Corriere della Sera, 6 febbraio 2022
L’Islanda dice addio alla caccia alle balene
Oggi forse anche il capitano Achab si darebbe all’osservazione delle balene invece di dare la caccia a Moby Dick. Persino l’irriducibile Islanda ne ha preso atto: le megattere possono rendere più da vive che da morte. Così si avvia a relegare gli arpioni nei musei anche l’ultimo Paese al mondo con Norvegia e Giappone in cui è ancora consentito praticare la caccia ai cetacei. È stata la ministra della Pesca, la verde Svandis Svavarsdottir, ad annunciarlo: «Per il governo ora ci sono poche ragioni per rinnovare le autorizzazioni di pesca oltre la scadenza nel 2023. Oggi questa attività non rende più, non vale più lo sforzo né la disapprovazione del mondo. Vista la bassa domanda di mercato l’Islanda prevede di abolire la caccia delle balene dal 2024».
Più che un tracollo repentino, un lento declino: da quando nel 2006 Reykjavik decise di interrompere la moratoria internazionale, anno dopo anno è diventato evidente che non si trattava più di un’attività redditizia. Fino alle ultime tre estati – la stagione della caccia – quando gli arpioni sono rimasti praticamente inutilizzati: solo una balenottera è stata uccisa, ben sotto il tetto dei 426 esemplari consentiti dal 2019 al 2023. Non è più redditizio cacciare balene nelle acque islandesi perché la zona di interdizione alla pesca è stata estesa e le baleniere sono costrette a viaggiare sempre più lontano, ha spiegato Gunnar Jonsson, l’amministratore delegato di Ip Utgerd, una delle due società baleniere islandesi. L’altra, la Hvalur, ha evidenziato il problema della forte concorrenza con il Giappone, i cui prodotti a base di balena sono sovvenzionati dal governo. Il problema è che il consumo di carne di balena è in picchiata in Giappone come in Islanda. Gli islandesi, sempre più avversi alla caccia, hanno praticamente smesso di consumarla. Solo il 3% di loro la mangia regolarmente, secondo un sondaggio. In Giappone 9 abitanti su 10 dicono di non averla mai comprata nell’ultimo anno, soltanto gli anziani la apprezzano e ci sono migliaia di tonnellate di prodotto stoccato nei congelatori, stima una ricerca commissionata dall’International Fund for Animal Welfare. Eppure il governo di Tokyo in nome della sovranità e della tradizione ha ingaggiato una lotta con la comunità internazionale sfilandosi nel 2018 dalla Iwc che nel 1986 ha sancito l’intoccabilità dei cetacei in via d’estinzione.
I consumatori
Il consumo di cetacei è crollato anche in Giappone, dove però
l’abolizione è lontana
La Norvegia sta incontrando difficoltà simili, con i balenieri che faticano a onorare le quote. Ma per ora nessun dietrofront ufficiale da Oslo.
Reykjavík fa da apripista anche nelle strategie di riconversione. L’Islanda sta investendo sul whale watching, diventata una delle principali attrazioni turistiche: genera oltre 11 milioni di euro all’anno con più di 200 mila visitatori. Nelle acque islandesi è possibile avvistare oltre venti specie di cetacei. Le balene locali, già minacciate dai cambiamenti climatici e dall’impoverimento dei mari dovuto alla pesca industriale, potranno almeno nuotare senza il timore di essere cacciate.