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 2022  gennaio 31 Lunedì calendario

Biografia di Domenico De Masi

Domenico De Masi, nato a Rotello (Campobasso) il 1° febbraio 1938 (84 anni). Professore emerito di Sociologia del lavoro alla Sapienza di Roma. Teorico dell’ozio creativo. È stato membro della Giuria dei Letterati del premio Campiello e due volte presidente di Ravello Festival, fondato nel 1953, uno dei più antichi e blasonati in Italia. Dal 12 al 24 febbraio 2008 assessore della Regione Campania, deleghe Turismo e Beni culturali (dimissioni per incompatibilità delle cariche: la Regione è uno dei soci della Fondazione Ravello).
Titoli di testa «Bisogna saper oziare per vivere meglio e produrre di più».
Vita Il padre, chirurgo, muore quando lui ha 9 anni. Infanzia da collegiale. Frequenta un istituto salesiano di Caserta, con altri 400 ragazzi. Solo l’estate torna a casa. Con borse di studio per orfani di medici si trasferisce a Perugia. «Avrei voluto fare Lettere e Filosofia ma non c’era. Ripiegai su Legge che non mi piaceva affatto per cui facevo gli esami il più presto possibile nella sessione estiva e li facevo il più tardi possibile nella sessione autunnale. Così tra le due sessioni viaggiavo per l’Europa in Vespa» • «Sono andato a Berlino ma anche in Russia in Vespa. I viaggi li organizzavo per percorsi storici. Chessò, un anno tutti i luoghi napoleonici, da Waterloo ad Austerlitz etc.» • Un giorno nei corridoi dell’università vede una porta con su scritto “Antropologia culturale”. Incuriosito entra e ascolta la lezione del prof. Seppilli: «E Seppilli parlava delle streghe e delle fattucchiere. Alla fine della lezione vado dal professore e gli chiedo: Ma voi parlate sempre di streghe e fattucchiere? O parlate anche di giovani, anziani, conflitti.... “Sì, è la nostra materia”. E come si chiama questa materia? “Sociologia”. E dove si insegna? “Il posto più vicino è Parigi”» • Per tutta l’estate dei suoi vent’anni dà lezioni private e con i soldi guadagnati si compra una nuova Vespa e va a Parigi per fare un corso di sociologia. Conosce Sartre che lo aiuta a ottenere una borsa di studio a La Sorbonne • «Di notte facevo il commesso nell’unica libreria aperta che si chiamava “Joie di vivre” a Saint-Germain. Per me fu una fortuna enorme. Dalle 9 di sera alle 6 del mattino avevo tutti i libri a mia disposizione per studiare» • Tornato in Italia, all’università di Napoli convince un professore, a cui fa da assistente, che insegna “Criminologia” ha cambiare il nome della materia in “Sociologia criminale” • Lavora con l’Iri, con l’Italsider. Fa il pendolare tra Napoli e Milano. Fa anche il manager per grandi imprese. Inizia a pubblicare reportage di carattere sociologico su Nord e Sud. Collabora anche con Il Punto, dove conosce tra gli altri Pasolini • «Tutto questo mi portò alla stesura del mio primo libro. Si chiamava La negazione urbana, un libro su Napoli. Raccontavo vite parallele: quella di un carcerato e quella di un suo compagno di scuola che aveva fatto fortuna. Lo pubblicai con Il Mulino. Ebbe molto successo. E mi proposero un’antologia di sociologia dell’industria anche questo fortunato. E da quel momento pubblicai parecchio con Il Mulino, con Laterza, con Franco Angeli. Da allora ho portato avanti le grandi tematiche post-industriali con un libro pubblicato da Franco Angeli che arrivò a 13 edizioni in meno di un anno. Era intitolato L’avvento post-industriale» • «Il libro fu difeso da Giorgio Napolitano all’interno del Pci. Con la mia teoria finiva l’egemonia operaia e la cosa non piaceva a tutti» • «Poi mi sono dedicato all’Università, la mia grande passione. Anche quando arrivò la legge Pedini, al lavoro preferii l’università anche se pagava un terzo di quello che mi dava l’industria. Ma alla fine non mi è mancato mai niente» • «Mi sono inventato un metodo pedagogico abbastanza nuovo, basato sulla ricerca» • Del 2000 L’ozio creativo: «Gli antichi romani quando arrivavano in un posto per prima cosa creavano un teatro e le terme. Le terme erano il tempio dell’ozio creativo. Tutti i romani andavano verso le 10 del mattino alle terme. Lì non solo si faceva il bagno o ginnastica, si faceva politica, letteratura. Da qui sono passato allo studio della creatività. La creatività è un’attività umana straordinaria. Io ero intrigato dalla creatività collettiva. Mi era chiaro che dall’Ottocento eravamo passati dalla creatività del singolo a una creatività per cui tremila ingegneri della Apple creano un iPad. Iniziai lo studio di centinaia di gruppi creativi del passato: il gruppo di Enrico Fermi, di Pasteur, la Bauhaus a Berlino che portarono al libro L’emozione e la regola. A mio avviso la creatività è sintesi di queste due cose. Non basta avere un’idea, bisogna anche realizzarla. Poi cercai di analizzare la differenza tra la creatività singolare e quella collettiva. Ognuno di noi o è fantasioso o è concreto ma nei gruppi creativi c’erano sia persone fantasiose sia persone concrete. Basta mettere a capo del gruppo una persona carismatica per ottenere la creatività. Molte scuole, anche in Brasile, si basano sull’ozio creativo e su questo concetto di creatività» [granaidellamemoria.it] • «L’opus magnum di De Masi non si limita all’evoluzione storica che l’attività produttiva ha compiuto nei secoli: è anche un manifesto appassionato per la liberazione da un lavoro oppressivo, noioso, non appagante e competitivo. Il futuro che preconizza con spirito utopico, di fronte alle difficoltà che la digitalizzazione e la meccanizzazione impongono al mercato occupazionale, è alla luce della creatività e della cooperazione tra gli individui. Traspare in De Masi una predilezione per l’ozio creativo, dove l’uomo sia l’élite agiata all’interno di una società delle macchine: quasi un ritorno alla romanità che aveva praticato l’otium, opposto al meno nobile negotium, da svolgere nelle terme, luogo di piaceri, ma anche di affari e di decisioni politiche, che la cristianità ha provveduto a cancellare per la sua indecenza» [Bordoni, CdS] • «Quando ho compiuto 70 anni il sindaco di Rotello mi ha festeggiato. In quell’occasione mi regalarono una fotografia della mia classe quando ero in quarta elementare. Eravamo una trentina di ragazzi, ma lì ho capito tutto: erano tutti scalzi tranne me. Io ero il figlio del medico per cui io avevo le scarpe. E ho capito che ho maturato una vergogna di essere ricco. Ricco rispetto agli altri. Rotello era un paese dove c’era la neve d’inverno, andare scalzi era una tragedia. Chissà quante volte mi sono vergognato. Ma solo in quell’occasione ne ho preso davvero coscienza» • «Tempo dopo in Brasile dove avevo stretto amicizia con Oscar Niemeyer che ha sempre avuto una grande attenzione al mondo degli sfruttati. Una volta mi ha detto: “Sono sempre stato animato da un sentimento di solidarietà, in fondo mi vergognerei se fossi un uomo ricco”. Allora l’ho messo in contatto con quella fotografia» [granaidellamemoria.it] • Parallamente all’insegnamento universitario, Domenico De Masi ha fondato la “S3. Studium”, una scuola di specializzazione triennale in scienze organizzative, poi trasformata in società di ricerca e formazione. Da tale esperienza è nato il “Master in Comunicazione e Organizzazione” presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma • Tra i suoi numerosi impegni no profit, Domenico De Masi ha curato la parte sociologica relativa alla realizzazione del Villaggio Matteotti, progettato da Giancarlo De Carlo per la società Terni; ha fondato e diretto la SIT-Società Italiana Telelavoro per la diffusione del telelavoro e la sua regolamentazione sindacale • Ha fondato e diretto la rivista Next • «Sono un militante della sinistra ma non ho mai avuto rapporti o vantaggi dalla sinistra ufficiale. Sono sempre stato libero» [granaidellamemoria.it] • Amico di Beppe Grillo ha condotto diversi studi per il M5S, pur non aderendo al Movimento: Come è iniziata la sua collaborazione con i grillini? «Subito dopo le elezioni del 2013 mi hanno telefonato alcuni deputati 5 Stelle della commissione Lavoro per organizzare un seminario aperto a tutti i gruppi parlamentari proprio sul tema lavoro. Da qui, l’idea di una ricerca su come si sarebbe trasformato nel decennio successivo». Che cosa dice dei costi? «Le ricerche costano. E i soldi non li ho presi tutti io: ogni volta hanno collaborato per 3-4 mesi una quindicina di persone. È un prezzo normale. Credo che ogni formazione politica, se vuole fare buone leggi, dovrebbe basarsi su ricerche di questo tipo. Però oggi avrei difficoltà a collaborare con un partito: tanta fatica, una retribuzione risicata e, per di più, doversi giustificare davanti all’opinione pubblica…». Lei non è l’ideologo del «lavorare gratis»? «Era in un mio libro provocatorio. Piuttosto, credo che ridurre l’orario di lavoro, a pari stipendio, incrementi la produttività: la Germania lo dimostra. Luigi Di Maio sta seguendo questa linea, prende spunto dalle ricerche» [a Daria Gorodisky, CdS] • Era molto amico di Lina Wertmüller: «Per trent’anni, ogni sabato o la domenica, cadesse il mondo, lei, Francesco Rosi e io andavamo al cinema insieme. E anche quando Francesco veniva meno, andavamo Lina e io» E dopo il cinema a cena? «Naturalmente. La casa di Lina è stato un luogo incredibile. Era sempre frequentata da gente interessante, la sera si vedevano spesso Arbore, De Crescenzo. Ci sono passati Andy Warhol, Barbra Streisand, Pedro Almodovar. Era attentissima alla cultura e all’arte» [a Gimmo Cuomo, CdS] • Amico anche di Luciano De Crescenzo, sta scrivendo con Renzo Arbore e Marisa Laurito un libro su di lui, «ognuno raccontando il suo Luciano» [Buccini, CdS].
Amori Sposato due volte: prima con Franca Giambelluca, poi con Susi del Santo, con la quale vive. Ha due figlie, Mara e Barbara, e quattro nipoti: Irene, Edoardo, Iacopo e Arianna.