La Stampa, 4 febbraio 2022
Le tre vite di Zanardi
«Alessandro è un uomo magnetico, con una grandissima voglia di fare. Pensi che un giorno mi ha detto “dobbiamo lavorare, voglio star bene”. E lo ha fatto davvero: ogni giorno per tutto il periodo in cui è stato da noi, per quattro, cinque ore consecutive, si è sottoposto a questa terapia con una forza che mi ha lasciato senza parole». Pasquale Longobardi, 60 anni, dal 1989 è direttore del Centro Iperbarico di Ravenna che dal 3 gennaio fino a fine mese ha avuto in cura Alex Zanardi. Per lui è stato organizzato un team di dieci specialisti che comprendevano, oltre a Longobardi, specializzato in medicina iperbarica con esperienze anche in Giappone, Germania e Usa, un medico specialista in rialibitazione, due neurologi, una psicologa, un fisioterapista, un logopedista, un’infermiera, un tecnico iperbarico e uno specialista in cannabis terapeutica. «Che a Zanardi è stata prescritta, seppur in quantitativi bassissimi, per evitare che le cellule danneggiate e che producono molto calcio, si rovinino ulteriormente», chiarisce Longobardi. E poi Alex ha avuto accanto il medico-amico di sempre, Claudio Costa, colui che materialmente l’ha portato al centro di Ravenna, e la moglie Daniela Manni «che non lo abbandona mai e questo fa una grande differenza: è la sua forza». E poi i fan, sempre presenti, con striscioni fuori dalla struttura.
La terapia cui il campione paralimpico è stato sottoposto prevede l’impiego di una camera iperbarica «molto più grande di quelle tradizionali, che solitamente ospita 12-13 persone, sedute. Lui l’ha usata in esclusiva visto che doveva stare steso a fare gli esercizi» e di due gas, che vengono iniettati nel corpo: l’ossigeno «che dà energia alle cellule» e l’elio «che impedisce loro di morire». In più, spiega Longobardi, «fuori dalla camera iperbarica ci sono dei dispositivi medicali che mandano impulsi elettrici in un processo che si chiama neuromodulazione». Tradotto, «prendiamo la “corrente” del corpo e la distribuiamo verso il cervello così da far ripartire la funzione cerebrale». Infine, il team del Centro Iperbarico di Ravenna gli ha praticato la «medicina di bioregolazione del sistema, che funziona con una flebo in vena che nutre le cellule attivando le staminali». Ma se c’è una persona che lo ha davvero aiutato a stare meglio è sé stesso: «In queste settimane abbiamo visto una persona meravigliosa, cosciente e molto collaborativa, ha interagito sempre con ognuno dei professionisti con cui ha avuto a che fare. Per esempio – racconta Longobardi – con la fisioterapista ha lavorato assiduamente perché sa di avere un percorso davanti e vuole portarlo a termine. Ha una grande voglia e il suo atteggiamento è un forte messaggio per gli altri pazienti: non bisogna abbattersi mai». Da un paio di giorni Zanardi ha lasciato Ravenna e Villa Maria di Cotignola, presso cui soggiornava con la moglie, per tornare a casa, a Noventa Padovana, ma tra un paio di mesi tornerà al Centro Iperbarico per sottoporsi a un secondo ciclo. «Sono sessioni molto intense a cui un corpo può essere esposto per periodi brevi, ora deve riposare. In primavera ci sarà un secondo tempo ma più breve».
Dal 19 giugno 2020, giorno in cui è iniziata l’ennesima vita di Alex Zanardi, dopo l’incidente in handbike contro un camion sulla strada tra Siena e Montalcino, l’atleta paralimpico è stato operato dodici volte in cinque diversi ospedali. Portato d’urgenza al Santa Maria alle Scotte con quella che i chirurghi definiranno una «catastrofe facciale», nei primi trenta giorni viene operato tre volte. Il 21 luglio lo trasferiscono a Villa Beretta dell’Ospedale Valduce di Como dove, in tre giorni, resta vittima di un’infezione che lo obbliga a uno spostamento immediato al San Raffaele di Milano. Qui lo operano altre due volte. Il 21 novembre lo spostano a Padova e il 21 aprile 2021 al San Bortolo di Vicenza: altre operazioni. Ma Alex migliora. E ora aspetta la primavera.