la Repubblica, 6 febbraio 2022
Intervista a Francesca Lollobrigida
PECHINO – Non ne può più, però insomma la domanda di fronte a quel cognome che sa di Hollywood e Cinecittà non si può eludere, anche con una medaglia d’argento olimpica al collo, la prima dell’Italia a Pechino, la prima di un’azzurra nel pattinaggio di velocità. Non tutti hanno una zia di secondo grado così. «Dunque mio bisnonno, che ora non c’è più, mi raccontava di essere parente dell’attrice Gina Lollobrigida e di averla conosciuta, loro sono di Subiaco.
Ma lei non l’ho mai conosciuta né mai ho approfondito, non ho quasi tempo per i miei parenti stretti.
Quali suoi film ho visto? Pinocchio. Più famosa di lei adesso? Non mi permetterei mai». È tutto speciale in Francesca Lollobrigida, argento nei 3000 in questo Oval di ghiaccio dove sfrecciano olandesi, canadesi e asiatiche, e insomma non ti aspetti di trovare tra le regine una romana che vive sul mare di Ladispoli. Ma lo è già da tempo, famosa, agli ultimi Europei di Heerenven, nei Paesi Bassi dove lo “speed skating” è religione, era esposta una sua gigantografia.
Anche se la grande chance olimpica, prima di Pechino, era fallita: settima nella mass start in Corea.
Cosa è cambiato dal 2018 a oggi?
«Quattro anni fa non ero matura, non ero in grado di gestire la pressione dei media. Ne abbiamo così pochi, che ci seguono durante l’anno, poi all’improvviso alle Olimpiadi sono diventati tantissimi. Ho sbagliato poi a puntare tutto su una gara in programma l’ultimo giorno, un’attesa troppo lunga. E non ero neanche al cento per cento.
Adesso no, sono al massimo, la strada scelta è quella vincente, non ho più rimpianti. Sono maturata. Ho un solo problema: devo metabolizzare quel che è successo, infatti non rispondo ai messaggi perché non sono in grado di farlo».
Tempo fa sembrava quasi in esilio, viveva lunghi periodi in Olanda dove è più famosa che in Italia.
«Mi trasferivo per fare le loro maratone sul ghiaccio, sui canali, ma da quando ho deciso di intraprendere un percorso con la nazionale non ci vado più, ormai sono due anni».
Ha parlato di strada vincente: quale?
«Ho dovuto accantonare l’amore della mia vita, per poter raggiungere questo risultato.
Parlo del pattinaggio a rotelle, che non ho mollato, sia chiaro.
Arrivata quasi a 31 anni devo raccogliere le mie forze per un solo obiettivo. A proposito, il mio compleanno cade il 7 febbraio, giorno in cui correrò i 1500.
Divento più vecchia…».
È partita dal Lazio dove non ci sono piste, come ha fatto?
«La mia storia è questa. Sono nata a Frascati, perché l’ostetrica di mia mamma stava lì quel giorno.
Ma mi sono allenata sempre a Roma, al Tre Fontane. Rotelle, ovviamente».
Ha raccontato quella storia di suo padre Maurizio, ex pattinatore, che in macchina le apriva la strada mentre lei si allenava.
«A quanti ho dovuto dire “porta rispetto, sto faticando”, mentre mi suonavano il clacson. Una volta ci hanno multato per eccesso di velocità: stavo andando a 50 all’ora quando il limite era di 30».
Il passaggio al ghiaccio come è avvenuto?
«Con mio padre che nel weekend guidava da Roma alla pista di Baselga di Piné, in Trentino, mentre io facevo i compiti.
Quattro automobili abbiamo buttato via in quel periodo».
In questi quattro anni si è sposata e trasferita sul lungomare.
«Ora vivo a Ladispoli, mi affaccio dal balcone e vedo il mare. Per me è anche più facile andare in bici o a correre. Sono tre anni che abbiamo fatto questa scelta con mio marito Matteo».
Progettista di impianti elettrici e fotovoltaici, prima di dedicarsi, guarda caso, a studiare scienze motorie e allenare rotellisti.
«Questa medaglia la dedico a lui, come alla mia famiglia. Ma sono stati anche anni difficili, e io penso anche a quando siamo finiti in bolla con tutta la nazionale a Baselga per il Covid.
Anche a loro penso in questo momento. Grazie. E L’Olimpiade è appena iniziata».