19 gennaio 2022
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Biografia di David Lynch
David Lynch, nato a Missoula (Montana, Stati Uniti) il 20 gennaio 1946 (76 anni). Regista. Sceneggiatore. Produttore cinematografico. Premio Oscar alla carriera, Leone d’Oro alla carriera a Venezia • «L’ultimo uomo del Rinascimento, l’autentico surrealista americano, il regista più misterioso di Hollywood» (Giorgio Gosetti, Ansa, 18/1/2021) • «Maestro indiscusso del subconscio» (Roberto Croci, Rolling Stones, 12/5/2017) • «Inquietante, surreale, angosciante, onirico…» (Anna Maria Speroni, iO Donna, 19/1/2016) • «I suoi film si sono sempre caratterizzati come luoghi misteriosi, difficili da decifrare, frutto di una ricerca continua e orientata in più direzioni sul potere evocativo e significante dell’immagine in movimento» (Daniele Dottorini, Enciclopedia del Cinema, Treccani, 2003) • Tra i suoi film: Eraserhead (1977), The Elephant Man (1980), Dune (1984), Velluto blu (1986), Cuore selvaggio (1990, palma d’Oro a Cannes), Strade perdute (1999), Mulholland Drive (2001, prix de la mise en scène a Cannes), Inland Empire - L’impero della mente (2006). Uno dei suoi lavori più celebri è la serie in 30 episodi I segreti di Twin Peaks (ABC, 1990-91), definita «una telepsychonovela», cui sono seguiti un film-prequel, Fuoco cammina con me (1992) e una nuova stagione con altri 18 episodi, Twin Peaks: Il ritorno (Showtime, 2017) • Per definire il suo stile l’Oxford Dictonary ha coniato la voce «lynchiano» • «A Quentin Tarantino interessa guardare uno a cui stanno tagliando un orecchio; a David Lynch interessa l’orecchio» (David Foster Wallace) • «Quando guardi un’opera di David Lynch sei costretto dentro qualcosa che è molto lontano dal mondo della propria esperienza, ma è allo stesso tempo familiare. Familiare, eppure disagiante. È sconfortante, eppure ci entriamo di proposito» (Chrysta Bell, modella, attrice, cantante, che ha lavorato con lui in Twin Peaks e Inland Empire) • «La sua comprensione che esistono due mondi e un posto intermedio a questi, è ciò che contribuisce alla sua aura di moderno iniziato dei Misteri; perché è questo che i film del genere “mystery” sono: delucidazioni sul misterioso Nucleo della realtà» (Peter Levenda, esperto di storia dell’occultismo) • «Fa impressione pensare a tutto ciò quando lo incontri di persona, perché David è una persona gentile e sorridente, che ha scelto il disincanto sul cinismo. A volte ti sembra persino disarmato, ed è la sua arte il mondo in cui è riuscito a trovare la propria armonia» (Antonio Monda, La Stampa, 15/12/2019). La verità è che Lynch vede l’esistenza umana come una successione di eventi confusi, irrazionali, senza logica, e che sta a ciascuno di noi trovarci un senso. Per questo ha detto: «Viviamo costantemente nel sogno e nell’illusione. La vita ci lascia molto, molto confusi. Ed è questo che dovrebbero fare pure i film».
Titoli di testa «Come catturi le idee? “Non ho mai avuto un’idea da un sogno, ma sogno molto a occhi aperti, lascio la mia mente spaziare e a volte le idee arrivano per miracolo. Non sai mai quando sarà, le puoi solo desiderare. Solo per il fatto che le desideri, prima o poi appaiono”» (Croci).
Vita «Nato a Missoula, cittadina del Montana, non troppo diversa da quella di Twin Peaks: “Case tutte uguali e giardini rasati perfettamente. Steccati dipinti di bianco, cieli azzurri e alberi di ciliegie…”» (Monda). Ha due fratelli: John e Martha. Il padre, Donald, è agronomo per il Ministero dell’agricolura. Per questo la famiglia Lynch si sposta di continuo, in varie località di montagna degli Stati Uniti. «La vita in provincia, dallo stato di Washington alla Virginia, passando per l’Idaho, sarà fondamentale nel suo cinema, così come il senso di paura, quasi di terrore, che suscita in David bambino l’impatto con la metropoli: “Andare a New York mi turbava sempre; tutto, in città, mi impauriva”» (Riccardo De Palo, Il Messaggero, 21/6/2018). «Ho avuto un’infanzia felice e spensierata tra strade alberate, case vittoriane, ciliegi, cieli blu, prati verdi e le consegne del lattaio alla mattina. Era un mondo da sogno, avevo molti amici, costruivamo fortini e andavamo in bici. Ma come tutte le cose perfette, quando le vedi da vicino cambia la prospettiva, l’albero di ciliegie era pieno di formiche, e tanti frutti avevano i vermi. I miei genitori erano perfetti, non bevevano, non fumavano, non litigavano mai. Sono cresciuto desiderando che succedessero cose strane nella mia vita» (a Croci). Il padre educa David secondo i dettami della religione presbiteriana. Lo convince a iscriversi ai boy scout, cosa che gli permette di fare le prime esperienze nella natura. «Il lato selvaggio della vita lo attrae oltremisura; così che alcuni frammenti della sua vita sembrano rubati da scene di film. Il primo bacio, quello che Lynch ricorda con maggiore emozione, è avvenuto in una foresta, su un sofficissimo letto di aghi di pino» (Riccardo De Palo, Il Messaggero, 21/6/2018). «Gli anni Cinquanta lo segnano in modo indelebile. Le madri in corpetti di cotone, dai sorrisi smaglianti, gli allegri barbecue, le onnipresenti sigarette e – soprattutto – tutto quel rock and roll» (De Paolo). «A scuola Lynch era un ribelle. Ovviamente beveva alle feste e scappava di casa, ma non per il gusto di farlo. È che tutto per lui era troppo “normale”, comprese le cene in famiglia: “Il tuo cibo è troppo pulito!”, diceva alla madre» (Stefania Vitulli, il Giornale, 4/7/2018). La sua passione è la pittura. Durante il liceo si chiude nella sua cameretta e realizza i suoi primi dipinti. Ammira moltissimo il pittore austriaco Oskar Kokoschka. Considera Francis Bacon «un eroe, il più grande artista moderno». Finite le scuole, si mette in testa di andare in Europa e di passarci tre anni, anche se, dopo appena due settimane nella linda Salisburgo «tornerà in patria alla ricerca del “disequilibrio” della sua terra» (Gosetti). Si trasferisce a Filadelfia e si iscrive alla Pennsylvania Academy of Fine Arts, impegnadosi in lavori saltuari per pagarsi gli studi. «Dicono che Filadelfia sia “la città dell’amore fraterno”. Invece, ho trovato una città buia, corrotta, sporca, decadente e violenta, dove ho imparato tutto quello che so del buio, dell’oscurità e delle tenebre» (a Croci). «Influenzata dalla lezione di F. Bacon ed E. Hopper, la sua pittura cominciò a evolversi e L. sviluppò l’idea di creare delle pitture in movimento (films painting), ricerca che diede origine a Six figures (1967), breve film della durata di un minuto che, proiettato in loop su una scultura composta da sei teste, creava l’effetto di animare le membra umane scolpite. Grazie a questo primo cortometraggio ottenne dei finanziamenti e cominciò a lavorare sulle potenzialità dell’immagine in movimento. Nel 1968 realizzò così The alphabet, cortometraggio che univa animazione e riprese dal vero, e nel 1970 Grandmother, opere entrambe caratterizzate da una crescente complessità strutturale e narrativa. Sin dai primi lavori, L. mostrò infatti un’attenzione particolare per il cinema come luogo di sperimentazione di forme, di messa in scena del corpo e della materia; tale attenzione si delineò subito attraverso una particolare elaborazione della forma pittorica, evidenziando così come per L. l’esigenza di fare cinema nascesse proprio dai problemi posti dalla pittura» (Dottorini). Nel 1970 decide di trasferirsi in California per seguire i corsi del Center for Advanced Film Studies. «Il viaggio verso Los Angeles, per la prima volta da Filadelfia, è un lungo percorso on the road verso la Mecca del cinema, passando per Oklahoma City e il New Mexico. All’alba la bellezza della luce lo commuove» (De Palo). Dopo cinque anni di lavoro e nunerose difficoltà porta a termine il suo primo lungometraggio, quasi completamente autoprodotto: Eraserhead – La mente che cancella. È il 1977. «L. lavorò non tanto sulla tradizione cinematografica precedente, quanto sulle possibilità del cinema di mettere in scena la materia organica e inorganica, mentale e fisica, sovrapponendo diversi livelli di realtà. Ogni elemento del film si presenta connotato da una forte carica simbolica e, al contempo, dotato di una consistenza materiale: è un oggetto o un corpo fisico e reale e non semplicemente un segno o un simbolo astratto» (Dottorini). «Labirintiche stratificazioni di rumori d’ambiente, musiche fuori campo e impressioni acustiche sembrano prodotte da una mente invisibile» (M.G., Un secolo di grande cinema-100 registi). «Eraserhead è il più spirituale di tutti i miei film. Quando lo dico nessuno capisce, ma è così. Eraserhead si stava sviluppando in una certa direzione, e non avevo idea di cosa volesse dire. Cercavo la chiave d’accesso a quelle sequenze. Qualcosa capivo ovviamente; ma non sapevo quale fosse il cemento che teneva insieme l’intero film. Una bella fatica. Così tirai fuori la Bibbia e iniziai a leggerla. Un giorno lessi una frase. Chiusi la Bibbia: era fatta. Fine del discorso. Allora vidi il film come un tutt’uno. La frase completò questa visione al posto mio, al cento per cento. Penso che non rivelerò mai quale fosse quella frase». Il film, che negli anni successive diventerà un oggetto di culto, è un fallimento commerciale. Caso vuole, però, che vada a vederlo Mel Brooks, che rimane molto colpito da quel giovane. «Lynch sarebbe rimasto un autore da circuito arthouse se Brooks non avesse avuto l’intuizione di fargli dirigere The Elephant Man, che divenne un grande successo internazionale. “Vedendo Eraserhead ho capito che aveva il talento di far piangere”, racconta Brooks, e Lynch celebra la libertà che gli lasciò sul set: “Mi lasciò esercitare il final cut nonostante non lo avessi per contratto”» (Monda). «Non ringrazierò mai abbastanza Mel Brooks, per quello che ha fatto per me come produttore». «Non ho avuto invece la stessa fortuna con Dune. L’unico film che per molti versi non avrei mai dovuto fare, e il fatto che non avessi il final cut mi ha letteralmente distrutto. Ma ho anche imparato molto» (a Antonio Monda, Il Venerdì, 16/11/2001). «Dune, distrutto dalla critica, è forse il suo più grande rimpianto. Ma è con Velluto Blu, e Twin Peaks, che trova finalmente la consacrazione» (De Palo) • «Com’è nata l’idea di Twin Peaks? “Tanti, tanti anni fa, Mark Frost e io abbiamo iniziato a camminare e ci siamo ritrovati in mezzo a una natura stupenda. All’orizzonte c’erano delle montagne e quando siamo arrivati alla base, abbiamo iniziato a scalarle. Cammina e cammina, ci siamo ritrovati in una foresta, ci siamo addentrati nel cuore di questa selva oscura, finché, dopo un periodo di tempo indefinito, gli alberi hanno iniziato a diradarsi e abbiamo scoperto questo paesino di montagna che si chiamava Twin Peaks. A quel punto abbiamo voluto sapere chi vivesse in quel posto meraviglioso e chi, come noi, veniva a visitarlo. E così abbiamo cominciato a scoprire un mondo, e in questo mondo ci siamo resi conto che esistevano altri mondi, tutti collegati e misteriosi. Dopo aver risolto un mistero, ne scoprivamo un altro. Ed è così che la storia continua”» (Croci). Quando per la prima volta vede Sheryl Lee, che avrebbe dovuto interpretare Laura Palmer, lei è seduta sulle mani perché per l’emozione non riesce a tenerle ferme. Lui le dice di calmarsi, poi esclama: «Come ti sentiresti al pensiero di essere immersa nella pittura, avvolta nella plastica e finire nell’acqua gelata?».
Dolore «Agli esordi pensavo che la sofferenza fosse fonte d´ispirazione indispensabile. Da quando pratico la meditazione, ho compreso che quella era un’assurda idea romantica, che anzi la sofferenza è nemica della creatività. Per rappresentare la sofferenza sullo schermo non è necessario soffrire».
Amori Ha amato molte donne, ma ne parla pochissimo. È stato sposato quattro volte. La prima con Peggy Lynch (1967-1974). La seconda con Mary Fisk (1977-1987). La terza con Mary Sweeney (per dieci mesi, tra il 2006 e il 2007). La sua attuale moglie, sposata il 26 febbraio 2009, si chiama Emily Stofle • La prima volta che vide Isabella Rossellini non sapeva chi fosse. Le disse: «Ma lo sai che assomigli un sacco a Ingrid Bergman? Potresti essere sua figlia». Dopo la gaffe, le propose di recitare nel film Velluto blu e mentre giravano diventarono amanti. Nei cinque anni in cui furono fidanzati, litigarono solo per la meditazione. Racconta la Rossellini: «Io la usavo per concentrarmi sul set, per David invece era una cosa seria». Un giorno, in aeroporto, si accorse di non essere più amata: «Non venne a prendermi. Sto girando, sono bloccato. Tornò tardi, già dormivo. Il mattino dopo uscì di casa prima di me e quando arrivai sul set ci mise un’ora per venirmi a salutare. Era tutto molto chiaro» (Giovanna Cavalli, Corriere della Sera 13/7/2012).
Figli Jennifer Lynch (n. 1968), avuta dalla prima moglie. Austin Jack Lynch (n. 1982), avuto dalla seconda moglie. Riley Lynch (n. 1992), avuto dalla terza moglie.
Politica Non ha mai voluto occuparsi di politica. Ha sostenuto Barack Obama e Bernie Sanders, ma ha anche apprezzato Ronald Reagan «per come ha reso piccolo il governo». «Nell’intimo è un libertario, ed è sintomatico che, da fumatore accanito, si sia allontanato dai democratici quando hanno promosso una campagna contro l’industria del tabacco» (Monda). Di Trump ha detto: «Forse è inadeguato, ma sta aprendo la porta agli outsider».
Religione Dal 1973 pratica la meditazione. Medita due volte al giorno, tutti i giorni, per ventidue minuti. «Sono convinto che esista qualcosa, anzi molto, che noi non conosciamo e di cui vediamo solo le parvenze. Credo che questo elemento sia presente nelle mie storie. Non ho alcun problema a definire ciò spiritualità o religione».
Maestri Grande seguace del Maharishi Mahesh Yogi, lo stesso guru da cui andavano i Beatles. Nel 2002 versò un milione di dollari per poter passare con il maestro un intero mese di dialogo e meditazione, «per farsi irradiare dalla sua aura penetrante e illuminante, dalla sua infinita magnificenza». Volò fino al villaggio olandese di Vlodrop, dove Maharishi risiedeva da tempo. «La sorpresa è schiacciante: il maestro non si fa vedere fisicamente alle riunioni con tutti i generosi partecipanti, bensì parla attraverso un sistema di videoconferenza dalla sua stanza al piano di sopra. Lynch, nonostante tutto, è felice, e riesce lo stesso a succhiare tutto il nettare di quell’estrema illuminante sapienza, seppur riprodotta da un monitor traballante. “Era proprio sopra di noi”, dichiara in seguito, “ma è arrivato attraverso la televisione. Ma era come se non ci fosse la televisione!”».
Psicoanalisi «Una volta andai da uno psichiatra [...] Entrando nello studio, gli domandai: “Pensa che questa terapia possa in qualche modo danneggiare la mia creatività?”. Rispose: “Be’, David, in tutta onestà, forse sì”. Gli strinsi la mano e me ne andai».
Vizi «Il fumo è come una bella donna, l’ami ma ti rendi conto che non è quella giusta per te. La lasci. Poi cominci a vagheggiarla, ti rendi conto che la tua giornata è triste senza di lei. E pian piano dimentichi guai e tormenti, incominci a scriverle, a pregarla di tornare con te. L’amore fa male, ma la mancanza d’amore ancora di più» (a la Repubblica, 10/12/2011).
Curiosità Alto 1 metro e 78 • Secondo nome: Keith • Oltre al cinema, si dedica anche a fumetto, musica, pittura, scultura e design di mobili • Ha tre case nella stessa via di Hollywood Hills: una dove dipinge, una dove suona e una dove abita (la celebre Beverly Johnson House, costruita nel 1962 da Lloyd Wright, il figlio di Frank Lloyd Wright, il più grande architetto americano di sempre). Gli amici chiamano la zona Lynchville • «Sono decenni che mi vesto sempre nello stesso modo, completo giacca e Pantalone nero con camicia bianca: mi piace, perché dovrei cambiare?» • Grande amante del caffè. Se ne fa produrre uno apposta, selezionato in piantagioni biologiche tra il Messico e Sumatra • «Mi piace mangiare tutti i giorni la stessa cosa, finché non mi stufo e allora devo trovare qualcos’altro. In questo periodo faccio colazione con farina d’avena, che per me è una novità; per pranzo mangio un toast con maionese, un uovo bollito, 6 fette di pomodoro, mozzarella e basilico e patatine biologiche; per cena, una zuppa di verdure oppure cottage cheese e una banana» • Dopo aver visto Eraserhead – La mente che cancella, George Lucas gli offrì la regia di Il ritorno dello Jedi, ma lui rifiutò • In tutti i suoi film ingaggia sempre un cantante come attore • Grande sodalizio con il compositore Angelo Badalamenti, che dice «siamo come Leone e Morricone» • Da bambino, con gli scout, lo portarono ad assistere all’inaugurazione presidenziale di JFK • Dal 2005 ha una sua Fondazione per diffondere la pratica della meditazione nelle scuole e creare «fabbriche della pace» • Ha un sito sul quale, a pagamento, si può chattare con lui • «Le idee sono simili a pesci. Se vuoi prendere un pesce piccolo, puoi restare nell’acqua bassa. Se invece vuoi prendere il pesce grosso, devi scendere in acque profonde. Laggiù i pesci sono più forti, più puri. Sono enormi e astratti» • Da anni gira solo in digitale («Amo la celluloide, ma per me è morta»).
Titoli di coda A metà degli anni Ottanta conobbe Federico Fellini. «Rimasi molto colpito quando scoprii che eravamo nati lo stesso giorno, il 20 gennaio. Se si crede all’astrologia, si trova certamente qualche connessione, a cominciare dall’amore per l’astrazione». «Ma è nell’ottobre del 1993 l’incontro che gli spezzerà il cuore. “Stavo girando a Roma uno spot della pasta Barilla, e la star era Gérard Depardieu”. Qualcuno lo informa che stanno portando Fellini a Roma da un ospedale del Nord Italia, e che probabilmente non ne avrà ancora per molto. Lynch trova il maestro su una sedia a rotelle: gli prende la mano con affetto, e continua a tenerla per almeno mezz’ora, mentre gli racconta vecchie storie del tempo andato e come le cose siano cambiate in peggio. “Vedi, David, una volta sarei uscito a prendere il caffé e avrei trovato tutti quegli studenti, avrei parlato con loro. Andavano sempre al cinema, sapevano tutto dei film. Oggi, se esco, non c’è nessuno: stanno tutti guardando la televisione”. Quando Lynch esce dalla stanza, Fellini sussurra al suo accompagnatore: “Quello è un bravo ragazzo”. Due giorni più tardi, il maestro entra in coma, e poco dopo muore» (De Palo).