il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2022
Roma torna a indebitarsi
Sui conti del Campidoglio, Roberto Gualtieri torna al passato. Il primo bilancio del nuovo sindaco dem – già ministro dell’Economia con il governo Conte-1 – punta quasi tutto sulla spesa corrente. Tradotto: privilegia i costi vivi giornalieri invece degli investimenti. Rispetto all’ultimo documento finanziario varato dalla giunta di Virginia Raggi, quello di Gualtieri prevede 5,4 miliardi sulla spesa corrente, con un incremento di 304 milioni di euro. Tutto ciò a fronte della possibilità di finanziare queste spese con l’accensione di mutui, dunque con il rischio di creare nuovo indebitamento. Una novità rispetto agli ultimi anni.
Si tratta di una precisa scelta politica, le cui basi sono state gettate il 16 dicembre scorso attraverso due delibere di giunta, la 338 e la 340 del 2021. La 338, in particolare, autorizza “l’utilizzo da parte del tesoriere comunale – si legge nel testo – di entrate aventi specifica destinazione, anche se provenienti dall’assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa Depositi e Prestiti, per il finanziamento delle spese correnti”. Il tutto, “entro il limite massimo previsto dalla normativa vigente per il ricorso all’anticipazione di tesoreria, autorizzato in” poco più di 1 miliardo e 260 milioni di euro. Facendo un paragone banale con una semplice gestione familiare, è come farsi prestare dei soldi per andare al supermercato: si può fare, ma è rischioso.
Tutto legale, ovviamente. È vero che l’articolo 119 della Costituzione, entrato in vigore nel 2012 in attuazione delle direttive europee previste dal Fiscal compact, prevede che gli enti locali “possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento” ma, come specificato nelle premesse della delibera, in base al decreto legislativo 10 agosto 2014, numero 126, “gli enti locali (…) possono disporre l’utilizzo, in termini di cassa, delle entrate vincolate (…) per il finanziamento di spese correnti (…) per un importo non superiore all’anticipazione di tesoreria disponibile”. Anticipazione su cui si pagano interessi “attualmente tasso Euribor a tre mesi, base 365, maggiorato di uno spread pari a 300 punti percentuali annui”, si legge nel provvedimento capitolino.
Il ricorso ai mutui per finanziare la spesa corrente era molto in voga fino al 2012, quando erano sindaci Walter Veltroni e Gianni Alemanno. Con questa strategia, il Campidoglio ha contribuito a incrementare i suoi debiti, arrivando fino agli attuali 12 miliardi di euro. Le rate del piano di rientro, finalizzato al 2048, vengono versate al 60% dal Mef (quindi da tutti gli italiani) e al 40% dai cittadini romani. La stessa Silvia Scozzese, attuale vicesindaca e assessora al Bilancio, è stata commissario governativo del debito fra il 2015 e il 2017. Solo il 4 aprile 2019, dopo l’azione di risanamento di Ignazio Marino, concretizzata da Virginia Raggi, Roma ha ottenuto dal governo italiano la chiusura del commissariamento, grazie anche al sostanziale pareggio di bilancio raggiunto in 6 anni. Ma i 12 miliardi da restituire sono sempre lì. Gualtieri, all’atto dell’approvazione del bilancio ha parlato di “più risorse e maggiori investimenti per Roma, per dare finalmente alla nostra città la svolta che merita”.
Tra le varie critiche c’è quella di Fabrizio Santori, consigliere della Lega, il quale fa notare, ad esempio, che “per il Gabinetto del sindaco il budget sale a 5 milioni, rispetto ai 3,6 milioni del 2021: si spenderanno oltre 33 milioni in cinque anni per lo staff di Gualtieri”, mentre “le risorse per i trasporti sono sempre le stesse”. Nonostante ci sia molto da fare. L’esempio pratico riguarda ascensori e scale mobili nelle fermate della metropolitana. Ieri il sito dell’Atac, la società del Comune di Roma che gestisce i trasporti nella Capitale, riportava che gli impianti di traslazione erano rotti in 32 stazioni sulle tre linee capitoline.