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 2022  febbraio 05 Sabato calendario

Carrie Symonds come lady Macbeth

LONDRA – «Traditrice». Nei corridoi di Downing Street, qualcuno sostiene di avere sentito Carrie Symonds, moglie del primo ministro, troncare così la discussione con Munira Mirza, consigliera di lungo corso di Boris Johnson, quando nei giorni scorsi ha dato le dimissioni. È vero che Munira era rimasta al fianco di Boris per quattordici anni. Ma l’epiteto suona melodrammatico, teatrale. D’altra parte, l’edificio dietro il celebre portone con il numero 10 sembra sempre più un palcoscenico, il dramma che vi si recita potrebbe essere scritto da Shakespeare e non è la prima volta che la first lady viene paragonata a lady Macbeth.
Si dice che sia stata lei a rompere il patto fra Johnson e Dominic Cummings, artefice prima della vittoria di Boris nella campagna per il referendum sulla Brexit, poi del trionfo alle elezioni di due anni fa: una foto li ritrae tutti e tre che esultano insieme attorno a un tavolo, quando la Bbc diede le prime proiezioni del voto. Poi però i rapporti fra consorte e super consigliere si sono guastati e le indiscrezioni dicono che fu Carrie a orchestrare l’umiliante allontanamento di Dom, senza pensare che avere un nemico a conoscenza di vizi e segreti del marito sarebbe stato politicamente rischioso. Se in un primo tempo Lady Macbeth ha sconfitto Rasputin, soprannome di Cummings a Downing Street, da allora quest’ultimo diffonde imbarazzanti rivelazioni su Johnson: «È mio dovere – dichiara – fargli perdere il potere». La storia si ripete con l’uscita di scena di Mirza, andata via definendo «un’insinuazione falsa e scurrile» l’accusa di Boris al leader laburista Keir Starmer di non avere indagato un noto pedofilo quando era procuratore capo d’Inghilterra. Viene da chiedersi se in questi conflitti pesino anche differenze di classe: come Boris, Carrie proviene dall’alta borghesia, sebbene nel caso di lei i genitori fossero di sinistra; Mirza e Cummings sono invece figli della classe operaia. Di certo c’è che ai party illegali a Downing Street c’era anche la first lady: anzi uno, per il compleanno per Boris, l’ha organizzato di persona. Chissà se ieri è stata Carrie, magari ispirata da un cartone animato appropriato al loro primo figlio, a suggerire a Johnson una citazione dal musical Il Re Leone, «cambiare è un bene» (nel film pronunciata da un mandrillo), per minimizzare l’ondata di dimissioni nel suo staff dopo quelle di Mirza. L’avvertenza, in questa recita shakespeariana, è che in vita sua Boris Johnson ha dimostrato di riuscire a cacciarsi nei guai senza bisogno di dare la colpa a una lady Macbeth. E che il vento del cambiamento potrebbe soffiare anche per lui.