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 2022  febbraio 02 Mercoledì calendario

Rihanna e la gravidanza come operazione di marketing

Lei e lui, mano nella mano, sotto il nevischio, sorridenti. La giacca di lei completamente aperta sul davanti tranne per un bottone, a lasciare il ventre scoperto.
È una masterclass da studiare attentamente (per chi si occupa di comunicazione) la modalità scelta da Rihanna, 33 anni, cantante e imprenditrice da un miliardo di dollari, per rivelare al mondo la sua gravidanza: una fotografia – lei incinta, con il compagno rapper A$ap Rocky – subito rimbalzata sui social media, uno scatto verissimo e fintissimo allo stesso tempo, l’autenticità della gravidanza e la messa in scena di attenzione maniacale ai dettagli. Sembrano scatti rubati ma è il fotografo è Miles Diggs paparazzo delle star, la giacca Chanel, al polso porta un Rolex King Midas da 40mila euro, il «set» è una strada di Harlem per aggiungere realismo (Harlem, quartiere storico dei neri newyorchesi, è stato teatro della «Harlem Renaissance» laboratorio di tante idee e tendenze del Novecento). 
Rihanna è cantante e stilista ma soprattutto genio del branding: nella luce diffusa di una mattina nevosa le basta scoprire l’addome come a Marilyn nel bel mezzo del Novecento bastò camminare sopra una grata del metrò: Rihanna deve più che alla musica ai cosmetici la maggior parte della sua fortuna (più dell’80%, circa 1,4 miliardi di dollari su 1,7). La giovane barbadiana è entrata sei mesi fa in classifica come neomiliardaria: il suo patrimonio è stimato attorno a 1,7 miliardi di dollari (1,4 miliardi di euro). Davanti a lei, nel mondo dello spettacolo, c’è soltanto Oprah Winfrey. 
La foto di Rihanna presto mamma apre una nuova fase mediatica nella rappresentazione della gravidanza: nel 1991, quando Vanity Fair americano mise in copertina Demi Moore nuda e incinta di otto mesi, ci fu – difficile crederci oggi – uno scandalo: Wal-Mart, gigantesca catena della grande distribuzione ieri come oggi, rifiutò di distribuire la rivista («Dissero ai nostri responsabili della distribuzione che era indecente e che non l’avrebbero mai messa nei loro negozi», spiegò la direttrice Tina Brown, che vendette comunque 1,2 milioni di quel numero, più o meno il 30% in più).
Annie Leibovitz aveva realizzato scatti «normcore», la diva con un semplice abito scuro, così voleva il magazine: poi però Moore le aveva chiesto un nudo da conservare per ricordo, con l’allora marito Bruce Willis. Brown vide quello scatto e capì subito che quella era la «cover», il resto è storia del giornalismo: vendite per l’appunto record, polemiche, fine di un tabù sulla rappresentazione mediatica del corpo femminile in avanzata gravidanza.
Un nuovo modello mediatico di bellezza si era affermato, destinato a essere imitato per un trentennio (il pioniere fu nei primissimi Novanta l’inglese Max Vadukul, che ritrasse Trudie Styler moglie di Sting nuda e incinta, senza però l’eco mediatica di Moore/Vanity Fair: lo scatto su Internet non c’è quindi è come se non fosse mai esistito).
Variazioni sul tema Demi Moore – a volte omaggi veri e propri: stessa posa, stesse luci, stesso fondale – ne abbiamo viste da allora tantissime, in copertina e non, da Jessica Simpson a Christina Aguilera, Kylie Jenner e Nicki Minaj fino a Serena Williams, che pochi mesi dopo la copertina sempre di Vanity Fair, da neomamma fece un ritorno fulmineo alle competizioni. E Beyoncè che durante la gravidanza ha reinterpretato con l’artista Awol Erizku una serie di immagini sacre, creando un progetto da galleria d’arte oltre alle ovvie immagini virali.