o la spiaggia ligure di Varigotti • Parla correntemente inglese e francese • Nel gennaio 2018 consigliò tre libri ai lettori del Foglio: Luci a Nord Est. Immagini e parole dal Friuli Venezia Giulia di Paolo Rumiz e Ulderica Da Pozzo (Forum Edizioni, 2011), I robot e noi di Maria Chiara Carrozza (Il Mulino, 2017), L’innominabile attuale di Roberto Calasso (Adelphi, 2017) • Ama la Pastorale di Beethoven • Il 7 dicembre 2021 era in prima fila alla Prima della Scala • Sostiene la Fondazione Piemontese per le Ricerche sul Cancro, la Comunità «Arco» per il recupero dei tossicodipendenti, i progetti della Fondazione Edoardo Agnelli per le persone in difficoltà • Suo fratello Marco, si è laureato in ingegneria elettronica, è stato ufficiale dell’aeronautica, presidente dell’Accademia di Brera, e gestisce un’azienda che progetta impianti industriali per la produzione di tensioattivi, detergenti, saponi e prodotti oleochimici • Le quattro caratteristiche di un capo, secondo lui: audacia, coerenza, empatia ed etica • «Che tipo di insegnamento si può trarre da un cursus honorum del suo livello? “Quello che posso dire è che bisogna ‘darci dentro’, essere sempre consapevoli dei propri impegni e affrontarli con determinazione e senso del dovere. Qui sicuramente ha influito il fatto di essere figlio di un generale e aver passato parte dell’infanzia in caserma”» (alla Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi).
Titoli di coda La contessa Carla Galateri di Genola è morta nel gennaio 2019, munita dei conforti religiosi. Aveva 101. Era arrivata ad avere 9 nipoti e 21 bisnipoti.