Corriere della Sera, 3 febbraio 2022
Lorena Cesarini in lacrime a Sanremo
Su Instagram si chiama Lorena Monroe Cesarini. «Il mio secondo nome è Chiara, ma da bambina mamma mi chiamava Marilyn». Dietro le quinte sorride. Sul palco si emozionerà arrivando più volte alle lacrime. Tocca all’attrice diventata popolare con la serie Suburra ridare un ruolo alle co-conduttrici del Festival di Sanremo dopo la retrocessione a valletta era pippobaudesca di Ornella Muti.
Amadeus le offre uno spazio pregiato, un monologo nella prima parte della serata. Da subito emozionata. «È che Amadeus mi fa piangere». E prova a non guardarlo. Lorena racconta la sua storia. Che è quella di una ragazza nata a Dakar, classe 1987, e cresciuta a Roma, mamma senegalese e papà italiano. «Mamma è cattolica e aveva due sogni: voleva fare il giro delle chiese di Roma e conoscere un uomo italiano per fare un bimbo. Papà era innamorato dell’Africa e ci andava spesso anche perché era un giocatore d’azzardo e a Dakar ci sono molti casinò. Si sono incontrati ed è stato subito amore», raccontava nel pomeriggio.
Lorena cresce, si laurea in Storia contemporanea, ha lavorato all’Archivio di Stato, ha studiato recitazione e, per uno di quei casi da fiaba, viene notata per strada e inizia a lavorare per il cinema.
Quando Amadeus la chiama per inserire il suo nome nella rosa delle cinque co-conduttrici del Festival la sua vita cambia. Non solo perché la carriera potrà prendere un piega nuova. «Dopo l’annuncio scopro, a 34 anni, che non è vero che sono una ragazza italiana come tante... io resto nera. Fino ad oggi a scuola, all’università, al lavoro o sul tram nessuno aveva mai sentito l’urgenza di dirmelo... invece appena Ama dà questa notizia splendida per me, certe persone hanno sentito proprio questa urgenza: evidentemente per qualcuno il colore della pelle è un problema».
Un megaschermo mostra alcune delle frasi che le sono arrivate sui profili social: «Non se lo merita, l’hanno chiamata solo perché nera». «È arrivata l’extracomunitaria». «L’hanno chiamata per lavare le scale e innaffiare i fiori». La botta deve essere stata pesante quando le avrà viste per la prima volta. «Ci sono rimasta male perché non ci ero abituata. Mi sono arrabbiata, poi mi è passata. Ma mi è rimasta dentro una domanda: perché? Perché alcuni sentono la necessità di pubblicare certi post? Perché c’è della gente che ha un problema con il mio colore della pelle». Anche adesso che rilegge quelle frasi ignoranti è difficile trattenere l’emozione. Questa volta non c’entra Amadeus, e le lacrime tornano fuori. Dalla platea arriva un «sei italiana» che le dà una spinta.
Il monologo si allunga un po’ troppo, ma il messaggio arriva. «Non sono qui per darvi una lezione», dice Cesarini. Tira fuori una copia del best seller di Tahar Ben Jelloun, Il razzismo spiegato a mia figlia, e ne legge alcune pagine. Le domande disarmanti della bambina diventano le sue. «I razzisti possono guarire?». Ovviamente «No».
Sempre dietro le quinte, quando l’emozione la lasciava più tranquilla, l’attrice aveva anticipato il tema. «Forse la mia esperienza è stata particolare, sono cresciuta in ambienti dove non si sentivano pronunciare certe offese. E forse essere una donna rende tutto più facile: la bellezza ti protegge. Contro gli uomini ho visto più accanimento», spiegava.
L’ondata di hating – anche ieri sera qualche intelligentone si è fatto sentire – non le ha fatto cambiare idea: «Gli italiani non sono tutti razzisti e leoni da tastiera. A parte quei messaggi ci sono state anche tante persone felici di vedere questi ricci, qualcosa che rappresentasse l’integrazione e la freschezza».