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 2022  febbraio 06 Domenica calendario

Gli errori di Galileo

L’estate scorsa ho trascorso alcuni giorni a leggere il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei, in inglese e ad alta voce. Non per bizzarria, ma perché l’astrofisico Brian Keating ha avuto l’idea di realizzare in audiolibro la traduzione inglese del grande Dialogo di Galileo, e mi ha proposto di leggere la parte di uno dei personaggi. L’accento italiano, a suo dire, avrebbe reso l’audiolibro più realistico per il pubblico anglofono. Ho accettato a condizione di avere la parte di Salviati, il personaggio che espone le idee di Galileo, e quindi finisce per avere sempre ragione. Brian stesso legge la parte di Sagredo, il saggio amico che arbitra, e ovviamente dà ragione a Salviati; e Lucio Piccirillo, radioastronomo, più sportivamente di me legge la parte di Simplicio, il rappresentante degli aristotelici che difendono il modello Tolemaico con la Terra al centro dell’universo, che dal dialogo esce a pezzi. Fabiola Gianotti legge la breve introduzione di Galileo.
Leggere il libro dall’inizio alla fine in inglese è stata una fatica, ci sono pagine tecniche e noiose, ma la fatica è stata ripagata dalla gioia dell’immersione in quello che è uno dei più importanti libri dell’umanità. Uno scintillare di intelligenza e brio.
È il libro con cui Galileo ha fatto trionfare il copernicanesimo, che giaceva pressoché ignorato da oltre un secolo. Il libro, insomma, per mezzo del quale queste creaturine sventate che siamo noi si sono finalmente rese conto di non vivere al centro dell’universo ma di stare su una grande pietra che rotola vorticosamente su sé stessa e attorno al Sole, come molte altre. Non è stato facile convincere l’umanità. Galileo vi ha rischiato la vita e ha finito i suoi giorni agli arresti domiciliari per averlo fatto, facendo imbufalire il papato.
Come ha fatto Galileo a convincere? Il libro è uno straordinario esercizio di retorica, nel senso più alto della parola. Il dialogo è spesso vivace e accattivante, la lingua ricca e molto bella (la scrittura di Galileo è stata lodata dai grandi critici classici della letteratura italiana, da Natalino Sapegno a Francesco De Sanctis, che ne giudica la concretezza «l’ultima perfezione della prosa»). Le argomentazioni sono variegate, piene di esempi concreti e sempre tese alla chiarezza («D’altro più non si cura fuorché d’essere inteso» scrive Giuseppe Parini). Galileo ha una vastissima e multiforme cultura, profondamente rinascimentale, che spazia fra scienza, musica, saper-fare manuale, e letteratura.
Ma la vera forza retorica del libro sta nell’acuta consapevolezza di Galileo del fatto che la tesi che sostiene è profondamente contro-intuitiva e cozza con quanto appare ovvio, palese, a tutti. Galileo fa finta di combattere contro quei parrucconi residuati del passato che sono gli aristotelici che difendono il vecchio sistema tolemaico ma sa bene che sta combattendo contro un drago ben più possente e micidiale: il senso comune.
Come si fa a convincere l’umanità intera che la Terra sulla quale tiene i piedi, così palesemente immobile, si sta in realtà muovendo a decine di miglia al secondo, trascinata in una corsa pazza? Come si fa a convincere tutti che bisogna ri-categorizzare la realtà: non più «cose qui sulla Terra» da una parte e «astri celesti» dall’altra, bensì: «Sole» da una parte e «pianeti» dall’altra, levando la Terra dalla sua posizione ovvia, e il Sole dalla famiglia degli astri, mettendo la Terra alla stregua di quei puntini vaganti del cielo come Venere e Marte, e lasciando curiosamente là fuori la Luna, a fare categoria a sé? (E grazie al cielo che Galileo aveva almeno visto nel cannocchiale le lune di Giove, così da attenuare questo imbarazzo per Copernico: la Luna tutta sola). Come si fa a convincere tutti che il cielo che vediamo girare ogni giorno sopra la nostra testa, il Sole e la Luna che vediamo sorgere e tramontare, in realtà non sorgono e non tramontano, siamo noi che facciamo capriole? Come si fa a convincere l’umanità intera che «muoversi» è una nozione così profondamente ambigua?
Ci vogliono pazienza, lentezza, esempi. Prendere una a una le argomentazioni che argomentano l’ovvio, e una a una smontarle piano piano. Mostrare che non sono così solide come sembra palese siano. È uno sforzo mentale immenso, che Galileo intraprende in profonda solitudine. Nessuno dei pochi astronomi che avevano provato a seguire Copernico aveva in fondo avuto il coraggio di prenderlo così sul serio, e a dire a tutti che la Terra sta davvero girando.
Ci sono brani rimasti celebri nella storia della scienza. Forse il più bello è la descrizione dei fenomeni che si possono osservare in una cabina di una nave che naviga in mare tranquillo: nulla indica che la nave si stia muovendo. «Rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti: siavi anco un gran vaso d’acqua, e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vada versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca che sia posto a basso; e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza… Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia mentre il vascello sta fermo non debbano succedere così: fate muovere la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur di moto uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti; né da alcuno di quelli potrete comprendere se la nave cammina, o pure sta ferma...».
Se dentro una nave che si muove non vi rendete conto che si muove, non vi viene forse il dubbio che anche in una Terra che si muova non vi rendereste conto che si muove?
Il libro si divide in quattro giornate: i tre protagonisti si incontrano durante quattro giorni per discutere i due «massimi sistemi del mondo», tolemaico e copernicano. Nel corso di tre giornate, Salviati crea dubbi su una dopo l’altra tutte le obiezioni contro la possibilità che la terra giri. Questo sforzo estremo di Galileo di entrare nella mente del lettore e provare a scardinarvi ciò che il lettore considera più ovvio è il pathos di questo libro immenso, ed è il cuore di quella che a me sembra la scienza nel suo maggior fulgore: offrirci occhi profondamente nuovi per guardare il mondo.
Anche oggi è lo stesso: la scienza migliore si fa strada con difficoltà, contraddicendo ciò che ci sembra ovvio. Galileo ha aperto la strada.
E tutto questo, in un libro che in fondo, dal punto di vista scientifico, è totalmente sbagliato. Nella quarta giornata, Galileo finalmente mette sul piatto quella che dichiara essere la vera prova del fatto che la Terra ruota su sé stessa e intorno al Sole. La prova sarebbe questa: il movimento combinato della rotazione terrestre e dell’orbita della Terra intorno al Sole fa sì che i mari si muovano di un moto irregolare, che ora accelera e ora rallenta e quindi ne agita le acque: e questo causerebbe le maree! Salviati muove con le mani un piatto pieno d’acqua mimando questo moto irregolare, e l’acqua oscilla. Le maree darebbero dunque la prova definitiva che la Terra gira su sé stessa e intorno al Sole! La prova schiacciante che Copernico aveva ragione: a questa mira l’intero libro.
Brillante. Ma completamente sbagliato. Se Galileo avesse ragionato meglio, si sarebbe reso conto che si stava contraddicendo: proprio i suoi argomenti delle giornate precedenti implicano che questa prova sia sbagliata: come per l’interno della cabina della nave, il moto orbitale della Terra non ha effetti osservabili. Oggi chiamiamo «invarianza galileana» questa proprietà della natura ma lui, Galileo, a ben vedere l’invarianza galileiana non l’aveva capita… Non sono questi moti a causare le maree. Sarà solo Isaac Newton, nato un anno dopo la morte di Galileo, che comprenderà cosa causa le maree: l’attrazione della gravità della Luna e del Sole.
E così anche uno dei più grandi libri dell’umanità è sbagliato, e proprio in quello che l’autore considerava il risultato centrale del libro. Che piacere rileggerlo, nella sua abbacinate grandezza, nella sua scintillante lungimiranza, come nei suoi errori.