Corriere della Sera, 5 febbraio 2022
La moglie di Weah: «Una furia a letto»
Un autogol dietro l’altro per un grandissimo bomber divenuto ormai da cinque anni presidente della Liberia. George Weah, Pallone d’Oro nel 1995, è nella bufera per un pasticcio da lui stesso creato e anche per la classica toppa peggiore del buco.
Tutto nasce dalla biografia pubblicata in patria il mese scorso «George Weah: il sogno, la leggenda, la salita al potere». Nel capitolo 13, curato da Isaac Vah Tukpah, uno dei due autori del libro, si parla della first lady, Clar Marie Duncan, cittadina americana al fianco dell’ex attaccante milanista dal 1993: «Una furia a letto» è il virgolettato attribuito a Weah, che ha scatenato un caso politico, innescando la reazione del leader dell’opposizione, Alexander Cummings, soprattutto per la «mancanza di rispetto e per la denigrazione delle ragazze e delle donne».
Ma l’intreccio presenta ulteriori nodi, politici e sociali, in un Paese che non ne sentiva il bisogno: Tukpah ha lavorato al libro e in seguito è diventato capo dello staff dello stesso Cummings, che si è visto costretto ad accettare le dimissioni del suo collaboratore, pur sottolineandone l’affidabilità e la competenza.
L’incauto biografo martedì notte ha cercato di lasciare il Paese per scollinare in Sierra Leone nella zona di Grand Cape Mount County, ma è stato bloccato e trattenuto. Non si è trattato però di una misura repressiva, come era sembrato in un primo momento e il governo di Monrovia per evitare ulteriori danni di immagine ha precisato in una nota dettagliata che Tukpah «non è ricercato, non rischia alcun arresto ed è libero di viaggiare, sebbene sia stata intrapresa un’azione legale nei suoi confronti». Sostanzialmente la colpa è sua, come ha sottolineato il ministro dell’informazione, Ledgerhood Rennie, perché ha tentato «di attraversare il confine in un punto non autorizzato e già chiuso, senza gli appropriati documenti di viaggio. È stato trattenuto per ragioni di sicurezza, data la tarda ora».
La reazione sconclusionata di Tukpah, così come la proditoria divulgazione delle confidenze private fatte da Weah sulla moglie, vengono derubricate dal governo di Monrovia come l’ennesimo tentativo di screditare il presidente. Proprio ieri però l’Economist, in un pezzo titolato «Un orrore che continua», ha ricordato con storie e numeri sconfortanti la piaga degli stupri in Liberia, che lo stesso Weah ha definito «emergenza nazionale». Il lavoro da fare è improbo. E, nel suo piccolo, la biografia, che doveva lanciare la campagna per la rielezione del 2023, non aiuta.