la Repubblica, 5 febbraio 2022
Gas, l’Italia punta sul Tap
BRUXELLES – Ricordate il Tap? Il gasdotto che arriva in Puglia, a San Foca, contro cui fino a un paio di anni fa l’M5S si scagliava ferocemente? Sta vivendo una vera e propria rivincita. L’Europa e l’Italia stanno scommettendo su quel corridoio energetico. E viene considerato una delle migliori armi a disposizione per abbassare i prezzi e limitare le arroganze della Russia. Ieri una delegazione di Bruxelles è volata in Azerbaijan proprio per incrementarne la fornitura. L’obiettivo è raddoppiarla entro pochissimo tempo. Passare da 10 miliardi di metricubi a 20.
La trattativa è condotta dalla commissaria all’Energia, Kadri Simson, che è volata a Baku per l’Advisory Council e che punta proprio a trasformare il Tap nella riserva di gas più consistente per l’Europa. «Credo – ha detto la commissaria – che abbia un impatto positivo sui Paesi e sulle regioni che serve e contribuisce fortemente a forniture affidabili, competitive e sostenibili nell’Europa sud orientale».
Bisogna considerare che il Trans Adriatic Pipeline non passa per la Russia nè per l’Ucraina. È un corridoio meridionale, un tubo di 3.500 chilometri che parte dal Mar Caspio e tocca Azerbaijan, Georgia, Turchia, Grecia, Albania e quindi Italia. È dunque “libero” dalla speculazione politica messa in atto dal Cremlino in questi mesi. Si tenga presente che i gasdotti russi in questo momento sono stati messi, per così dire, “a riposo”: trasportano solo il 38% della loro effettiva capacità. I depositi di stoccaggio in Europa di proprietà della moscovita Gazprom sono riempiti per il 16 per cento rispetto alla media del 40. È evidente che Putin sta giocando dolosamente su questo terreno sapendo che il 40% delle esigenze energetiche europee sono soddisfatte dalla Russia.
Il Tap che conclude la sua corsa in Puglia, dunque, sta diventando la migliore alternativa. In questa “pipeline” passeranno entro l’estate 10 miliardi di metri cubi di gas. La speranza è di implementare rapidamente fino a 16 miliardi di metri cubi, la metà dei quali è riservata proprio all’Italia. Ma l’obiettivo, appunto, è superare questa soglia e andare oltre i 20 miliardi. «Il partenariato energetico strategico tra la Repubblica dell’Azerbaigian e l’Unione europea – ha detto ancora la Simson che a Baku è stata accompagnata dal suo capo di gabinetto, Stefano Grassi – è basato su obiettivi condivisi di sicurezza energetica a lungo termine, sicurezza dell’approvvigionamento e sulla transizione verso l’energia verde».
In questo contesto l’Italia può essere aiutata anche dai Paesi balcanici. Che devono affrontare la transizione ecologica riducendo progressivamente l’uso del carbone. La Bulgaria, ad esempio, che riceve un pò più dell’1 per cento del gas trasportato dal Tap potrebbe incrementare la richiesta e quindi invogliare il governo azero a far salire la produzione. E non è un caso che alla riunione di ieri abbiano partecipato anche i rappresentanti dei governi di Ucraina, Moldova, Usa (Washington sta provando a ridurre la dipendenza europea con il loro gas liquido, a gennaio sarà toccato il record di trasferimenti verso il Vecchio Continente) e Gran Bretagna.
L’Azerbaijan, infatti, è potenzialmente in grado di moltiplicare le sue forniture. I nuovi giacimenti formano un bacino capace di produrre 400 miliardi di metri cubi di gas l’anno. Per fare un termine di paragone, il fabbigono dell’Italia ammonta a 70 miliardi di metri cubi. Un risultato che potrebbe essere facilmente raggiunto se i contatti con il Turkmenistan procederanno positivamente dopo anni di dissapori. Il governo di Ashgabat, infatti, che ora esporta il suo gas principalmente verso la Russia e la Cina, ha iniziato a rivolgere lo sguardo a occidente. E per portare il metano in Europa studia la possibilità di collegarsi proprio al Tap.