La Stampa, 6 febbraio 2022
L’antenato del coronavirus
Dovremo volgerci al passato e interrogare una pandemia storica, la misteriosa “influenza russa” del 1889-91, provocata pare da un coronavirus, per avere un quadro dei possibili sviluppi del Covid-19? Esplorando i potenziali futuri scenari del Covid-19 – mentre è in ballo la salute e la vita delle popolazioni di interi continenti – saltano agli occhi i suggestivi risultati degli studi di esperti di coronavirus e la storia della misteriosa malattia simi influenzale, conosciuta come “influenza russa”, diffusasi da San Pietroburgo attraverso l’Europa e fino agli Stati Uniti. L’ipotesi che si tratti di un precedente del Covid-19 è sostenuta da non pochi virologi. Sembrano accumulare conferme, da una parte le indagini scientifiche sul coronavirus ancora in circolazione, responsabile dei comuni raffreddori (OC43, emerso intorno al 1890, al tempo dell’influenza russa, quando un’epizoozia imperversava tra i bovini in Europa). Dall’altra, innumerevoli rapporti ufficiali e relazioni su quella pandemia, recuperati da antichi giornali medici come Lancet e negli archivi storici. Una terribile e ben “strana influenza” – con le sue quattro ondate – la giudicarono i contemporanei, tra cui Winston Churchill, al tempo quindicenne, che alla malattia dedicò un poema nel 1890.In effetti le sue caratteristiche erano del tutto simili a quelle che contraddistinguono Covid-19: una malattia multiorgano comprendente sintomi respiratori, intestinali e neurologici; perdita del gusto e dell’olfatto; lentezza nella guarigione, stanchezza che rimanda al long Covid. Non solo. A differenza dell’influenza, la mortalità era elevata nei soggetti anziani mentre i bambini erano per lo più risparmiati. Inoltre alcuni rapporti contemporanei riferivano di infezioni presumibilmente trasmesse dall’uomo agli animali da compagnia, inclusi un gatto e un cane, circostanza che rimanda alle infezioni veterinarie documentate per Sars-CoV-2 in gatti, criceti e visoni. La sua diffusione fu velocissima. Nessun continente fu risparmiato, come è avvenuto col Covid-19. Le due pandemie si sono comportate in modo simile nella loro rapida e distruttiva diffusione in tutto il mondo, nel nero bilancio delle vittime e nelle distinte ondate di infezioni: come con la variante Omicron, la maggior parte di queste ultime, era lieve. Ma circa un caso su cento provocava gravi malattie o decessi, in particolare per coloro con condizioni di salute compromesse: con circa un milione di vittime su una popolazione mondiale di 1,5 miliardi di persone, rappresenta quindi una delle grandi epidemie del 19° secolo. Gli epidemiologi stimano che fino al 60 per cento della popolazione sia stata infettata nella fase iniziale tra il 1889 e il 1892. Ma l’immunità di gregge non fu raggiunta: da qui le ondate ricorrenti di malattia, caratterizzate, talune, da un’elevata mortalità.Cosa possiamo imparare da quella lontanissima pandemia, ammesso che sia stata causata da un coronavirus? Intanto che la “durata naturale” di una pandemia simile al Covid-19 è durata cinque anni, in cui le popolazioni vissero l’esperienza di ondate ripetute più o meno gravi. Nell’era dei vaccini e dei farmaci, la sua traiettoria naturale può essere cambiata dalle campagne di vaccinazione. La pandemia si placherà prima di quanto avvenne a fine Ottocento, a patto di controllare l’esplicita opposizione alla vaccinazione in una parte consistente delle popolazioni e la riluttanza delle autorità politiche a renderla obbligatoria.