Il Messaggero, 6 febbraio 2022
L’anno della siccità
Flussi dei corsi d’acqua dimezzati. Laghi ai livelli minimi. Precipitazioni carenti – o assenti – da mesi. La neve, sulle montagne, insufficiente a garantire il necessario potenziale idrico. Un sensibile aumento di incendi, specie al Nord: da inizio anno i roghi risultano più che quadruplicati rispetto allo stesso periodo del 2021. E così via, di regione in regione, e, soprattutto, per quanto riguarda il clima nel nostro Paese, di anomalia in anomalia. La siccità avanza – anche in inverno – e si teme per la primavera. «Dal 2000 ogni cinque anni, in Italia, si verifica una siccità – dice il climatologo Bernardo Gozzini, direttore Lamma-Cnr – l’ultima è stata nel 2017. Bisognerà attendere l’evolversi della situazione meteorologica, ma questo potrebbe essere l’anno, i segnali ci sono e le previsioni non sembrano annunciare precipitazioni di rilievo».
I NUMERIA misurare situazione e rischio sono i numeri di una serie di mancanze. Il fiume Po è «in secca come d’estate», stando al monitoraggio Coldiretti – «Il livello idrometrico del fiume al Ponte della Becca è sceso a -3 metri, più basso che a Ferragosto» – e per i grandi laghi si riscontrano percentuali di riempimento, «dal 18 per cento di quello di Como al 22 per cento del Maggiore». La portata del fiume Adda ha registrato un calo del 51% rispetto alla media storica, secondo l’Osservatorio ANBI sulle risorse idriche, e in alcuni bacini – Toce-Ticino-Verbano, Brembo, Oglio – sono state rilevate riduzioni che vanno dal 60 per cento a più del 70 per cento. I flussi dei corsi d’acqua toscani risultano tutti dimezzati, tranne l’Ombrone, sceso addirittura del 60 per cento. In alcune regioni non piove da mesi. Inutile – o quasi – confidare nel potenziale idrico rappresentato dalla neve: nell’arco appenninico e alpino, specie in Lombardia e Piemonte, si è verificato un calo del 58%. E così, aumentano gli incendi, in particolare in Piemonte, Lombardia e Liguria. Da inizio 2022, Coldiretti ne ha rilevati diciannove, con una crescita di oltre quattro volte superiore a gennaio del 2021, che peraltro è stato un anno record, con 659 roghi, a fronte della media di 234 annuali tra 2008 e 2021.
Le cause delle tante anomalie di questo inverno sono da ricondurre ai cambiamenti climatici in atto. «L’anticiclone sta diventando sempre più presente anche nei mesi di gennaio e febbraio – spiega Gozzini – è un mutamento che impone una diversa gestione della risorsa idrica. Lo scorso dicembre è stato piovoso, al di sopra della media, ma poi le precipitazioni sono state molto poche, specie al Centro-Nord. In Piemonte non piove da due mesi. La distribuzione delle precipitazioni sta subendo modifiche dovute proprio ai cambiamenti climatici». Il tema non è solo la quantità ma la tipologia di piogge. «Si verificano sempre meno quelle di due o tre giorni – prosegue – e ci sono più fenomeni di precipitazioni intense, con grandi quantitativi d’acqua caduti in poche ore. In quest’ultimo caso, anche se la quantità di pioggia è alta, il terreno non la trattiene. A ciò si aggiunge la presenza di meno neve sulle montagne, dunque di un minore potenziale di risorse idriche derivate dal suo scioglimento. Tutto ciò porta problematiche a cascata, come i roghi, ad esempio. Le temperature più alte della norma, inoltre, stanno anticipando la fioritura, con i rischi che questo può comportare per le coltivazioni, in caso di gelate successive, come quelle che si sono verificate lo scorso anno».
LE COLTIVAZIONIIntanto, la siccità già mette a rischio alcune coltivazioni: «Nella pianura padana le coltivazioni seminate in autunno, come orzo, frumento e loietto, iniziano ora la fase di accrescimento che rischia di essere compromessa dalla siccità», dichiara Coldiretti. Si teme anche per i prati destinati all’alimentazione degli animali e per la semina del mais, prevista tra due settimane. «La siccità secondo l’Associazione è diventata la calamità più rilevante per l’agricoltura italiana, con danni stimati in media in un miliardo di euro all’anno, soprattutto per le quantità e la qualità dei raccolti». Occorre intervenire con urgenza. «Andrebbero creati piccoli invasi artificiali distribuiti sul territorio – conclude Gozzini – ed esiste la tecnologia per ricaricare artificialmente le falde. Bisogna pensare anche alle città, con asfalti e rotonde drenanti, verde urbano e bioarchitettura. Le strategie vanno studiate fin da ora».