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 2022  gennaio 14 Venerdì calendario

Biografia di Francesco Amadori

Francesco Amadori, nato a Cesena (all’epoca in provincia di Forlì) il 15 gennaio 1932 (90 anni). Imprenditore. Cofondatore – insieme al fratello Arnaldo (1934-2017) – e presidente onorario del gruppo Amadori (rappresentante circa il 30% del mercato delle carni bianche in Italia, con oltre 1,2 miliardi di euro di fatturato e 8.500 dipendenti nel 2020). «Sicuramente è l’avicoltore più conosciuto d’Italia, perché negli anni Novanta è stato fra i primi, con una campagna pubblicitaria sbrigativamente definibile “all’americana”, ad aver messo la propria “faccia”, e soprattutto la “parola”, inconfondibilmente roca, a garanzia della qualità dei prodotti del suo gruppo» (Francesco Pippi). «Conosco i miei polli: ve li garantisco io e ci metto la mia firma» • «Sul pollo e dintorni si è costruito una cultura infinita: ha imparato a respirare la materia già negli anni Trenta. Ricorda che mamma Ondina e papà Agostino si occupavano di commercializzare pollame e animali da cortile. “Giravano la campagna per acquistare il pollame per poi andare a rivenderlo ai mercati di paese. Io ho iniziato a prendere parte alla loro fatica quando avevo ancora i calzoni corti, dieci-dodici anni, insomma. Anche i miei fratelli Arnaldo e Adelmo vissero in prima persona quell’esperienza di lavoro e di grande valore umano. Se devo dire di me, quella stagione non l’ho mai messa da parte. Erano momenti non certo facili, si viveva di piccole cose, però si imparava a vivere e, per noi ragazzi, a crescere in fretta”. […] Intanto viene la guerra. La ricostruzione. Finalmente gli anni Cinquanta. Gli Amadori capiscono che è necessario operare un salto in avanti nel momento in cui si fanno strada i primi esempi di avicoltura post-rurale. “A quel punto partiamo anche con l’allevamento, incominciamo a fare per davvero gli imprenditori seppur ancora in embrione. In pochi anni tocchiamo con mano che è stata una scelta giusta”» (Enzo Manes). Il primo stabilimento, fondato nella frazione cesenate di San Vittore, «dà già buoni frutti, e da lì a poco verranno realizzati molti altri allevamenti. Negli anni Sessanta, conquistati i primi posti in Italia nel settore dell’allevamento, gli Amadori decidono di completare l’intero sistema di filiera integrata: costruiscono il primo mangimificio (1965), il primo incubatoio (1966) e il primo impianto di macellazione (1968)» (Pippi). Nel 1973 «gli viene assegnato il premio come imprenditore emergente nell’Italia del boom economico. Il Mercurio d’oro, questo il riconoscimento, lo riceve dalle mani di Giulio Andreotti» (Manes) [Tempi 27/9/2007]. «Gli anni Settanta sono caratterizzati da una crescita costante: la distribuzione dei prodotti diventa nazionale e nasce un secondo polo produttivo in Abruzzo. Qui, dai primi allevamenti nel 1979, si arriva nel giro di due anni alla filiera completa (allevamenti, incubatoi, mangimifici, macellazione e commercializzazione). Negli anni Ottanta si muovono i primi passi verso le innovazioni di prodotto: compaiono i primi prodotti preparati tipici delle “aziende alimentari”. Negli stessi anni comincia il processo di valorizzazione del marchio con le prime campagne pubblicitarie nazionali. Gli anni Novanta sono caratterizzati dalla specializzazione: entra in funzione un nuovo impianto per la produzione degli impanati (Teramo, 1993) e dei würstel (Cesena, 1998)» (Pippi). «Nel 1998 ci fu la separazione fra i due fratelli: Arnaldo lasciò l’azienda (ma i suoi eredi sono ancora all’interno) incassando una quarantina di miliardi di lire, e si trasferì prima in Tanzania e poi in Brasile, dove morì» (Paolo Morelli). Nel frattempo «il portafoglio dei prodotti a firma Amadori si gonfia, e l’azienda prende a guardare oltre i confini nazionali. E l’Europa gradisce» (Manes). «Nel maggio 1999 in Belgio scoppiò il caso dei polli alla diossina: crollo del 40% delle vendite, anche se in Italia non c’era nessun problema… Sono andato in televisione per garantire la salute dei polli e la genuinità dei prodotti». «Nel giugno 1999 l’esordio negli spot televisivi: Francesco diventa il testimonial ufficiale, e il suo slogan “Parola di Francesco Amadori” diventa un tormentone» (Andrea Rinaldi). «Nel 2002 Francesco Amadori riceve dalle mani di Carlo Azeglio Ciampi il titolo di Cavaliere del lavoro. […] Vengono inoltre acquisite realtà storiche dell’avicoltura italiana in Lombardia e viene rilevata un’azienda a filiera integrata per la produzione di tacchini a Monteriggioni, nei pressi di Siena. […] Nel 2005 Amadori acquisisce la Del Campo, un’importante azienda del settore a Santa Sofia, nel territorio forlivese» (Rinaldi). Nell’aprile 2015 Francesco Amadori ha ceduto la guida dell’azienda ai figli Flavio e Denis. «Francesco Amadori è in pensione, ma non manca mai alle feste e agli incontri nei paesi dei suoi stabilimenti» (Jenner Meletti) • «Il fiore all’occhiello è senza alcun dubbio quello che Amadori ha battezzato “il pollo della nonna”: il Campese, nel catalogo dell’azienda, il cui must è quello di venire allevato all’aperto, in un’ottantina di allevamenti tutti in Puglia per le favorevoli condizioni climatiche, con un ciclo di produzione che ha un minimo di 56 giorni, e con un’alimentazione rappresentata da almeno il 70 per cento di cereali (oltre a soia e sali minerali) tutti rigorosamente no-ogm. Il mercato ne ha decretato il pieno successo» (Francesco Jori) • Vedovo di Pierina «Mentana» Campana, quattro figli: Flavio, Denis, Loretta e Patrizia. «Un padre esigente, lo definiscono i figli: “Quando uno ha quello che gli serve per vivere, che altro deve chiedere…”, fa eco lui. Flavio, che è direttore generale, ha iniziato a lavorare nell’azienda ad appena 21 anni. “Non ricordo che abbia mai sottolineato i nostri risultati con parole di consenso…”, dice. “Sono cose che si pensano ma non si dicono”, afferma di rimando Francesco, rimarcando la sua ineludibile sobrietà. Ma ha un sorriso che gli sfugge da un angolo delle labbra. Denis […] ha seguito, invece, un percorso di formazione manageriale: laurea in Economia, sei mesi in Inghilterra, esperienza di lavoro presso un broker e gavetta nel gruppo. “Da piccolo – dice, divertendo gli altri – pensavo di comprarmi una macchinetta per fare i soldi, ma poi mi sono dovuto piegare ai valori di mio padre, che ci ha insegnato il sacrificio e l’onestà nel lavoro. È vero, comunque, che, di complimenti, ce ne ha fatti pochi. ‘Sei forse una bella donna?’, mi dice quando me ne lamento. Gli riconosco, tuttavia, di essere ancora quello che la sa più lunga di tutti noi”. […] Con un po’ di dispiacere da parte di Francesco (“Ma soltanto all’inizio…”), non hanno voluto entrare a far parte dell’azienda le altre due figlie, Patrizia, che fa l’insegnante di inglese, e Loretta, che gestisce una piccola azienda di comunicazione e immagine» (Elide Giordani) • «Un self-made man tanto legato ai valori della propria famiglia e della propria terra quanto pronto ad oltrepassare i dolci e un po’ brumosi paesaggi emiliani per aggredire con determinazione, oltre al mercato nazionale, anche quello internazionale» (Pippi). «Uomo dall’aspetto modesto, l’accento impresso dalla sua identità di romagnolo d’altri tempi, l’espressione quieta e schiva che maschera la sua grinta e la sua lungimiranza d’imprenditore di grande successo. […] Con lui i polli cesenati hanno finito per volare alto, molto in alto. Il nucleo operativo è ancora a San Vittore di Cesena, periferia campagnola diventata produttiva grazie al gruppo Amadori, ma il marchio della famiglia cesenate gira nel mondo. “Lavoro, lavoro, serietà, onestà e niente sprechi” è la sua formula. È modesto, tace delle sue capacità, ma ha allevato figli e nipoti alla stessa dottrina. Lussi, mega-ville e macchine costose non fanno parte dello stile di famiglia. “Anche una bella macchina è uno spreco…”, dice senz’ombra di ironia. Del resto, basta guardarsi intorno: la sede dell’azienda è soprattutto funzionale. […] Né fronzoli, né sogni grandiosi» (Giordani) • «Quello dei polli, imitato in maniera sublime da Fiorello» (Aldo Grasso) • «Per noi la questione della sicurezza alimentare non è venuta fuori dopo l’avvento dell’aviaria. Noi non siamo dovuti correre ai ripari per metterci in riga. Eravamo a posto, e posso dire da sempre. E infatti il consumatore finale ce lo ha riconosciuto. Per l’azienda Amadori è il riconoscimento più importante». «Qualcosa di buono, lo abbiamo fatto. Noi ci mettiamo tutto, nel lavoro: non ci risparmiamo, ogni giorno è fondamentale che riesca al meglio. Di lì non si scappa, se vuoi provare a fare per bene le cose» • «Si sarebbe mai aspettato di lasciare in eredità ai suoi bisnipoti una mega-azienda? “Ho badato soprattutto a lavorare, a investire… Certo, oggi le necessità sono diverse. Noi eravamo spinti dal bisogno, e fare impresa era meno complicato”» (Giordani) • «Col tempo ho imparato a far fruttare tutto, anche i problemi».