17 gennaio 2022
Tags : Katia Ricciarelli (Catuscia Maria Stella R.)
Biografia di Katia Ricciarelli (Catuscia Maria Stella R.)
Katia Ricciarelli (Catuscia Maria Stella R.), nata a Rovigo il 18 gennaio 1946 (76 anni). Soprano. Attrice. Personaggio televisivo • «Una delle voci liriche più belle d’Italia» (Giulio Pasqui, Fatto, 14/12/2021) • «Grazie a una voce dal timbro caldo e chiaro, si è votata al repertorio di soprano lirico dalle corde elegiache. Molti suoi personaggi (Mimì soprattutto) appartengono, di fatto, al prototipo dell’eroina infelice e contrastata, che si esprime vocalmente in toni suadenti e palpitanti» (Lorenzo Tozzi, Enciclopedia italiana, Treccani, V appendice, 1994) • Dicono sia stata aiutata dalla bellezza («Pelle d’alabastro e occhi azzurri di trasparente intensità») • Studi al Conservatorio di Venezia, nel 1969 debuttò a Mantova nella Bohème, nel 1971 vinse il concorso internazionale televisivo della Rai per giovani voci verdiane, nel 1973 arrivò alla Scala. Da allora si esibita al Covent Garden di Londra, al Metropolitan di New York, a Parigi, Bruxelles e San Francisco, al fianco di artisti come Mario Del Monaco, Franco Corelli, Plácido Domingo e Luciano Pavarotti. Una degli artefici della «Rossini-Renaissance» degli anni Ottanta, nel 1986 è stata Desdemona nell’Otello diretto da Franco Zeffirelli. Dopo una lunga (13 anni) e tempestosa relazione d’amore con il collega José Carreras, dal 1986 al 2004 è stata sposata con Pippo Baudo. Alle soglie dei sessant’anni, si cimentò con il cinema. Tra i suoi film: La seconda notte di nozze (Pupi Avati, 2005), Bianco e nero (Cristina Comencini, 2008), Gli amici del bar Margherita (Pupi Avati, 2009), La sedia della felicità (Carlo Mazzacurati, 2014), Mancino naturale (Salvatore Allocca, 2021). Vista in tivù, tra le altre cose, in: Don Matteo 4 (Rai 1, 2004), Carabinieri 7 (Canale 5, 2008) e Un passo dal cielo (Rai 1, 2011-2015). È stata concorrente de La fattoria (Canale 5, 2006), Il cantante mascherato (Rai 1, 2021) e del Grande Fratello VIP (Canale 5, 2021-2022) • «“Da bambina pensavo che la mia voce fosse una malattia, invece era una benedizione”, ha rivelato recentemente. Proprio grazie a quella voce, la sua carriera professionale è stata sbalorditiva» (Pasqui) • Ha detto: «Se potessi fotografare la mia anima, la troverei sì luminosa, sfavillante, ma cosparsa di ferite, cicatrici, segni di un’esistenza difficile e combattuta».
Titoli di testa «Non so perché il direttore di Panorama abbia mandato proprio me a parlare con Katia Ricciarelli del suo nuovo libro, considerato che s’intitola Da donna a donna […] Forse avrà pensato che fra veneti, a dispetto del genere, ne sarebbe scaturita qualche verità in più. In effetti la prima e unica volta che cenai con la soprano, anni fa, lei mi elargì un giudizio inaspettato e molto terragno sull’ex marito Pippo Baudo: “Xe un gambo de sedano”. Che fra i contadini della Serenissima equivale a “lòngo e s-ciào”, detto con perfida indulgenza dell’uomo che abbia la sua dote migliore nella statura ragguardevole. È questa cristallina genuinità a fare della cantante […] la candidata ideale per un’intervista senza reticenze» (Stefano Lorenzetto, Panorama, 4/2/2015).
Vita «Catuscia, all’anagrafe. “Sì, senza la ‘i’. Mia madre voleva chiamarmi Katiuscia, come la protagonista di Resurrezione di Lev Tolstoj, ma il parroco si oppose: ‘No xe un nome cristian’. Così fui battezzata Catuscia Maria Stella. Festeggio il giorno di Santa Caterina”. Ha preso il cognome dalla mamma. “Molara Ricciarelli, toscana di Rosignano. Sposò Mariano Pepi, che andò a farsi accoppare in Russia come volontario con l’Armir, lasciandola da sola con Maria Luisa e Anna, le mie sorelle. Dovette emigrare in Germania. Raccoglieva patate. Conobbe un veneto che la mise incinta e le promise di sposarla. Invece, tornati in Italia, ad attenderlo alla stazione di Rovigo c’erano moglie e figlio. Mia madre non ha mai voluto farmelo conoscere. L’unico ricordo che ho di lui è una foto che mi fu scattata da quindicenne mentre cantavo in sanatorio, per un’iniziativa benefica del Comune di Rovigo: vi era ritratto un uomo emaciato, steso nel letto. Mio padre”» (Lorenzetto). Non avendo un papà, Katia cresce adorando la mamma. «Si proponeva nelle case per lavare i panni, l’assunzione da bidella fu un traguardo» (ad Arianna Finos, la Repubblica, 18/1/2021). «Era ancora giovane e molto bella, le sue amiche cercavano di combinare matrimoni per lei, che si presentava agli appuntamenti portandomi con sé e usandomi come pretesto per negarsi. Una volta abbiamo anche incontrato un omosessuale». I Ricciarelli crescono nel paese di Bassanello («dove, come se non mi fosse bastata quella in Polesine nel 1951, finii alluvionata una seconda volta nel 1966»). A otto anni, Katia ha già una voce «lirica»: «Impostata, piena, ne avevo quasi vergogna. Mi sembrava di aver a che fare con una bestia più grande di me. Eppure ho dovuto fare gavetta e sacrifici: cantavo nelle carceri o al circo per portare soldi in famiglia». «Sono stata povera, ma povera davvero. Ho lavorato in fabbrica, facevo i transistor, i primi registratori; poi la commessa alla Upim». «Mica facile farsi largo, per una ragazza nata nel Polesine. “Devo tutto a Ludovico Petrolini, un bancario, appassionato di lirica. Sentì cantare l’Ave Maria di Schubert, bussò alla porta e mi vide alla pianola in cucina. ‘Ma questo è un angelo!’ esclamò. Volle pagarmi gli studi. Avevo 17 anni”» (Lorenzetto). «Tutti parlavano di Iris Adami Corradetti, ex celebre cantante […] Andai da lei e le dissi che volevo studiare con lei. Mi sorrise, sedette al pianoforte e mi fece cantare qualche cosa. “Sei molto brava”, disse, “ma sei troppo giovane. Se vuoi diventare una cantante, non devi sforzare la voce ora che le tue corde vocali sono in formazione. Torna da me quando avrai compiuto 18 anni”. A 18 andai a Padova in cerca della Corradetti. Si ricordava di me. Insegnava solo al Conservatorio di Venezia. Mi iscrissi e divenne la mia insegnante. Il viaggio giornaliero Rovigo-Venezia e ritorno era un inferno. Decisi di fermarmi a Venezia. Trovai una stanza che dividevo con un’altra ragazza, povera come me. Per sostenere le spese, risparmiavamo su tutto. Compreso il cibo. Furono gli anni più tristi della mia vita». «“A Venezia conobbi un benedettino, mi dava lezioni di canto gregoriano. Io avevo 18 anni, lui 33. Mi trattava come una figlia. Finì per convincermi che la mia vocazione era per la vita monastica. Volle addirittura farmi fotografare vestita da suora. Ben presto mi resi conto che s’era innamorato e, non potendo possedermi fisicamente, pretendeva che nessun altro mi avesse. Mi sentii tradita. Lui reagì facendomi passare per matta. Diceva delle cose che poi si rimangiava, sostenendo che erano un parto della mia fantasia”. Come finì? “Tentai il suicidio con i sonniferi nel mio alloggio di Campo San Canzian, vicino al ponte di Rialto. Fu mia madre a ritrovarmi esanime e a salvarmi”. Anche Carlo Bernini, il dc che fu per una decina d’anni presidente della Regione Veneto e poi ministro, mi parlò di lei come di una figlia adottiva. “E infatti volle persino farmi da testimone di nozze”. Si direbbe che la giovane Katia cercasse in persone più anziane il padre che le era mancato. “È così”» (Lorenzetto). «Venezia era un ambiente chiuso. Non avevamo amicizie. Eravamo sempre senza soldi e quindi non potevamo uscire da sole. Avevo il cuore che mi scoppiava. Per rabbia studiavo ore e ore. Tenni duro e mi diplomai con il massimo dei voti». Finiti gli studi, decide di partecipare al concorso dell’Associazione lirica concertistica italiana di Milano. «Avevo trionfato nelle selezioni e nelle semifinali. Ero sicura della vittoria. Per la finale scelsi l’Ave Maria dell’Otello di Verdi, un brano adattissimo alle mie dote vocali, che mi permettono di emettere note limpide ed eseguire “filati” pianissimi, che sembravano venire dal cielo. Ma durante l’esibizione, arrivata a quella magica nota finale, rimasi senza voce. Fiasco. Avrei voluto piangere, sprofondarmi, sparire, scappare. Ma mi venne in aiuto il mio carattere puntiglioso. Rimasi lì, ferma, impietrita per qualche attimo, poi chiesi alla giuria di poter ripetere la romanza. Mi fu concesso e lo feci con una tale maestria, una tale perfezione, da commuovere tutti e vinsi». È grazie a quella vittoria che arriva il suo debutto sul palco. «Era il 2 ottobre 1969, al Teatro Sociale di Mantova. Era la protagonista della Bohème di Puccini. Avevo 23 anni. Ricordo tutto di quella sera, andò tutto benissimo». La sua consacrazione definitiva arriva nel 1971, quando, per i settant’anni dalla morte di Giuseppe Verdi, la Rai organizza il primo concorso televisivo per voci liriche. «Le varie fasi del concorso furono registrate e venivano trasmesse la domenica sera in televisione. Era come se la gara si svolgesse davanti a una platea immensa. E subito, fin dalla prima puntata, divenni la beniamina del pubblico televisivo. Accompagnata dall’Orchestra della Rai, cantai l’aria di Medora, dal Corsaro di Verdi […] Al termine della mia esibizione, il pubblico che gremiva l’auditorium mi tributò un applauso interminabile. Dieci minuti di ovazione e, anche se il regolamento non lo permetteva, fui costretta a tornare per due volte al proscenio a ringraziare. Al concorso ero stata accompagnata dalla mia maestra, Iris Adami Corradetti, e da mia madre. In albergo, dopo la vittoria, festeggiammo. La mia maestra ripeteva a tutti: “Io l’ho creata”. E mia madre, di rimando: “Sì, ma io l’ho fatta nascere”. Quelle affettuose scaramuccie mi facevano venire le lacrime agli occhi. Mi davano una gioia interiore grandissima”» (a Chi).
Uomini «Non m’è mai interessato il bonazzo. Il mio primo uomo fu il figlio del proprietario della fabbrica di giradischi dove lavoravo a Rovigo e aveva una decina d’anni più di me. Ce ne misi quasi due a capire che per lui ero solo una delle tante. Un giorno che mi aspettava sulla sua Giulietta azzurra, invece di salire tirai dritto ed entrai nella Giulietta nera di un altro spasimante, il figlio del farmacista. Entrambi più rivisti» (Lorenzetto). • Poi si invaghì del basso Ruggero Raimondi («con le mie compagne di conservatorio andavo a sentirlo in loggione alla Fenice»), ebbe una storia con l’attore Alberto Sordi («Mi inviò cento rose bianche, i maligni dicono che le mise sul conto di una produzione, ero lusingata»), con l’imprenditore Giovanni Battista Meneghini («Avrebbe voluto fare di me un’altra Callas. Ma quando, durante l’ennesima passeggiata, con un lapsus freudiano mi chiamò Maria, ebbi un brivido»), con l’impresario teatrale Paolo Grassi («Mi scriveva decine di lettere d’amore, segnando giorno e ora. Invece di spedirmele, me le consegnava a mano»), poi con il tenore Mario Del Monaco («Adorabile pazzo. M’invitò nella sua villa di Lancenigo, nel Trevigiano. Il successivo appuntamento fu in piazza San Marco […] si presentò, in pieno agosto, con calzamaglia nera, stivali fino al ginocchio, cappello a larghe tese e bastone con il pomolo tempestato di pietre preziose. Girava su una Rolls-Royce che aveva le maniglie d’oro alle portiere. Nel 1974 accettò che comparissi al suo fianco nell’Otello. Alla prima venne giù il teatro. “Esci tu da sola a prenderti gli applausi, te li sei meritati” mi spronò. Il tempo di tornare commossa sul palco e lo sentii inveire da dietro le quinte perché gli stavo rubando la scena»).
José «Sono negata per le date, ma questa me la ricordo: 5 gennaio 1972. Il nostro primo incontro, alla vigilia della prima di Bohème al Regio di Parma. “Si tagli quella barba, la invecchia” lo apostrofai. L’indomani si presentò con il viso rasato. Era sposato da sei mesi. Dopo altri sei aveva già lasciato la moglie per me. Fu passione a prima vista. Eravamo pazzamente innamorati l’uno dell’altra, come due liceali. Fra alti e bassi, lo siamo stati per 13 anni» (Lorenzetto).
Pippo «Nel suo libro Baudo è citato 15 volte, Carreras 24. Significa che ha amato José un 60 per cento in più di Pippo? “È sempre stato un simpatico cialtrone. Però gli voglio ancora bene. Mi raccontava un sacco di balle. Ricordo un furioso litigio per strada a Londra: dalle sue tasche era saltato fuori il bigliettino di una corteggiatrice che gli diceva “omait”, cioè “ti amo” alla rovescia. Un’altra volta baruffammo a Ravenna e al ritorno in albergo mi fece trovare tutti i miei vestiti tagliati con le forbici a striscioline. Scenate terribili, perché io, come Carmen, accetto l’amore libero, ma resto sempre fedele a quello. Purtroppo si sa come sono fatti i tenori”. No, non lo so. Come sono fatti? “Le più fanatiche si gettano ai loro piedi. Pensi che subiva gli assalti persino uno come Luciano Pavarotti, sia detto con tutto il rispetto”. Sono simboli di potenza sessuale? “Ah, non credo. L’amor ghe picia nel çervèl. Come il do. A New Orleans cantavo La Bohème. In Che gelida manina il tenore diede un do di testa che lo fece cadere a terra svenuto”. Sempre in Da donna a donna la parola amore ricorre 111 volte, canto 28, lirica appena 16. Significa che il lavoro vale un 60 per cento in meno del sentimento? “Sì. Più di ogni cosa ha contato l’amore”» (Lorenzetto).
Fischi «Solo le mezze calzette non vengono mai fischiate» • Il suo rapporto conflittuale con il pubblico della Scala risale al 1973, quando si esibì in Suor Angelica di Puccini. «Nei giorni che precedettero l’esecuzione ci fu una grande campagna pubblicitaria a mio favore. Forse esagerata. I nemici organizzarono la vendetta. Fin dall’inizio dello spettacolo avvertii che il pubblico era diviso in due fazioni: i miei ammiratori e i miei nemici. Ogni applauso era turbato da fischi ingiustificati. Dopo la mia romanza Senza mamma, si sentì una voce gridare forte: “Sei divina, bravissima”. E scoppiò il finimondo. La Scala divenne un’arena infuocata. Le due fazioni del pubblico si insultavano ferocemente. Volarono pugni, calci, ci furono feriti» • «Ciò che mi ha più ferito sono stati i fischi alla Scala per la Luisa Miller, nell’89. Ho sentito l’odore del sangue appena in scena: non avevo neppure cantato una nota. Amo il pubblico italiano perché è vivo; ma quando si portano i fischietti a teatro è maleducazione». La leggenda racconta che al termine del duetto con il padre del terzo atto si lasciò scappare un «Dio vi maledica» al pubblico. «Quella sera Pippo Baudo schiaffeggiò un loggionista nel dopo-serata. Lei diventerà una diva della televisione e non metterà più piede alla Scala» (Panza).
Premi «Quando ha vinto il Nastro, gli altri attori come l’hanno presa? “Hanno rosicato tanto, e quando l’ho ritirato ero quasi imbarazzata, quasi mi vergognavo. E li capivo”» (Alessandro Ferrucci, il Fatto, 2/2/2020).
Politica Alle elezioni politiche del 2001 si candidò con il partito Democrazia europea (D’Antoni e Andreotti) come capolista alla Camera (ma non fu eletta), alle amministrative del 2012 fu capolista di un lista civica per il comune di Mira (Vicenza). Ora si dice né di destra né di sinistra. «I veri artisti appartengono al mondo, non a una parte, e chi crede il contrario è un povero deficiente».
Religione Nel 1998 espresse il desiderio di incontrare il Papa. «Lo ammiro moltissimo. Ma sono sposata a un divorziato e sembra che su di me sia calato il veto assoluto. Peccato».
Superstizione «È scaramantica? “Un tempo lo ero sotto molte forme, anche le più classiche come il gatto nero; adesso no, al massimo mi concedo il segno della croce» (Ferrucci).
Vizi «La stampa rosa ha lasciato intendere che all’origine del divorzio ci sia stata la sua passione per il gioco d’azzardo. “Che scemenza. Vado al casinò di Ca’ Noghera due o tre volte l’anno. Gioco solo con le slot machine e le prendo a calci se non vinco”» (Lorenzetto).
Curiosità Abita a Bardolino, sul lago di Garda. Si è trasferita lì dopo essersi innamorata dei tramonti sul lago • Dopo il divorzio con Baudo, trovò rifugio nella trattoria Ciccarelli di Dossobuono, in provincia di Verona, i cui piatti forti fettuccine ai tre sughi e il carrello dei bolliti con la pearà. Scelta deleteria per la dieta • Per anni ha avuto una cagnolina, Dorothy Benjamin Park in Ricciarelli. «L’ha salvata dalle auto che stavano per arrotarla a Nola, dove la cantante recitava in un musical su Enrico Caruso. Le venne perciò naturale chiamarla come la moglie del leggendario tenore» (Lorenzetto). Se la portava dietro ovunque e quando morì, nel 2018, ci rimase malissimo. «Prima ero sola come un cane. Ora sono sola e senza un cane» • Non ha la patente • Adora il calcio • Nel suo libro confessa «una sottile vena di malinconia che nasce dalla difficoltà a rassegnarmi a vivere in modo normale la quotidianità» • Dice di non essere venale • La definiscono pignola («Sul lavoro lo confermo, nella vita tutto il contrario») • Nel 2012 fu scelta per cantare l’Inno di Mameli allo stadio Olimpico di Roma prima della partita di rugby Italia – Nuova Zelanda, ma si dimenticò le parole • È stata vittima di uno stalker («si presentò a casa mia rompendo i vetri. Mia madre riuscì a rabbonirlo, diceva che voleva sposarmi. Al processo spiegò che lo avevo provocato guardandolo durante lo spettacolo, malgrado fosse in galleria») • «Che cosa non ha funzionato con Baudo? “Non lo so. Pensavo che fosse l’amore della mia vita. Siamo stati bene insieme, per tre anni. Poi è venuto a mancare il dialogo. Lo dico sempre ai ragazzi che si sposano: parlate, discutete, bisticciate, fate pace. Ma evitate il silenzio, perché alla fine non riuscirete più a parlare, vi diventerà difficile anche augurare la buonanotte”» (Lorenzetto) • Oggi il loro rapporto è sereno: «Per me non è il primo amore che non si scorda mai, ma l’ultimo. Gli voglio bene, avrei dovuto dirglielo anche in passato» • Si è commossa quando lui, nel 2019, all’Arena di Verona, in diretta su Rai 1, le disse con affetto di stare attenta a uno scalino • Ora ha un nuovo cane che si chiama Ciuffi • «Ho sempre davanti la fine che fece la mia sorella maggiore una domenica del 1961. Con il marito e i loro due bambini stava raggiungendo a piedi la nostra casa. La figlia Stefania chiese al padre: “Mi allacci la scarpa?”. Maria Luisa, con istinto materno, lo anticipò. Si chinò e fu falciata da un’auto» (Lorenzetto) • È rimasta sempre legatissima alla mamma. «Le regalavo pellicce e tanti anelli che non toglieva mai. Prima di morire era così magra che per non farli scivolare dalle dita teneva le mani rivolte in alto». «Mia madre è sepolta dal 1991 a Milano. Sono andata a trovarla solo due volte. Però ci parlo insieme ogni giorno» (Lorenzetto) • «Di cosa ha paura? “Di niente, neanche della vecchiaia, e se posso scegliere, preferisco morire di un colpo secco”» (Ferrucci).
Titoli di coda «L’attore Fabio Testi, al Grande Fratello Vip, ha raccontato di avere avuto una relazione con lei. È vero? “Ho trovato questa uscita inelegante e villana. Conosco Fabio Testi e siamo delle stesse zone ma non c’è mai stata alcuna relazione tra noi” Katia si ferma e aggiunge: “E anche se ci fosse stata non ricordo nulla il che, non depone a favore dell’uomo”» (Giovanni Terzi, Libero, 24/2/2020).