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 2022  febbraio 05 Sabato calendario

Il ritorno di Jacobs


BERLINO – Il “campione all’improvviso” è tornato. E di improvviso non ha più nulla. A Berlino le gambe, il cervello, il cuore di Marcell Jacobs si sono sincronizzati perfettamente mangiandosi sessanta metri indoor in un lampo: 6”51. Quando ha tagliato il traguardo della finale del meeting Istaf, dagli spalti della Mercedes-Benz Arena si è levato un boato. Il proiettile Jacobs, l’oro olimpico Jacobs ha calpestato malelingue e sepolto insinuazioni sotto ai suoi piedi alati ed è tornato a gareggiare confermando il suo talento.
Dopo sei mesi di pausa, esattamente il tempo passato dal trionfo delle Olimpiadi di Tokyo, ha spazzato via ogni residuo dubbio sulla sua stoffa da fuoriclasse. Berlino è stato un traguardo psicologico importante, l’esordio robusto di un’altra stagione che si annuncia intensa. Altro che meteora. Il ventisettenne, adesso, è «l’uomo da battere» come ci ha confessato a caldo dopo la gara, col suo sorriso pulito.
Della gara in sé Jacobs non si è mostrato felicissimo, «mi è dispiaciuto per la batteria, ho pensato troppo», contava di fare un tempo migliore anche in finale, «l’obiettivo era avvicinarsi il più possibile a 6”50 e ci siamo quasi». Dall’anno scorso, stesso luogo, stessa sfida, ha guadagnato cinque centesimi. Ma poi quello speaker che non la finiva di presentarlo – «a un certo punto mi sono preoccupato», ridacchia. Dettagli, quisquilie. Berlino è la chiusura del cerchio, «un anno fa era cominciata qui una stagione fortunata», ricorda.
Al culmine dell’anno da fenomeno, a Tokyo, Jacobs si è issato sul trono irraggiungibile dei velocisti dopo la lunga era della dinoccolata leggenda Usain Bolt, spodestando i sempiterni americani. Primo italiano della storia, primo europeo da trent’anni. Un outsider che ieri sulla pista berlinese si è lasciato alle spalle l’ivoriano Cissé, il tedesco Kranz, il francese Vicaut. L’obiettivo nella prima parte della stagione «è battere il record europeo indoor», il 6,42 di Dwain Chambers, ha dichiarato ieri.
Ieri mattina il suo allenatore Paolo Camossi era fiducioso. «Sta bene fisicamente ed è sereno», ci aveva raccontato al telefono, «e, diciamocelo: ormai è un anno che non scende dal podio». Altro che marziano. Certo, dopo Tokyo è stato sei mesi fermo, attirandosi di nuovo sorrisini ironici, venticelli calunniosi. Si è tolto un dente del giudizio per sbloccare la gamba destra – «mi è costato una settimana di improperi» ridacchia Camossi —, ha perso tre chili e guadagnato un pugno di tatuaggi. Ha visto e rivisto la finale di Tokyo al rallentatore «per caricarsi». Ed è tornato a Berlino perché aveva acchiappato qui, un anno fa, un filone d’oro. Dopo il muro dei dieci secondi sbriciolato come secondo italiano della storia dopo Filippo Tortu, l’oro all’Europeo indoor strappato a Jimmy Vicaut, è arrivata Tokyo.
Ieri Camossi ha sciorinato il calendario di Jacobs: l’11 a Lodz in Polonia, il 17 a Lievin, in Francia, il 26 e 27 ad Ancona per i campionati italiani. Poi un’altra gara da decidere prima dei mondiali indoor a Belgrado dal 18 al 20 marzo. I mondiali outdoor saranno a Eugene dal 15 al 24 luglio, poi gli Europei outdoor a Monaco di Baviera, dal 15 al 21 agosto. Soprattutto, dopo il risultato di ieri nella capitale tedesca, diventa sempre più difficile spodestarlo.
Ricorda Camossi che «nel 2018, quando faceva ancora il salto in lungo, era già velocissimo, valeva 9”95. E la scienza diceva, allora, che poteva arrivare a 9”77. I risultati di oggi li ha sempre avuti nelle gambe». Un diamante grezzo che nelle sapienti mani della sua squadra è diventato affilato come una lama. Da lunghista la metamorfosi compiuta in re dei cento: «Abbiamo stravolto le nostre vite, e ci siamo rialzati più forti dopo ogni caduta», racconta Camossi. Prossima tappa cruciale, Belgrado. Manca solo un mese e mezzo.