la Repubblica, 5 febbraio 2022
La propaganda del fiocco di neve
Promossi i bambini, bocciati gli adulti (infantili). Il presidente Putin, senza mascherina, che si addormenta (o fa finta) quando sfila l’Ucraina. Veramente un bel gesto diplomatico. Grazie al coro dei 40 piccini in stile Zecchino d’oro, costretti nella notte fredda a -6, a cantare in greco, mostrando entusiasmo. Ma non esiste un numero internazionale del Telefono Azzurro per minori? Coraggioso il portabandiera delle Samoa Americane, Nathan Crumpton, skeletonista, nato a Naroibi, che ha sbandierato a torso nudo in sostituzione del pittoresco Pita Taufatofua delle isole Tonga, purtroppo ricoperte della cenere del vulcano e ferite dal maremoto.
Si sa, le cerimonie di apertura devono dire qualcosa di te al mondo. E questa Cina non regala emozioni né misteri. Non è romantica, non è tradizionale, non è vecchia. Anzi guarda alla NextGen, al futuro, allo spazio. Il regista Zhang Yimou ha scelto un approccio snello, molto giovanile, green e a basso consumo, tante luci Led, che illuminano sempre più il 21° secolo, belle scenografie televisive, molti filmati per mostrare che felicità e dolori, cadute e rimesse in piedi, delusioni e conquiste, sono di tutti, non solo dello sport. Nessuna dimostrazione ostentata di arroganza, di grande potenza, ma piuttosto di enorme comunità, obbediente anche quando si diverte. Siamo tutti raccolti in un fiocco di neve. Ci si è affidati ai bambini, che prima fanno capitomboli, poi si rialzano, al nuovo mercato dei consumatori cinesi della neve, se ora sono in 300 milioni a sciare, figurarsi domani. La scelta di musiche classiche è stata abbastanza banale: Bizet, Vivaldi, Mozart, Elgar. Compilation già usata in tanti sport pubblicitari. Mancava solo Nessun dorma. Il presidente Bach in piena crisi politica internazionale e in pieno Capodanno cinese ha fatto il suo bel discorso da Babbo Natale perché la missione dei Giochi «è quella di costruire ponti, non di erigere muri». Ci vogliono tregua e pace. «Give paece a chance». Buona, ma l’abbiamo già sentita. Il presidente Xi Jinping, molto ben coperto e abbottonato, sciarpa, guanti, giacca a vento, accompagnato dalla sua bella signora, ha dichiarato aperti i Giochi con l’entusiasmo di chi viene trascinato dalla moglie ad una gara di cucito. La mantella tricolore dell’Italia è sembrata un po’ troppo grembiulone, bello il teschio della divisa messicana da Dia de los muertos, etnico il poncho color ruggine della Colombia, così come la corona di piume di Timor Est, molto applaudita (unica) la Cina in rosso e beige. Le due uniche vere sorprese alla fine: è la fondista cinese di origine uigura Dinigeer Yilamujiang ad accendere il braciere (brava RaiSport ad accorgersene subito) insieme al collega della combinata nordica Zhao Jiawen. Lei ha 20 anni è nata ad Altay, viene dalla regione autonoma dello Xinjiang, dove vive l’etnia degli uiguri, a religione musulmana, e vittima di forte discriminazioni. Il messaggio è: vedete, noi siamo un unico popolo e non opprimiamo nessuno, anzi valorizziamo le minoranze. La coppia di tedofori che insieme fa 41 anni ha posizionato la torcia come in auto si rimette l’accendino. Non è proprio un tradizionale cauldron, anzi è il più piccolo di tutta la storia, nessuna vampata enorme, perché il grande fiocco Led si è illuminato, mostrando la parola Italy, accanto a quello di China (i nomi delle nazioni erano posizionate secondo ordine di entrata e gli azzurri sono stati penultimi). E poi Imagine. Già usata cinque volte ai Giochi. Basta. Ci si stanca anche ad immaginare. Soprattutto a vuoto.