ItaliaOggi, Il Giornale, 5 febbraio 2022
Inflazione al top da 20 anni
Ugo Arrigo per ItaliaOggi
L’inflazione è risultata ancora in netta crescita nel mese di gennaio, sempre trainata dai prezzi dei beni energetici, e gli effetti del caro energia iniziano ormai a farsi sentire anche su altri comparti della spesa dei consumatori. Rispetto a dodici mesi prima i prezzi al consumo, misurati dall’indice per l’intera collettività nazionale (NIC) al lordo dei tabacchi, sono risultati maggiori del 4,8%. Questo tasso tendenziale è più alto di quasi un punto rispetto al 3,9% che era stato registrato in dicembre. Mese su mese, dunque gennaio su dicembre, i prezzi sono invece aumentati dell’1,6%, anche questo un dato record di cui non trova equivalente nei due decenni sinora trascorsi dal debutto della moneta unica europea.
L’accentuarsi dell’inflazione è ancora una volta prodotto dalle dinamiche dei prezzi dei beni energetici, la cui crescita su base annua passa dal +29,1% di dicembre al +38,6%, valori questi più simili a eventi di grandi crisi petrolifere il cui ricordo, dopo oltre tre decenni trascorsi da quella del 1979/80, sembra essere completamente svanito. Tra i beni energetici si nota tuttavia una netta differenza tra quelli soggetti a regolamentazione pubblica dei prezzi, elettricità e gas, che salgono dal +41,9% di dicembre al +93,5%, dunque quasi un raddoppio in soli dodici mesi, e quelli che invece non sono regolamentati, principalmente i combustibili, che si attestano su valori anch’essi elevati ma comunque più contenuti, passando da +22,0% a +23,1%.
Al di fuori dei beni energetici tutti gli altri comparti registrano tassi ancora contenuti ma tuttavia in diversi casi in sensibile rialzo, ad esempio i beni alimentari con un +3,5% su base annua, al cui interno tuttavia i lavorati crescono dal +2,0% al +2,4% mentre i non lavorati, dunque i beni dell’agroalimentare, dal +3,6% al +5,4%. Nel comparto dei servizi, complessivamente ancora tranquillo, crescono i prezzi di quelli ricreativi, culturali e per la cura della persona da +2,3% al +3,5% mentre rallentano i servizi di trasporto dal +3,6% al +1,4%. Nell’insieme i servizi si attestano su un +1,7% su base annua, dato molto simile al +1,8% che riguarda tutto l’indice se togliamo da esso i soli beni energetici. A fungere da calmieratore sono per fortuna i beni non alimentari non energetici con un contenuto +0,8%.
Se si fa riferimento all’inflazione di fondo, quella che esclude i più volatili beni energetici così come i più volatili alimentari freschi, essa rimane stabile al +1,5%, mentre quella al netto dei soli beni energetici accelera da +1,6% a +1,8%. Se distinguiamo tra i beni nel loro insieme (alimentari, non alimentari ed energetici) rispetto ai servizi vediamo che su base annua accelerano i primi da +5,5% a +7,1% mentre la crescita dei servizi resta stabile al +1,7%. Permane dunque un differenziale inflazionistico tra questi ultimi e i beni che, ancora negativo per -5,4 punti percentuali, si mostra in crescita rispetto al -3,8% di dicembre.
A causa delle elevate dinamiche dei prezzi nell’ultima parte del 2021 e in gennaio, l’inflazione acquisita per il 2022, dunque il dato annuo che si verificherebbe se nei prossimi undici mesi il livello dei prezzi restasse assolutamente stabile, è già pari al +3,4% anche se al netto di energia e alimentari freschi, dunque la componente di fondo dell’inflazione, il dato si riduce al +1%.
Se guardiamo invece all’aumento congiunturale, dunque mese su mese, gennaio rispetto a dicembre, vediamo che l’incremento dell’1,6% dell’indice generale è dovuto alle dinamiche consistenti di poche categorie: i beni energetici regolamentati che han fatto un +42,9% in un solo mese, e, in misura minore, gli energetici non regolamentati (+3,2%) e gli alimentari non lavorati (+2,1%). Solo i servizi relativi ai trasporti diminuiscono (-1,6%), secondo l’Istat per l’effetto di fattori stagionali.
In ultimo è opportuno ricordare che il tradizionale indice dei prezzi italiano per l’intera collettività di cui abbiamo parlato sinora, la cui sigla è NIC, è diverso per metodologia di calcolo da quello utilizzato a livello europeo da Eurostat per le comparazioni tra paesi dell’Unione. Quest’ultimo, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), la cui metodologia è identica per tutti i Paesi, ha avuto un incremento mensile molto più ridotto, solo lo 0,2%, ma maggiore su base annua: il 5,3% dal +4,2% di dicembre. Una differenza tra i due è ad esempio il diverso modo di trattare i saldi stagionali, tipici del mese di gennaio per l’abbigliamento e le calzature, che non influiscono sul NIC ma invece sono inclusi nell’IPCA che ha registrato una diminuzione di questo comparto merceologico pari al 19,1%.
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Nicola Porro per i Giornale
NICOLA PORRO
In economia e soprattutto in finanza, la discesa agli inferi, dipende sempre da chi ci accompagna. Se a farci precipitare è nell’ordine l’Europa, la Banca centrale europea e Mario Draghi, ci convinceranno che all’inferno non si sta poi così male. La prova è il cosiddetto spread. Anche se oggi è sostituito dall’incubo del booster (la terza dose che avrebbe dovuto salvarci dai contagi), lo spread esiste oggi come esisteva nel 2011, quando rappresentava il termometro della crisi. Vi ricorderete che lo spread non è altro che il differenziale tra i tassi di interesse che pagano i titoli di Stato italiani a dieci anni e i loro simili tedeschi. Nel 2011 era salito fino a quota 500 e fu la fine del governo Berlusconi. Poi si disse (...)
(...) che Monti lo aveva domato. Falso. A domarlo fu l’allora governatore della Bce, Mario Draghi, che iniziò ad abbassare i tassi e soprattutto a comprare gran parte del debito che l’Italia faceva. Insomma ci piace vincere facile: se la banca centrale, che è quella che stampa moneta, compra il debito, il suo prezzo scende. Banale legge di mercato.
Da quel momento in poi abbiamo finto che non esistesse più lo spread. C’è una piccola mostruosa controindicazione alle politiche monetarie espansive (tassi di interesse bassi e acquisto del debito pubblico da parte delle banche centrali) e cioè che stampando grande quantità di moneta (i debiti li compro facendo gemere il torchio, anche se oggi è tutto digitale) essa si deprezza e si alimenta l’inflazione. Una buona parte di economisti folli ha pensato che ci fosse un nuovo paradigma e che il circolo vizioso inflattivo fosse stato superato.
Ci troviamo con gli Stati Uniti che hanno un livello dei prezzi cresciuto del 7 per cento e l’Europa del 5 per cento. Qualcuno potrà obiettare che derivi dal caro materie prime. Solo in parte vero. In America sono cresciute meno che da noi, eppure i prezzi sono più bollenti. Le materie prime hanno il loro peso, ma da sole non basterebbero.
La verità è che le banche centrali hanno esagerato e i politici se ne sono approfittati. Solo a fine settembre dalle parti della Bce stimavano un’inflazione dell’1,5 per cento: un terzo di quanto abbiamo. In America, dove sono più franchi, la Fed ha dovuto chiedere scusa perché ha toppato tutte le previsioni prevedendo che il balzo dei prezzi fosse temporaneo. Cosa a cui oggi nessuno crede.
Quando il livello dei prezzi sale di questa entità, il danno per chi vive di reddito fisso è fatto. Da ora in poi, anche se l’inflazione si fermasse, avrebbe visto perdere del 5 per cento il suo potere di acquisto. E comunque nessuno ormai ritiene che ci fermeremo a questo livello.
E il famoso spread? Siccome oggi a governarci c’è il medesimo banchiere che impostò queste politiche monetarie e che gode di grandi amicizie internazionali, nessuno ne parla.
Eppure ieri quello che un tempo era considerato il famigerato spread è salito fino a quota 155, il massimo da luglio del 2020. Un bruttissimo segnale. La Banca centrale europea ha solo detto che non può continuare a comprare Btp all’infinito, come è normale, e che prima o poi alzerà i tassi di interesse.
È favoloso lo strabismo dei nostri analisti, quello dei politici non stupisce. Immaginate cosa sarebbe successo se la tanto agognata stabilità Mattarella-Draghi non si fosse raggiunta: oggi tutti avrebbero urlato allo spread salito ai massimi da un anno e mezzo. È salito, ma siamo stabili. E nei salotti vi diranno: pensa cosa sarebbe successo senza la magnifica coppia.