28 gennaio 2022
Tags : Francesco Bidognetti
Biografia di Francesco Bidognetti
Francesco Bidognetti, nato a Casal di Principe (Caserta) il 29 gennaio 1951 (71 anni). Camorrista. Capo, insieme a Francesco Schiavone, della confederazione dei casalesi (da Casal di Principe), che unisce tutte le famiglie camorristiche del Casertano (“autonomia federativa”). Detto Cicciotto ’e Mezzanotte. Arrestato il 20 dicembre 1993, è detenuto nel carcere dell’Aquila. Dal gennaio 1994 al 41 bis. Secondo i giudici è ancora «capo carismatico» del clan di appartenenza e continua ad arricchirsi con i proventi delle attività illecite gestite dall’associazione criminale.
Vita Il soprannome, Cicciotto ’e Mezzanotte, suona come una minaccia contro il prossimo (che provando a intralciare un suo affare, vedrebbe calare su di sé la mezzanotte). Secondo un’altra interpretazione fu soprannominato così già da ragazzo «perché iniziò la scalata del clan proteggendo le puttane» (Roberto Saviano) • Compare nel primo rapporto dei carabinieri del 1982 con l’elenco degli affiliati alla Nuova Famiglia (il cartello criminale fondato per contrastare la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo), come gregario di Antonio Bardellino. Ma quando Francesco Schiavone detto “Sandokan” fa fuori, con un abile doppiogioco, Bardellino (scatenando una faida interna alla confederazione con Vincenzo De Falco), si mette dalla sua parte. Il 13 dicembre 1990, nella riunione convocata da Sandokan per eliminare il De Falco (assente quest’ultimo che ha fiutato l’imboscata), irrompono invece i carabinieri. Sandokan e Bidognetti sono arrestati con l’accusa di detenzione di armi e associazione camorristica, ma la Prima sezione penale della Cassazione presieduta da Carnevale annulla il provvedimento di carcerazione in ordine all’accusa di associazione camorristica, e nel 1992 la Corte d’Appello assolve entrambi anche per l’imputazione residua (dando credito ai gregari presenti alla riunione che si sono accollati la responsabilità della detenzione delle armi, scagionando i capi) • Condannato all’ergastolo il 15 settembre 2005, primo grado del processo Spartacus (associazione camorristica e delitti collegati: il processo riguardava 17 omicidi e inflisse 21 ergastoli). Sentenza diventata definitiva il 15 gennaio 2010. Continuano a notificargli ordini di custodia in carcere: il 27 marzo 2003 per l’omicidio di Francesco Picca (Aversa 6 agosto 1992, ergastolo in primo grado); il 22 dicembre 2004 (triplice omicidio di Domenico Tambaro, Vincenzo Mauriello e Vincenzo Ranucci, Villaricca 5 novembre 1990); il 6 giugno 2005 (omicidio di Vitale Salvatore, Giugliano giugno 1989); il 3 marzo 2006 (estorsione e associazione camorristica); il 27 giugno 2006 (omicidio di Nicola Alemanni, il cui corpo venne trovato carbonizzato nel bagagliaio di una vettura nel 1993, Bidognetti sarebbe il mandante; tentato omicidio dell’avvocato Delio Iorio); il 5 dicembre 2006 (omicidio di Raffaele Pezone, detto Lellucce Manomozza, che rubava nella zona di Parete senza il permesso dei casalesi, 2 settembre 93); il 26 marzo 2007 (smaltimento illegale di rifiuti tossici), ecc. • Il 14 novembre 2013 è stato condannato a vent’anni, con giudizio abbreviato, per inquinamento delle acque e disastro ambientale, causato in provincia di Napoli, nell’area chiamata Terra dei Fuochi, perché si vedevano solo roghi di rifiuti. «Secondo i magistrati partenopei Bidognetti, in concorso con altri, avrebbe smaltito illegalmente tra la fine degli anni ’80 e la metà degli anni ’90 in alcune discariche di Giugliano in Campania, precisamente in località Scafarea, residui pericolosi provenienti da aziende del Nord attraverso la società Ecologia 89, che dava una copertura formale all’illegale smaltimento di rifiuti. Un’attività gestita in regime di monopolio e fondata sullo sfruttamento delle discariche di Giugliano in Campania riconducibili a Chianese Cipriano, 61 anni, arrestato nel 2006 e tuttora ai domiciliari. Negli invasi non impermeabilizzati sono state interrate 806.590 tonnellate di rifiuti, di cui oltre 30mila provenienti dalla piemontese Acna di Cengio. Le 57mila tonnellate di percolato formatosi negli anni sarebbero finite nel sottosuolo e poi nelle falde acquifere compromettendo la salute umana: il picco della contaminazione della falda, è stato accertato, sarà raggiunto nel 2064. Gli esperti della Procura hanno calcolato che la contaminazione da percolato produrrà effetti nocivi sulla popolazione, in particolare sui bambini, e sull’agricoltura, in zona ancora molto praticata, fino al 2080» (Valeria Chianese) • Il 13 marzo 2014 è tornato in aula come imputato per lo stesso reato (fatti commessi dagli anni Ottanta al 2006), ma il giorno dopo ha fatto più notizia la mancata costituzione come parte civile del Ministero dell’Ambiente. D’altronde nel 2008 era stato intercettato, mentre diceva al suo avvocato: «Ma la camorra cosa c’entra, c’entrano i politici nell’immondizia. I soldi se li dividono loro, Miché. In mano alla camorra c’entrano cento lire. E tremila li prendono loro. Hai capito, per questo c’è sempre l’emergenza a Napoli» • Il 24 maggio 2021 è stato condannato dalla quarta sezione penale di Roma a un anno e mezzo di carcere per minacce aggravate dal metodo mafioso a Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione. Minacce fatte in aula durante il processo di appello Spartacus a Napoli, a carico dei boss dei Casalesi, il 13 marzo 2008. Insieme a Bidognetti è stato condannato a un anno e due mesi l’avvocato Michele Santonastaso
Amori Vedovo di Teresa Tamburrino, morta di cancro (il medico condotto di Parete, Gennaro Falco, che non diagnosticò in tempo il male, fu ucciso nel suo studio nel 1993, dell’omicidio anni dopo fu accusato il figlio Raffaele, allora diciassettenne), per anni ebbe per amante Anna Barra, di professione prostituta (ora anche lei detenuta e diventata collaboratrice di giustizia). I due ex amanti hanno un processo in atto con l’accusa di concorso nell’omicidio di Genovese Pagliuca (commesso in Teverola il 19 gennaio 1995), fidanzato di Marianna D’Auria (che al tempo lavorava come parrucchiera e bambinaia al servizio della Barra). Secondo le accuse (fondate sulle dichiarazioni di alcuni pentiti), la Barra si era innamorata della D’Auria, e per punire il suo rifiuto la fece sequestrare dai fratelli, che la violentarono per tredici giorni. Dicendosi infastidita dal Pagliuca, che invece andava disperato alla ricerca della fidanzata, convinse il Bidognetti a farlo fuori, accusandolo di essere affiliato del clan rivale dei Picca. I due ex amanti sono coimputati anche di un altro omicidio, vittima Salvatore Coronella (ucciso in Teverola il 16 giugno 1990). In realtà la vittima designata era Fedele Giuseppe, ex carabiniere o poliziotto, gestore di una videoteca, anche lui colpevole di avere rifiutato le avances della Barra, che invece raccontò al Bidognetti il contrario, cioè di essere stata molestata da lui. Il Bidognetti ordinò la sua uccisione, non prima di avere eseguito lui stesso un sopralluogo nel negozio. Ma i due sicari incaricati di ucciderlo, Salvatore Cantiello e Francesco Biondino, entrati nel negozio, spararono alla prima persona capitata a tiro, il Salvatore Coronella, dipendente del negozio, che stava dietro il bancone (al processo è emerso anche che, violando i piani, il Biondino, che aveva problemi di vista, entrò in negozio, quando avrebbe dovuto limitarsi ad aspettare fuori il complice) • Con Anna Carrino invece, Bidognetti aveva fatto sul serio, e lei, devota, andava a trovarlo in carcere e poi portava i suoi messaggi ai boss liberi o latitanti. Finché non ha deciso di cambiare vita, abbandonando i figli che non l’hanno voluta seguire. Partita di nascosto in fuga da Casal di Principe, il 20 novembre del 2007 è stata arrestata a Roma dalla Dia, ed è diventata collaboratrice di giustizia • Nel giugno 2021, intervistata da Francesca Fagnani alla trasmissione di Raidue Belve, Anna Carrino ha raccontato: «Conobbi Francesco quando io avevo 13 anni e lui 29. Io uscivo dal collegio e non ho mai avuto la figura del papà, e lui lo vedevo così. Dopo nacque un grande affetto. Inizialmente ho sempre coperto questa relazione a mia mamma, lo ha saputo quando partorii Katia e mi voleva cacciare di casa. Bidognetti frequentava casa nostra. Indossavo una panciera per nascondere la gravidanza. Quella mattina sono rimasta da sola alle 12:30 e ho partorito in bagno. Bidognetti sapeva ma era in carcere». E ancora: «Capii che Bidognetti era un camorrista quando sono andata a Casal di Principe. Andai a vivere a casa di mia suocera. Da ragazzina con mia suocera c’erano gli alti e bassi, io venivo da Napoli. Non voleva che mi truccassi, che mettessi le minigonne. Io ho fatto gli anni di galera insieme a Francesco, ma non l’ho vissuto. Tutti gli affiliati mi trattavano bene».
Famiglia Due figli avuti da Teresa Tamburrino: Aniello e Raffaele. Tre figli avuti da Anna Carrino: Katia, Teresa e Gianluca. Sono tutti in carcere • Il 19 settembre 2007 è stato arrestato il figlio Raffaele detto ’o Puffo, al culmine di un’inchiesta partita dalle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia sulle attività illecite gestite dai Casalesi (estorsione a commercianti e imprenditori, traffico di stupefacenti, contrabbando di sigarette, racket della prostituzione). Raffaele è stato poi condannato in via definitiva a due ergastoli per due omicidi (tra i quali quello del medico Gennaro Falco colpevole di non avere diagnosticato alla madre il tumore in tempo) e detenuto al 41bis nel carcere Benevento. Nel maggio del è 2019 è diventato collaboratore di giustizia • Il cugino, Domenico Bidognetti, detto “Bruttaccione”, detenuto nel carcere di Parma, al 41 bis dal febbraio 2000, nel settembre 2007 ha deciso di pentirsi (arrestato nel maggio 1999, «da quel momento», disse a Sergio D’Elia e Maurizio Turco in visita in carcere, «non ho capito più niente, mi hanno notificato tanti di quei mandati, che il Riesame di Napoli si è stancato di raccoglierli») • Il 17 aprile 2008 è stato arrestato anche il figlio Aniello (insieme ad altre decine di Casalesi), grazie alle dichiarazioni di Anna Carrino, che poi è andata in tv a farsi intervistare e a dire al suo ex compagno pentiti. Per risposta due sgherri la notte del 31 maggio successivo sono andati a casa della madre della Carrino fingendosi agenti della Dia, e una volta entrati hanno sparato alla prima persona capitata sotto tiro, una nipote, Francesca, di anni 25, sopravvissuta per miracolo • Il 2 maggio 2008 gli hanno ucciso il padre, Umberto. Mandante, secondo le indagini in corso al momento in cui consegniamo questo libro, Giuseppe Setola, capo del gruppo di fuoco fino ad allora alle dipendenze di Cicciotto ’e mezzanotte, che intese così mettersi in proprio trascinandosi dietro i killer che consumarono la strage di Castelvolturno (18 settembre 2008, un italiano e sei extracomunitari trucidati a colpi di kalashnikov) • L’ultimogenito Gianluca è stato arrestato il 21 novembre 2008 con l’accusa di tentato omicidio: secondo i magistrati antimafia di Napoli faceva parte del commando che il 31 maggio 2008 cercò di uccidere Maria e Francesca Carrino, rispettivamente zia e cugina di Gianluca, per punire Anna Carrino – madre di Gianluca – della scelta di pentirsi. È stato condannato in via definitiva a otto anni di reclusione per associazione mafiosa, tentato omicidio ed estorsione aggravata • Nel febbraio 2017 le figlie Katia e Teresa (allora incinta) sono state arrestate per estorsione ai danni di numerosi imprenditori di Roma e delle campagne di Aversa. Secondo i giudici le due avrebbe ricevuto ordini direttamente dal padre durante i colloqui in carcere, attraverso un sistema di messaggi e allusioni. Il 2 dicembre 2021 la Cassazione ha condannato in via definitiva Katia a sei anni di carcere e Teresa a tre anni.