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 2022  gennaio 27 Giovedì calendario

Biografia di Carlos Slim (Carlos Slim Helú)

Carlos Slim (Carlos Slim Helú), nato a Città del Messico (Messico) il 28 gennaio 1940 (82 anni). Imprenditore. Secondo l’ultima classifica ufficiale della rivista Forbes (aggiornata al 6 aprile 2021), con un patrimonio familiare netto stimato in 62,8 miliardi di dollari (pari a circa il 6% del prodotto interno lordo messicano), sedicesima persona più ricca del mondo, nonché la più ricca del Messico. Sempre secondo Forbes, già persona più ricca del mondo (2010-2013). «Carlos Slim Helú non è solo l’uomo più potente del Messico. È il Messico. Controlla la América Móvil, e dunque le telecomunicazioni del Paese, ma anche costruzioni, miniere, aziende strategiche. E poi, come sempre accade in America Latina, tutto si intreccia con la politica» (Marco Lombardo). «L’imprenditore è come un artista: non smette mai di pensare» • «Slim è il sesto e ultimo figlio di un libanese cristiano maronita fuggito a 14 anni da Jezzin, a settanta chilometri da Beirut, per evitare l’arruolamento nell’esercito ottomano. Il padre, che decise di cambiare il nome da Youssef [secondo altre fonti, Khalil – ndr] a Julián, aprì un negozio di prodotti alimentari chiamato “La stella d’Oriente”, poi nel 1910, quando Francisco Madero, Pancho Villa ed Emiliano Zapata avviarono la rivoluzione contro Porfirio Díaz, capì che era un momento d’oro. Comprò a prezzi stracciati proprietà immobiliari nel centro della capitale messicana, che in seguito furono la base di partenza del benessere della famiglia» (Arturo Zampaglione). «Nel 1919 Julián Slim aveva già accumulato due milioni di pesos tra negozi, azioni e denaro contante, e nel 1929 con grande tempismo vendette tutto poco prima del grande crac» (Maurizio Molinari). «Dopo aver sposato l’erede di un altro facoltoso emigrante di origine libanese, ebbe sei figli, di cui Carlos è […] quello che si è sempre dimostrato più scaltro e vivace» (Francesco Semprini). «Ancora adolescente, decise di investire – o almeno questo è quanto racconta la leggenda ufficiale – tutti i suoi risparmi in titoli di Stato, e qualche anno dopo (a 15 anni di età) divenne azionista della più grande (allora) banca messicana, grazie anche ai soldi dell’azienda immobiliare di famiglia» (Alberto Flores d’Arcais). «All’inizio degli anni ’60, quando Carlos studiava all’Università autonoma del Messico, non solo dava lezioni private di matematica, ma aiutava anche papà Julián nella contabilità» (Zampaglione). «Slim jr. si preparò a scendere in affari, ventiduenne, dopo attente letture del manuale How to Be Rich, opera di John Paul Getty, all’epoca uomo più ricco d’America. A 23 anni Getty aveva già fatto il suo primo milione di dollari, e Slim non voleva essere da meno: mette su una finanziaria, un impianto di imbottigliamento e un’immobiliare, la Carso (dalle iniziali sue e della moglie, Soumaya Domit, anche lei di origine libanese, morta nel 1999)» (Michele Masneri). «Alla morte del padre, […] ereditò un piccolo gruppo di imprese commerciali. Cominciò a comprare appartamenti, a lavorare sull’import-export, si buttò nella finanza. È stato capo dei broker, presidente della Bolsa, fondatore del Latin-American Committee di Wall Street. Ha trasformato questi suoi incarichi in cenacoli politici dove farsi amica la classe dirigente con criteri rigorosamente bipartisan» (Eugenio Occorsio). «La grande ricchezza (per lui) coincide con la grave crisi economica del 1982, quando Carlos Slim capisce meglio di ogni altro i grandi spazi di manovra che si aprivano per chi avesse idee e capitali» (Flores d’Arcais). «Nel 1982, il peso venne svalutato del 70 per cento e l’inflazione era fuori controllo, così Slim cominciò a comprare: prima le azioni di Reynolds Aluminium (fonderie), poi la catena di ristoranti e drogherie Sanborns, uno dei suoi fiori all’occhiello ancora oggi, diventata la più grande catena di negozi e di alimentari del Paese. E poi, ancora nel 1984, Bancomer, una delle prime aziende di credito del Paese» (Masneri). «Mentre gli investitori stranieri scappavano, Slim comprava la fabbrica di sigarette Cigatam e altre aziende, il cui valore – con la successiva ripresa – rafforzò il suo potere economico (e politico)» (Zampaglione). «Con l’arrivo al potere di Carlos Salinas de Gortari (dal 1988 al 1994), lo spregiudicato presidente costretto nel 1995 a fuggire dal Paese perché coinvolto in affari illeciti (e forse narcotraffico), quello di Slim diventa un vero e proprio impero. La politica di Salinas, che sostiene lo sviluppo di forze imprenditoriali locali in grado di contrastare le multinazionali Usa, favorisce lui prima di ogni altro, facendolo diventare rapidamente l’uomo più potente del Messico» (Flores d’Arcais). «Nel 1990, il colpo grosso: il governo di Carlos Salinas decise la privatizzazione della Teléfonos de México (Telmex), chiamò gli advisor delle banche Usa, che valutarono la compagnia 12 miliardi di dollari, ma poi la vendette all’amico Slim per 1,7 miliardi. Poi comprò la nascente branch nel cellulare, Telcel, ribattezzata América Móvil, diventata un pozzo di liquidità e l’epicentro dei suoi affari» (Occorsio). «Le uova d’oro della gallina telefonica sono servite a comprare banche, assicurazioni, negozi, ristoranti, immobili, a fare un paio di redditizie speculazioni degli Stati Uniti con azioni Mci e Apple, entrambe all’epoca sulle soglie del fallimento, poi rivalutatesi geometricamente» (Rocco Cotroneo). «Anche in un’altra operazione fondamentale Slim ha agito sull’onda del default: nel Brasile dei primi anni Duemila, sfruttando al massimo il rischio-Paese legato all’arrivo al potere dell’ex operaio Luiz Inácio Lula, facendo incetta di asset nelle tlc: con Claro (telefonini), Embratel (linea fissa) e Net (pay tv). […] Nel 2007 […] Slim e la sua América Móvil si presentarono a fianco del colosso statunitense AT&T con un’offerta su Telecom: offerta che scatenò proprio la richiesta da parte del gruppo (allora) di Marco Tronchetti Provera di un cavaliere bianco come César Alierta con la sua Telefónica» (Masneri). Nonostante il mancato approdo in Italia, «l’impero cresceva, dando a Slim la possibilità di accedere a prestigiosi consigli di amministrazione (Altria, Alcatel), o di acquisire nuove partecipazioni attraverso la sua finanziaria Inbursa (era il maggior azionista della Mci, prima di vendere il pacchetto alla Verizon nel 2005)» (Zampaglione). Nel 2008 il salto di qualità, con l’ingresso nel capitale sociale del New York Times: «Slim aveva prestato alla società, che attraversava una fase di difficoltà finanziaria, 250 milioni di dollari a un tasso di interesse del 14 per cento. Il prestito è stato rimborsato nel 2011, ma il magnate messicano, grazie a quell’operazione, aveva ottenuto dei warrant, ossia dei titoli che conferiscono il diritto di diventare azionisti in un secondo momento. Ora, con l’esercizio di questi strumenti, Slim, tra l’altro […] diventato sponsor della Ferrari, detiene 27,8 milioni di azioni, corrispondenti al 16,8% del capitale del New York Times» (Carlotta Scozzari). «“Il signor Slim non si è mai occupato della linea editoriale”, hanno sempre specificato i vertici di una delle aziende media più famose al mondo. E in effetti anche in questo caso è sempre stato nell’ombra, fino a quando nel 2018 ha rivenduto parte delle sue quote, realizzando un guadagno del 75 per cento. Milioni di dollari, ovviamente» (Lombardo). «Certo, dietro all’operazione New York Times c’è qualcosa di più che una semplice convenienza economica: permette al miliardario, spesso accusato di amicizie sospette con i leader politici messicani, di valorizzare la sua immagine pubblica e di farsi conoscere meglio dal pubblico internazionale, a cominciare da quello americano» (Zampaglione). «Slim ha cercato spesso di internazionalizzare il suo gruppo, ma, pur controllando América Móvil, la più grossa società sudamericana di telecomunicazioni, […] non è riuscito a diventare un “player” importante negli Usa e in Europa» (Massimo Gaggi). Nel 2015 «per il multimiliardario tycoon messicano è arrivato […] il momento di separare da América Móvil (la grande società di tlc che lo ha reso ricchissimo e con cui ha controllato finora in Messico il 70% del mercato della telefonia mobile e l’80% di quella fissa) le quasi 11 mila cell tower, le antenne radio per i cellulari di cui la stessa América Móvil era proprietaria. […] È il primo, effettivo, segnale che anche uno degli uomini più ricchi (e più potenti) del mondo deve fare i conti con nuove realtà e, nel caso di Carlos Slim, con le nuove regole che anche il Messico […] si sta dando per competere nel mercato globale. Per Carlos Slim non si tratta certo di una deminutio, né da un punto di vista economico-finanziario né da un punto di vista di potere. È vero che le riforme con cui nel 2013 è stata modificata la Costituzione messicana avevano come primo e principale obiettivo quello di creare una “concorrenza” al monopolio quasi assoluto di América Móvil e che in uno dei suoi primi rapporti la nuova agenzia federale per le telecomunicazioni (Ift) ha criticato la società di Slim (e le sue controllate) come “preponderanti agenti economici”. Ma, pur dovendo ridurre al 50% (tetto imposto dalle nuove regole varate dall’Ift) il controllo che ha sul mercato delle telecomunicazioni, la società del multimiliardario messicano resta di gran lunga la più grande e potente. […] L’attacco al suo monopolio non è che all’inizio: […] ci sono forti correnti politico-economiche (all’interno del Messico ma soprattutto all’esterno, negli Usa in primo luogo) che lo aspettano al varco. Ha deciso perciò di agire di conseguenza. Come? Allargando il suo regno ad altri settori dell’economia messicana, per fare in modo che la crescita della sua ricchezza non venga fermata» (Flores d’Arcais). Oltre a consolidare il proprio impero in Messico e in America Latina, espandendolo, tra l’altro, anche nei settori finanziario, minerario e petrolifero, negli ultimi anni Slim ha acquisito piccole ma crescenti quote di mercato anche in Europa, soprattutto in Spagna (finanza e immobili), Austria e Paesi Bassi (telecomunicazioni). A inizio 2021 fu ricoverato in ospedale in quanto colpito da una forma moderata di Covid-19, per esserne poi dimesso pochi giorni dopo in buone condizioni di salute • «Slim, cristiano maronita, è stato sposato con Soumaya Domit per 32 anni: lei è morta nel 1999. […] Ha sei figli, tre dei quali lavorano in azienda: tutti hanno studiato nelle scuole gestite dai Legionari di Cristo, e lo stesso magnate è uno dei finanziatori della congregazione che ha imbarazzato i vertici della Chiesa, […] fede e denaro in parti uguali» (Lombardo) • Alla moglie, cui anche dopo la morte si è sempre mostrato devoto, «Slim ha intitolato […] il museo dove conserva la sua immensa collezione di opere d’arte, tra cui spiccano le sculture di Auguste Rodin e le tele di Edgar Degas» (Zampaglione) • «Nato e cresciuto all’ombra del Pri, il partito-Stato rimasto al potere 70 anni in Messico, Carlos Slim ha un potere enorme, e sono i politici, ormai, a correre per diventare amici suoi, e non viceversa» (Cotroneo). «Con la politica, il multimiliardario messicano ci sa fare: non guarda troppo alle ideologie (ha finanziato sia il Partito di azione nazionale, formazione di destra ultraconservatrice, che il Partito della rivoluzione democratica, di sinistra), e lo sta dimostrando anche adesso che gli attacchi contro di lui (e soprattutto contro il suo impero) sono diventati più massicci e più frequenti» (Flores d’Arcais) • «A differenza di altri miliardari messicani meno ricchi di lui, Carlos Slim ha sempre condotto una vita relativamente modesta. Famose le sue vacanze su un caravan affittato coi tre figli e la moglie Soumaya Domit. […] L’imprenditore vive in una casa non certo sontuosa. […] L’arte è l’unica distrazione nota nella sua vita di grande mercante» (Gaggi). «“È anche un uomo di cultura, con interessi intellettuali che spaziano dalle origini del pianeta alla letteratura contemporanea”, ricorda un suo vecchio amico, il futurologo Alvin Toffler [morto nel 2016, a 87 anni – ndr], che è stato più a volte a cena da lui assieme ad altri ospiti come Gabriel García Márquez e Carlos Fuentes» (Zampaglione) • «Sue grandi passioni sono il baseball (è tifoso dei New York Yankees), l’arte (possiede Murillo, El Greco, ed è il più grande collezionista non francese di Rodin), e poi […] le donne, tra cui l’attrice Salma Hayek, libano-messicana come lui» (Masneri) • Rilevante impegno filantropico • «I messicani che lo ammirano ma non lo amano dicono di vivere in “Slimlandia”: non solo ogni giorno usano i suoi telefoni, […] ma vivono in case fatte col suo cemento, vanno a curarsi nei suoi ospedali, guidano le sue auto, fumano il suo tabacco, mangiano nei suoi ristoranti. Un super-capitalista, […] accusato da molti di aver costruito il suo impero sullo scambio di favori con la politica e di aver acquisito posizioni di monopolio (od oligopolio) che gli consentono di imporre tariffe alte. Ma Carlos Slim Helú, sicuramente cresciuto all’ombra del capitalismo di Stato, ha sempre avuto nella sua vita anche un genuino fiuto per gli affari» (Gaggi). «Quella di Carlos Slim è la tipica strategia “deep pocket” [“tasche profonde” – ndr]. Si muove cioè forte della sua grande liquidità e attende situazioni di incertezza in cui può massimizzare questa sua strategia» (Alberto Griselli). «Slim è stato ed è un grande innovatore, se si pensa che prima del suo arrivo in Messico ci volevano mesi o anche anni per avere installata una linea telefonica» (Cotroneo). «Quello che è importante è mettere insieme i fattori: un uomo molto intelligente, coraggioso e spregiudicato; una famiglia che ti dà la base per cominciare; i politici che sono pronti a spianarti la strada. Ecco tre elementi decisivi per diventare “ricchi a quel modo”» (Giorgio Dell’Arti) • «Lavorare solo tre giorni a settimana ma per undici ore, elevando l’età della pensione oltre i settant’anni. È la ricetta per il nostro futuro dell’uomo più ricco del mondo: il messicano Carlos Slim. […] Affrontando la piaga della disoccupazione, Slim ha detto che “è prossimo e inevitabile un cambiamento radicale nelle forme del lavoro” e che “con tre giorni di lavoro alla settimana avremo molto più tempo per distrarci e per migliorare la nostra qualità della vita”. L’argomento principale di Slim è la lotta alla disoccupazione: lavorando meno si avrebbe un aumento dell’occupazione. Anche perché – sostiene – “i servizi pubblici e privati dovrebbero ormai funzionare 24 su 24”. Ma non solo: una riduzione delle ore impiegate a lavorare avrebbe effetti positivi sulle industrie del turismo, dell’intrattenimento e dell’ozio. Le persone avrebbero modo di migliorare la loro vita “dedicando più tempo alla famiglia e ai figli, ma anche utilizzando la loro libertà dal lavoro per studiare, per innovare e per creare”. Elevando poi l’età dell’uscita dal mondo del lavoro a 70 o 75 anni diminuirebbe per le casse dello Stato il carico delle pensioni, ma soprattutto – dice Slim – le aziende potrebbero approfittare di persone considerate anziane che hanno accumulato nella moderna società dei servizi molta esperienza e molte conoscenze. […] Carlos Slim se l’è presa anche con le tasse. “Un Paese che aumenta le tasse – ha detto – non risolve nulla. Invece di promuovere lo sviluppo, aumentare le tasse provoca solo grandi problemi: le conseguenze sono sempre il rallentamento dell’economia e la crescita della disoccupazione”» (Omero Ciai) • «Durante un incontro a Phoenix con 400 imprenditori dell’Arizona ha riassunto così la propria filosofia di vita e di business: “Accettate sempre il punto divista degli altri. Per mantenere forte il valore del capitale umano, investite nella formazione e aiutate i lavoratori a restare in buona salute”» (Flores d’Arcais) • «Quando vivi per l’opinione altrui sei morto. Non voglio vivere pensando a come sarò ricordato». «Gli uomini d’affari fanno del bene creando occupazione e ricchezza attraverso investimenti, non travestendosi da Babbo Natale».