la Repubblica, 5 febbraio 2022
L’incontro Draghi-Conte
ROMA – Che il nodo sia delicato lo si intuisce dalla tempistica incerta: non è detto che la riforma del Csm approdi giovedì 10 febbraio in consiglio dei ministri, e anzi il rischio è che possa slittare di sette giorni ancora. E però, almeno un passo avanti viene registrato in queste ore. Il governo ha deciso di imporre uno stop alle “porte girevoli” tra magistratura e politica. Nonostante i dubbi di una parte dei giudici e la prudenza del Pd. Lo vogliono Mario Draghi e la ministra della Giustizia Marta Cartabia. E ieri ha confermato il sostegno al progetto anche Giuseppe Conte, durante un colloquio con il premier durato cinquanta minuti. «Ci deve essere una chiara differenziazione di ruoli tra politica e magistratura, non vogliamo porte comunicanti». D’altra è anche uno dei punti chiave del testo Bonafede.
Dopo la battaglia per il Colle, Draghi torna a maneggiare i dossier più delicati. Inevitabile che riparta dalla giustizia, al centro dell’appello di Sergio Mattarella. Sul punto delle “porte girevoli”, come detto, pesa il favore del Movimento, che si aggiunge a quello di Lega, Forza Italia e Italia Viva. Inevitabile, dunque, blindare almeno questo capitolo. Diverso il discorso del sistema di voto per eleggere il “parlamentino” del Csm, su cui continua a mancare un patto di maggioranza. Sarà Cartabia a identificare un compromesso, un meccanismo elettorale “temperato” che scontenti tutti e nessuno.
Draghi, però, ha in mente anche molto altro. Il Pnrr, in particolare. Deve diventare emblema visibile dell’efficacia dell’azione di governo. E così, dopo aver chiesto ai suoi ministri un resoconto dettagliato sulla realizzazione dei piani, scenderà in pista direttamente: mercoledì prossimo è atteso a Genova per visitare i cantieri e toccare con mano lo stato d’avanzamento dei lavori finanziati con i fondi europei. Certo, la pressione della politica resta pesante. I leader inquieti. Il Parlamento ha chiesto ascolto all’esecutivo. Ieri fonti di palazzo Chigi hanno precisato che non esiste l’intenzione di modificare il formato della cabina di regia, negando un cambio di linea.
In ogni caso, il premier non resta fermo: in mattinata riceve Conte, forse il leader meno vicino alla galassia draghiana. Lo fa su richiesta dell’avvocato 5S. Replicherà anche con gli altri leader, se dovessero chiederglielo. Non esclude neanche di organizzare incontri con i capigruppo della maggioranza, su alcuni dossier sensibili come il Def.
Conte, si diceva. Il leader grillino – che poi pranzerà con Enrico Letta è ricevuto dall’ex banchiere. È la terza volta da quando è premier. «Ci incontreremo spesso», assicura alla fine, confermando la volontà di stabilire una consuetudine. Nell’incontro – trapela da fonti del Movimento – l’avvocato assicura al premier che il suo partito punta alla «massima continuità di governo» e sollecita «più coraggio per nuovi interventi». In particolare sulle bollette: «Sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese, come possiamo dire di no a risorse aggiuntive?». A Draghi, però, non chiede un ulteriore scostamento di bilancio, che comunque non è in agenda. Secondo fonti dell’esecutivo, non si sarebbe discusso della vicenda del Quirinale. Dal Movimento ci tengono invece a far saper altro: Conte avrebbe chiarito che nello stop all’elezione di Draghi al Colle non ci sarebbe stata «nessuna preclusione personale», ma solo la volontà di preservare gli equilibri dell’esecutivo. Per le stesse ragioni, il leader 5S nega la volontà, anzi «la favola del voto anticipato».
E Luigi Di Maio? Conte non conferma di averne parlato con il capo dell’esecutivo: «Stretto riserbo sul tema». Ma poi condanna, di nuovo, le correnti interne che «nei 5S non sono permesse». A conferma dell’infinita battaglia che lacera i grillini.