la Repubblica, 5 febbraio 2022
L’incontro tra Xi e Putin
PECHINO – «L’amicizia tra i due Stati non ha limiti: non ci sono aree di cooperazione proibite». Sintesi perfetta delle oltre cinquemila parole della dichiarazione congiunta che ieri i presidenti cinese e russo hanno siglato qui a Pechino. E il sostegno dell’amico Xi, nel suo braccio di ferro con l’Occidente sulla questione ucraina, Putin se l’è portato a casa. I due si sono visti a pranzo, si sono parlati faccia a faccia (la prima volta da due anni) e poi come due buoni amici se ne sono andati allo stadio, con il loro nuovo “patto a cinque cerchi” in tasca. Sì perché Vladimir Putin era sicuramente la star tra gli invitati di Xi Jinping ieri in tribuna al Nido d’Uccello per l’apertura di questi Giochi olimpici invernali. E l’omaggio gliel’ha reso indirettamente – pure il pubblico di casa salutando gli atleti russi al momento del loro ingresso quasi con un’ovazione.
Quindici gli accordi presi, gas e petrolio su tutti, che valgono 117,5 miliardi di dollari. L’incontro, però, serviva a mostrare in mondovisione che le relazioni tra Mosca e Pechino godono di salute ottima anzi, sono «senza precedenti» come dice il leader russo – e vanno al di là degli aspetti puramente economici. La crisi ucraina e il pressing dell’Occidente è il motivo principe per il quale Putin è volato fino a qui: per cercare una sponda con Xi. Che gliel’ha, a parole, offerta. I due nella dichiarazione congiunta si sono scagliati contro la Nato, opponendosi ad un ulteriore allargamento e invitando l’Alleanza atlantica ad «abbandonare i propri atteggiamenti ideologici da Guerra Fredda». L’Ucraina non viene mai menzionata ma il riferimento è chiaro. La Nato «rispetti la sovranità, la sicurezza e gli interessi degli altri Paesi, e la diversità delle loro culture e tradizioni, e accetti lo sviluppo pacifico di altri governi». Ce n’è poi per l’Occidente tutto – Stati Uniti in primis – accusati di «destabilizzare» l’equilibrio internazionale. Qui è l’Aukus ad essere tirato in ballo: l’alleanza tra Australia, Regno Unito e Usa in funzione anti-cinese. Insomma, uniti, nel denunciare l’influenza americana e dei suoi alleati tanto in Europa quanto in Asia. Nel documento, i leader riconoscono la presenza di forze internazionali che «promuovono con ostinazione l’unilateralismo», «interferiscono negli affari interni delle altre economie» e creano «attriti e scontri che ostacolano il progresso dell’umanità. Cina e Russia si oppongono con forza a tali tendenze e ritengono che la democrazia sia un valore universale, piuttosto che un privilegio di un numero limitato di Paesi».
Dietro all’apparente unità nel condannare l’Occidente si celano in realtà posizioni diverse. Pechino non vuole inimicarsi l’Europa né intende far salire la tensione con gli Stati Uniti. Xi di sicuro non vuole andare a sporcarsi le mani in Ucraina: non vuole essere troppo coinvolto in un conflitto che non può che deteriorare ulteriormente le sue relazioni con l’Ue.
Putin, ripartito ieri sera dalla capitale cinese, si prepara ad una settimana di incontri proprio sulla questione ucraina. Dopodomani, dopo un’intensa diplomazia telefonica, arriverà il faccia a faccia al Cremlino con il presidente francese Emmanuel Macron. Che il giorno dopo a Kiev vedrà l’ucraino Zelenskij. Il 15 febbraio toccherà al cancelliere tedesco Scholz. Chi sta provando pure a farsi mediatore della crisi in questo frenetico scambio diplomatico, è il presidente turco Erdogan: che spera di accogliere Putin in Turchia al rientro da Pechino e riuscire a organizzare un incontro tra il presidente russo e quello ucraino. L’ok di Zelenskij, assicura, sarebbe già arrivato.