Corriere della Sera, 2 febbraio 2022
Red Canzian parla dall’ospedale
La voce di Red Canzian è flebile ma ferma. È all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, operato per un’infezione cardiaca qualche settimana fa dal professor Giuseppe Minniti. È notte. Red Canzian è ancora sveglio. Aspetta la telefonata dell’amico e sodale Roby Facchinetti che è andato a Bergamo a vedere l’opera pop su Casanova scritta ideata e prodotta dal’ex cantante e bassista dei Pooh con la moglie Beatrice Niederwieser. Già, i Pooh. Il loro anno orribile è cominciato con l’improvvisa morte del batterista Stefano D’orazio mancato l’anno scorso. A settembre è morta per un tumore al cervello Paola Toeschi, moglie del chitarrista Dodi Battaglia. Aveva 51 anni.
«Mi dicono che dovrò stare qui ancora almeno quattro settimane per una cura antibiotica e per la fisioterapia. Il chirurgo ha fatto pulizia su cuore e dintorni e sembra che me la caverò. La cosa è esplosa senza alcuna avvisaglia. Una mattina non riuscivo ad alzarmi dal letto. Ho provato a camminare e sono caduto. Una cosa orribile».
A cosa sta pensando in questi giorni?
«Mi sono chiesto: ma che altro può succedere? E la vita vissuta mi passa davanti. Penso a mio padre Giovanni che dall’aldilà mi sta dando una grossa mano costringendo tutto il paradiso a pregare per me. Fu lui a comperarmi a rate per 5 mila lire la prima chitarra quando avevo 13 anni».
E si è subito trovato bene con quello strumento?
«Sì. A quell’età volevamo imitare Harrison o Lennon. Al mio arrivo per rimpiazzare Riccardo Fogli, Facchinetti, Battaglia e D’Orazio giravano con quattro fari, due seicento multipla ai lati del palco. Io gli feci spendere 27 milioni di lire del 1963 per un impianto luci come si deve. Guadagnavamo 600 mila lire a spettacolo da dividere in quattro. Mi presero per matto. Ma poi capirono e mi ringraziarono».
Nonostante fosse l’ultimo arrivato lei era un po’ il front man della band?
«Sono cose che si decidono sul campo quando si capiscono le attitudini. Io comperai gli studi del Castello di Carimate prima e gli studi Sugar poi».
Lei ha avuto una vita sentimentale intensa.
«Due matrimoni, il primo con la cantante Delia Gualtiero che mi ha dato una figlia meravigliosa, Chiara, e il secondo con Beatrice, che è il mio punto di riferimento, condividiamo tutto, compresa la produzione di Casanova. Bea inoltre, ha portato “in dote“un ragazzo splendido e un musicista sensibile, Phil».
Però è stato molto corteggiato.
«Io non sono il tipo da una botta e via. Ho avuto delle storie anche brevi ma belle. Con tutte le ex c’è stato affetto e poi amicizia. Siamo in ottimi rapporti. Anche per questo ho voluto inventare un musical per riscattare la figura di Casanova».
Cosa le dà conforto in questi tempi difficili?
«La solidarietà e le telefonate dei colleghi, le premure di chi mi cura. L’essere vivo e lucido. Ma il dolore per la perdita di Stefano non passa. Anche quando litigavamo c’era sempre una forma di rispetto. Mi manca il suo sorriso. Lui era in grado di cambiare in meglio una giornata».
Il momento più bello della storia dei Pooh?
«Quando abbiamo vinto nel ‘90 il Festival di Sanremo. No, anzi: quando nel giro di due anni passammo dalle balere agli stadi».
Come è cambiato il mondo della musica leggera?
«Non si studia più la musica».
Ha avuto paura?
«Tanta. Ho capito subito che avevo un problema grave. Ho capito che potevo anche morire. E adesso faccio già piani per il futuro. Come andare in teatro a vedere il mio Casanova. Costosissimo. Per fortuna sono intervenuti amici e sponsor. Renzo Rosso ci ha regalato chilometri di stoffa per i costumi. Gli industriali delle cucine e la Federlegno ci hanno regalato il legno per il palco e le scene. Al Politecnico calzaturiero del Brenta gli alunni hanno disegnato e costruito le scarpe dell’epoca».
Seguirà Sanremo?
«Assolutamente si. Questo festival sarà una festa. Amadeus è uno in gamba che la musica l’ascolta».
Prega?
«Sì. Tanti mantra a cominciare dal rosario... Siamo troppo perfetti per esser solo carne».