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 2022  febbraio 02 Mercoledì calendario

La rivincita di Francesco Greco

Se fosse una partita di tennis e non uno scandalo giudiziario, l’ex procuratore di Milano Francesco Greco sarebbe in vantaggio due set a zero sul pm Paolo Storari. Il campo di gioco è il tribunale di Brescia: mentre Storari comparirà domani per difendersi con l’ex membro del Csm Piercamillo Davigo dall’imputazione di rivelazione di segreto d’indagine, Greco incassa l’archiviazione dell’accusa, avanzata dallo stesso Storari e corroborata da Davigo, di omissione di atti d’ufficio per «immobilismo investigativo» sulla presunta loggia Ungheria. Il gip, anziché limitarsi ad affermare la «radicale infondatezza» dell’accusa a Greco, ipotizza che l’iniziativa di Storari – su cui però deciderà un altro giudice – «sia stata indotta da una suggestione e dalla frustrazione di non poter svolgere più penetranti investigazioni» causa lockdown.
Le due vicende originano dagli interrogatori, resi a Storari tra 2019 e 2020, in cui l’ineffabile avvocato Piero Amara rivelava l’esistenza di una loggia segreta paramassonica denominata Ungheria con decine di magistrati, politici, grand commis, militari. Una specie di P2 del nuovo millennio, tanto che Storari (scrive il gip) andò a rileggersi la relazione parlamentare dell’epoca di Tina Anselmi, per farsi un’idea.
Da quei verbali nacque nella Procura di Milano un contrasto poi deflagrato e su cui ora il Csm sta cercando di mettere ordine. Nell’aprile 2020 Storari, ritenendo Greco colpevolmente (se non dolosamente) inerte, consegnò i verbali a Davigo. Un’iniziativa che il gip definisce «improvvida e con finalità resa ancor più opaca dalle vicende successive». A maggio Davigo, tacciato dal gip di «sbrigativa sicurezza», portò i verbali al Csm, da dove uscirono sei mesi dopo, con scandalo e danno alle indagini.
La Procura di Brescia, diretta da Francesco Prete e competente sui magistrati milanesi, dopo aver ricostruito i fatti con testimonianze, documenti, mail e chat, aveva concluso con la richiesta di archiviazione per Greco. Il gip, accogliendola, va ben oltre. Dice che, contrariamente a quanto sostenuto da Storari, Greco non fu inerte ma solo «giustamente prudente», esercitando il necessario «vaglio critico su dichiarazioni anodine, fluide, confuse e generiche di un soggetto inattendibile» come Amara senza ostacolare «le attività preliminari di riscontro», sia pure nell’ambito di un altro fascicolo: riunioni con i pm di Perugia, intercettazioni telefoniche, interrogatori di altri presunti affiliati a Ungheria. Ciò a gennaio 2020, e le attività – scrive il gip – sarebbero proseguite senza lockdown.
Storari accusa Greco di non aver dato seguito alle iscrizioni nel registro degli indagati, «precludendo investigazioni efficaci con rischio di compromissione irrimediabile delle indagini» tanto da indurlo a rivolgersi a Davigo per chiedergli aiuto. Ma per il gip, Greco «non rientrava tra i soggetti titolari dell’obbligo di iscrizione» e in ogni caso non ha mai «opposto alcun espresso rifiuto alla stessa iscrizione né concretamente impedito o indebitamente ritardato in qualunque forma» l’azione dei pm, con cui aveva «continue e opportune interlocuzioni in un clima di piena e fattiva collaborazione in un clima sereno».
Smontata dal gip anche l’accusa, rivolta da Storari a Greco, di essersi deciso ad aprire un fascicolo sulla loggia Ungheria solo su input del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, informato a Roma da Davigo. Scrive il giudice: «Pur non conoscendosi il contenuto degli sms tra Greco e Salvi in quanto entrambi non dispongono più dei cellulari che avevano all’epoca e nessuno dei due ha uno specifico ricordo, appare implausibile che un’eventuale comunicazione riservata sul procedimento Ungheria possa essere stata affidata a semplici messaggi nell’arco di pochissimi secondi».
Il decreto del gip sarà acquisito dal Csm, che valuta l’ipotesi di incompatibilità ambientale per Storari e il procuratore aggiunto De Pasquale, fedelissimo di Greco.