Corriere della Sera, 6 febbraio 2022
Di Maio lascia il Comitato di garanzia
MILANO «Lascio il mio ruolo nel comitato di garanzia»: Luigi Di Maio telefona a Giuseppe Conte poco prima di rendere pubblica la sua decisione. Niente disgelo, solo una comunicazione formale. Lo stesso avviene con i capigruppo. Diverso il discorso con Beppe Grillo (che in giornata torna a far sentire la sua voce), con lui i toni sono più distesi. Il ministro degli Esteri lo aveva detto qualche giorno fa: «È un momento di importante riflessione». Ieri ha rotto gli indugi e scelto una strada.
Dietro alla sua mossa – un passo di lato in un organo che ha il potere di sfiduciare il leader e decidere i criteri delle candidature – c’è nelle intenzioni del titolare della Farnesina un triplo messaggio: lanciare un segnale distensivo nel partito (nonostante le sirene centriste che continuano a essere forti), evitare di polarizzare lo scontro politico in un duello tra lui e Conte e avere le mani libere per poter dare il suo «contributo» ai Cinque Stelle. «Non è una questione personale», precisano fonti vicine al ministro. «Non si tratta di sostituire Conte, i vice o minacciare una scissione: si tratta di rilanciare l’azione del Movimento».
«Compatti con una visione unitaria che accolga le idee di tutti, così potremo rilanciare il Movimento. È necessario parlare di temi, mettere in campo idee e progetti, è fondamentale per rendere sempre più competitivo il M5S. No ai litigi», dice il titolare della Farnesina ai parlamentari che lo hanno sentito in queste ore. La decisione di Di Maio – precisano i suoi – vuole essere il volano per «l’apertura di un confronto reale, non di facciata». Anche per questo motivo, la nota di replica del M5S – che parla di «passo dovuto» – ha lasciato di stucco. «Troppo aggressiva», sentenziano diversi esponenti in seno al gruppo. La nota, in realtà, non è stata condivisa dai capigruppo che si aspettavano una uscita di Conte e non a nome del partito. «Un vero leader avrebbe risposto diversamente facendo un passo di avvicinamento», commentano i dimaiani.
Lui, il ministro, però, ha intenzione di non personalizzare la questione. E aspetta un confronto (saranno i capigruppo a chiedere un incontro). La strategia è chiara: Di Maio vuole farsi portavoce, essere un punto di sintesi delle istanze che emergono dal gruppo. «Ci sono diverse preoccupazioni», dice un parlamentare. Tra i contiani l’ascia di guerra non è sepolta. C’è chi parla di «volontà di erodere il leader goccia a goccia», ma il ministro – spiegano i ben informati – vuole affrontare l’agenda del Movimento, confrontarsi sulla linea politica. Dimettersi è stato un passo necessario per non delegittimare la sua voce politica (e le decisioni prese come presidente del comitato di garanzia).
I contiani non si fidano, temono una imboscata parlamentare, invocano un chiarimento con gli iscritti (senza votazione online però) e sostengono che il ministro «è in difficoltà, non solo nel Movimento ma anche nel governo». Ribadiscono che «un conto è il confronto, un altro conto è fare ciecamente ciò che dice Di Maio». Tra i due litiganti ci sarà il gruppo di deputati e senatori, che al suo interno ha mille sfaccettature. Lo scontro potrebbe spostarsi sull’agenda e sui vice. «Il Movimento è sempre stato leaderistico – commenta un Cinque Stelle – ma anche all’epoca di Gianroberto Casaleggio, nel direttorio convivevano diverse aree. Conte si confronta solo con i suoi fedelissimi». «E la cabina di regia? Il ministro ne faceva parte», ribatte un contiano.
Il clima è sempre rovente. Di Maio attende: non ha fretta, ma farà sentire la sua voce quando lo riterrà opportuno. Sono diversi i temi politici su cui il Movimento dovrà intervenire. Dopo il Colle, il prossimo terreno di scontro potrebbe essere quello delle Comunali, con Conte chiamato a invertire il trend negativo delle Amministrative dello scorso autunno.
Nella bagarre generale torna a farsi sentire Beppe Grillo. Tra i due big, il garante torna in prima linea con un post ricco di proposte. «Il risultato di questa guerra è che Grillo ha commissariato tutti», commenta a caldo un parlamentare.