ItaliaOggi, 5 febbraio 2022
Orsi &Tori
Non sono, o non dovrebbero essere considerate, solo un auspicio, ma un vero ordine morale, le 13 dignità indicate dal presidente Sergio Mattarella: 1) “Dignità è azzerare le morti sul lavoro”; 2) “Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo”; 3) “Dignità è impedire violenza sulle donne”; 4) “Dignità è interrogarsi su come salvare la vita ai migranti”; 5) Dignità è combattere senza tregua la tratta e la schiavitù degli esseri umani”; 6) “Dignità è il diritto allo studio”; 7) “Dignità è rispetto degli anziani”; 8) “Dignità è combattere la povertà e la precarietà”; 9) Dignità è non dover scegliere fra maternità e lavoro”; 10) “Dignità è un paese con carceri non sovraffollate che non germino il risentimento sociale dei detenuti”; 11) “Dignità è un paese non distratto sui problemi della disabilità”; 12) “Dignità è un paese libero dalle mafie”; 13) “Dignità è assicurare il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente”.
I primi 12 ordini morali sono diretti ai politici, al governo e tutti gli italiani; anche il tredicesimo coinvolge politica e parlamento per assicurare leggi adeguate, ma in particolare riguarda chi, come i giornalisti, per professione informano i cittadini. I miei tre lettori mi permetteranno quindi di tornare su un argomento che non molte settimane fa era d’attualità per il lancio da parte dell’Unione europea della consultazione pubblica su come garantire appunto un’informazione “libera e indipendente”, come presupposto imprescindibile per la conservazione della democrazia.
Non può sorprendere che il tema venga sollevato da un uomo di straordinaria moralità e ineguagliabile senso democratico come il presidente Mattarella a poche settimane dall’iniziativa della Ue, quando ancora la variante Omicron sta diffondendo il virus a una velocità 4,5 volte superiore alla Delta, con la capacità di contaminare in soli 5 secondi di esposizione a un positivo, per fortuna con effetti tollerabili. Proprio il Covid ha provocato due fenomeni che minano ulteriormente l’informazione libera e indipendente per i cittadini: 1) la proliferazione impressionante delle fake news, che il professor Mario Rasetti calcola essere arrivata sulla rete a superare abbondantemente le notizie vere, sì che i cittadini vengono tratti in inganno nel tentativo di essere informati, per formarsi opinione fondate sulla realtà; 2) il dominio assoluto della rete, che sta prevalendo sui media tradizionali, da parte di chi, come gli Ott, ne ha di fatto il monopolio: da Facebook, a Google, che controlla circa il 90% della pubblicità digitale, salita nel 2021 di ben il 67%. Questa pubblicità, almeno per l’80-90%, in passato andava sulla pluralità dei media classici, che oggi sono nella tempesta anche se appunto le prese di posizione della Ue e di Mattarella incoraggiano a proseguire nella trasformazione digitale intrapresa da quasi tutti gli editori tradizionali, incluso quello che edita il giornale che state leggendo.
Da questo punto di vista l’ordine morale di Mattarella è anche un plauso alla Ue e in particolare alla vice presidente della commissione, Margrethe Vestager, che oltre a infliggere multe agli Ott per posizione dominante ha elaborato due nuovi regolamenti (Digital service act e Digital market act), che hanno spinto anche l’attempato presidente Joe Biden a rilanciate, con la nuova presidente della Federal trade commission Lina Khan, l’azione antitrust, colonna della democrazia americana.
Ed è per certi versi ancora più significativo che la richiesta del presidente Mattarella di assicurare ai cittadini un’informazione libera e indipendente sia avvenuta in contemporanea con il crollo a Wall Street di Facebook (alias Meta, com’è stata ribattezzata la società dal suo fondatore). Un tonfo fino al -25% dopo il -22% del giorno precedente: in dollari, circa 230 miliardi. A provocare questa caduta record in borsa sono stati i dati sul calo di utenti unici giornalieri di oltre un milione in tre mesi, da ottobre a dicembre, dopo 18 anni di crescita continua. Anche la pubblicità è calata e di conseguenza l’utile si è ridotto dell’8%.
Per Facebook sta avvenendo una vera e propria resa dei conti essendo il maggior supporto per la diffusione delle famigerate fake news. Nell’ottobre scorso Zuckerberg ha tentato la risalita dopo che una montagna di documenti (Facebook papers) nei quali si dimostrava come il social avesse messo davanti a tutto il profitto – infischiandosene della tutela degli utenti, della loro privacy – fu recapitata al Congresso degli Usa da un ex dirigente disgustato da quel comportamento. C’erano dentro anche le prove del ruolo che Facebook aveva avuto nell’attacco allo stesso Congresso il 6 gennaio 2021: false notizie condivise sul social, sulle “elezioni rubate” da Joe Biden secondo le accuse del presidente uscente Donald Trump, che paradossalmente (altro atto d’abuso contro la democrazia) Zuckerberg aveva censurato un testo sul legittimo suo account. Insomma, il diritto e il rovescio di tutto pur di fare soldi.
Per tentare di rimediare a questa situazione di evidente alterazione dell’opinione pubblica, il 28 ottobre dell’anno scorso Zuckerberg ha organizzato la spettacolare presentazione del Metaverso (un mondo digitale in cui ognuno può abitare e vivere con il proprio avatar) cambiando anche il nome della società in Meta. Così è riuscito distogliere l’attenzione dallo scandalo dei Facebook papers, ma i suoi utenti hanno cominciato ad aprire gli occhi e a distaccarsi dal social.
La conferma della fine della crescita (almeno temporanea) del fenomeno è avvenuta quando Apple ha deciso recentemente di consentire a possessori di iPhone e iPad di decidere se farsi tracciare o meno. Molti hanno deciso e stanno decidendo per il no e così l’attività su Facebook è diminuita, con la conseguenza di una caduta significativa (stimata in 10 milioni di dollari) di profitti.
Tutto ciò non è altro che la conferma, negli Usa e in Europa, del fatto che il valore dell’informazione corretta, libera e indipendente, è un bene che i cittadini non vogliono perdere, nonostante la droga dei social. Finora la profilazione attraverso gli algoritmi è stata favorita dai frodatori di device che non consentivano, come ha fatto ora Apple, di poter scegliere di avere una navigazione riservata. Naturalmente a questo aspetto sono più sensibili le generazioni più adulte, mentre i più giovani, o meglio i bambini, vengono facilmente catturati. Per questo, non sbagliando, il governo cinese ha varato una legge che stabilisce la durata massima di tempo entro cui i bambini possono usare il cellulare o il tablet e addirittura sono state fissate regole anche per gli adulti per limitare la ludopatia, stabilendo che sia possibile stare davanti a uno schermo per gaming essenzialmente nel fine settimana. Naturalmente il controllo di chi non rispetta le regole è assai più agevole in Cina che negli altri paesi.
Ma non sono solo i social la malattia di un’informazione fatta di fake news, quindi una falsa informazione e dunque un’informazione non libera e non indipendente da interessi economici o politici.
La classe dirigente di paesi democratici fa ancora molto affidamento sui media classici, dai quotidiani (la forma digitale non altro che agevolare la lettura), all’informazione televisiva e naturalmente quella dei siti professionali. Ma ciò non vuol dire che ai cittadini sia esattamente garantito il diritto (che giustamente il Presidente Mattarella definisce dignità) ad avere un’informazione libera e indipendente.
Per secoli il paese dove questo diritto è stato più rispettato sono gli Stati Uniti. Se non ci fosse stato non sarebbe stato possibile per The Washington Post rivelare lo scandalo del Watergate, che costrinse il presidente Richard Nixon a dimettersi. Ora il Post è stato conquistato da Jeff Bezos, che vorrebbe sempre essere l’uomo più ricco del mondo e che ha il potere, grazie ai tracciamenti e ad Alexa, di far arrivare a casa di chi è cliente di Amazon anche i prodotti che non sono stati ordinati ma sono desiderati dalla famiglia. Le analisi più recenti di Isi hanno dimostrato che la capacità di conoscere nel dettaglio il desiderio o il fabbisogno di qualcosa da parte di Bezos è arrivato al punto che soltanto il 3% della merce non ordinata ma recapitata a casa viene respinta. Un dato che mette paura sulla capacità di conoscere nei dettagli la vita dei cittadini. Bezos naturalmente non si è fermato a The Post, ma sta invadendo anche l’area del video con Amazon Prime, perché gli consente di entrare in possesso di altri dati e quindi di incrementare le vendite di Amazon. E pensare che aveva cominciato con l’idea di essere diffusore di cultura con i Kindle, i libri in formato digitale. È stato un fallimento che fa ben sperare, perché i lettori continuano a preferire i libri stampati, come simbolo di cultura e anche di praticità. Un buon trend anche per i mezzi d’informazione nei formati tradizionali, perché anche i giovani continuano a comprare libri stampati.
L’informazione, se strumentale, può essere un potere devastante, come illustrano le vicende di Facebook e dell’assalto al Congresso americano. Per questo nella consultazione pubblica lanciata dall’Ue proprio per garantire ai cittadini, con norme conseguenti, un’informazione libera e indipendente, come ha chiesto il Presidente Mattarella, ci sono domande chiave per definire le categorie che non dovrebbero poter controllare o comunque avere la proprietà dei media, in particolare di quelli che fanno informazione.
Questo problema è macroscopico in Italia, dove a parte Rcs che è controllata da un editore professionista, gli altri maggiori organi di informazione fanno tutti capo a chi ha interessi economici o economico-politici al di fuori dell’attività editoriale: basta pensare alla catena Caltagirone, che possiede il quotidiano della capitale, il Messaggero ma anche il Gazzettino di Venezia, il Mattino di Napoli, il Quotidiano di Lecce, e il Corriere Adriatico di Ancona; la famiglia Agnelli Elkann oltre che ad avere da sempre la proprietà de La Stampa e da alcuni anni Il Secolo XIX di Genova ha conquistato Gedi con La Repubblica, una catena di giornali locali, e tre radio. Gli industriali nel loro complesso hanno Il Sole-24Ore per fortuna diretto da un giornalista serio e preparato come Fabio Tamburini, ma poi imprenditori di varie aree hanno la proprietà di giornali locali come a Brescia, Vicenza, Bergamo, Livorno, Pescara e altre province. Un industriale spesso nella tempesta come Alfredo Romeo si è comprato Il Riformista. Se si passa alla televisione, professionale quanto si vuole, la principale privata è posseduta dall’ex-presidente del consiglio Silvio Berlusconi: quando fu fatta la legge Mammì che regolarizzava il sistema televisivo, legittimando Mediaset, l’allora ministro Mattarella si dimise.
Tutti i giornali e gli altri media hanno ampiamente parlato delle Dignità indicate con cadenza categorica dal presidente Mattarella. Come mai quasi tutti i media, per non dire tutti, si sono dimenticati di includere nell’elenco la tredicesima Dignità, quella secondo cui i cittadini hanno diritto a un’informazione libera e indipendente? E come mai nessuno ha colto, sempre in materia, il riferimento agli Ott, sempre in tema anche se più criptico, come ha segnalato Roberto Sommella nell’articolo di ieri su MF-Milano Finanza?
In passato il dibattito sull’indipendenza, allora, solo dei giornali di carta, è stato ampio specialmente da parte dei giornalisti. Oggi i giornalisti sono una categoria debole. Ma avendo come stimolatore del dovere verso gli italiani nientemeno che il presidente della Repubblica, non è il caso di riproporsi, come categoria, un problema fondamentale per la democrazia?
P.S. Ci può essere una via all’alta tecnologia da parte delle piccole banche? Fsi, il fondo guidato da Maurizio Tamagnini, dopo l’investimento in Cedacri, l’impegno in Cerved insieme alla Ion di Andrea Pignataro e la puntata nel system integrator Lynx, ha concluso nei giorni scorsi un importante investimento con una delle due capofila delle Bcc. Con Iccrea, per un investimento di 500 milioni di euro (nella tecnologia italiana Fsi ha investito già 600 milioni), sarà realizzato il secondo operatore di monetica in Italia. L’operazione avviene attraverso Bcc Pay ed è finalizzata a creare il secondo operatore della monetica in Italia. Finalmente un’attenzione di investitori istituzionali verso il sistema delle banche locali. Per un’operazione simile, nel campo delle popolari, ci potrebbe essere l’estensione a varie banche del sistema di monetica della Popolare di Sondrio, che è dovuta diventare spa ma che ha sempre il cuore popolare. E oltre alla monetica, la Sondrio potrebbe prestare alle ex-consorelle molto altro ancora. (riproduzione riservata)