la Repubblica, 2 febbraio 2022
In morte di Tito Stagno
È stato il protagonista del grande gioco della Luna, Tito Stagno. Morto ieri a Roma a 92 anni, era nato a Cagliari, a 26 anni aveva iniziato una carriera luminosa e illuminata, avviata da telecronista sportivo. Una Luna che oggi troviamo e ritroviamo dappertutto. Nei mille titoli che ricordano la sua leggendaria telecronaca («Ha toccato!») nelle battute che sanno di tenerezza e che invadono da ore i social («Il Tito e la Luna”» Ma anche il definitivo «Ti sia lieve la Luna»). Alla Luna aveva intitolato anche la sua autobiografia: Mr. Moonlight (minimum fax). Il sottotitolo? «Confessioni di un telecronista lunatico». E ogni capitolo del libro è un titolo o verso di una canzone in tema, appunto la beatlesiana Mr. Moolinght ma anche il ben più ricercato “The Lunatic is on the Grass”, che è il verso iniziale di Brain Damage dei Pink Floyd.
Tutto portava lassù e tutto era da ricondurre a quella notte, 20 luglio 1969. Gli studi Rai a Roma e Stagno ricorderà dell’arrivo nel pomeriggio, la macchina parcheggiata e poi la traversata a piedi fino all’ingresso, 43 gradi, da stremare in partenza: salvo che da lì partì una maratona da far impallidire gli epigoni odierni, 24 ore culminate nella notte dell’allunaggio. Narrano le cronache di dieci milioni di italiani rimasti svegli davanti a quei vecchi tv che frizzavano di un bianco e nero, come definirlo, lunare. Per l’occasione la Rai aveva schierato i pezzi grossi, anzi enormi: con Stagno in studio c’era Andrea Barbato, in collegamento dagli Usa c’erano Gianni Bisiach ed Enzo Forcella, e poi un giovane Piero Angela che si inventò un servizio pazzesco per l’epoca e andò con un operatore a filmare gli americani che aspettavano il grande evento con il naso all’insù.
E poi il fattaccio, su cui ci sarebbero stati decenni per sorriderci, dopo: l’auricolare collegato con Houston e si sente come un segnale di atterraggio e Stagno che urla «Ha toccato» e Ruggero Orlando in collegamento dall’America che lo smentisce così, live. E dopo secondi interminabili lo annuncia lui, Orlando, il vero tocco, il punto è che la frase decisiva «Eagle Has Landed» era arrivata mentre i due, con l’Oceano in mezzo, discutevano su quanto fosse o non fosse già avvenuto e in qualche modo si capì in ritardo: oppure chissà. Appunto, dopo ieri, il grande Gioco della Luna è comunque finito.
Tito Stagno si qualificava «ragazzo di provincia», la carriera che lo ha portato a essere uno dei personaggi più popolari del paese è stata tutta dentro un’Italia che cresceva anche mediaticamente insieme alla sua Rai: e con la rarità, anzi unicità dei mezzi di comunicazione, poteva esprimere il meglio in circolazione. In qualche modo viene classificata parimenti la sua esperienza che lo portò a ottenere un’enorme popolarità nello sport televisivo. Oggi la Domenica Sportiva è un tenero aggiornamento dei fasti passati e tenta di farsi notare dentro lo sport trasmesso in dosi massicce da tutti contro tutti: allora la DS era un caposaldo televisivo per italiani che si contavano a milioni per l’appuntamento sportivo più atteso. Ovvero la Domenica Sportiva, guidata per 17 anni, condotta in prima persona dal 1979 al 1981 (poi anche nel 1985), un programma epocale che, anche in questo caso, essendo l’unico a disposizione si permetteva il meglio e si permetteva di tutto, da Gianni Brera opinionista fisso in poi, i cronisti da leggenda, il racconto – e soprattutto il primo approfondimento – della passione preferita dall’Italia popolare. Protagonista consapevole, e anche compiaciuto al punto giusto, di un’aneddotica sterminata che riguardava il suo essere eccentrico, nonché maniacale in certi atteggiamenti, impeccabile sempre (scriverà: «Ho il terrore di ingrassare e l’ossessione della pulizia»). Ma il suo orizzonte era stato anche più largo, appunto in quella Rai da pionieri che avevano padronanza su tutto, viaggiando il mondo appresso a Capi di stato e Pontefici, testimoniando dai punti nevralgici della storia in corso. E poi, l’intuizione, coltivata per tempo, di quel futuro che poteva viaggiare lontanissimo dal pianeta: la sfida nascente tra Urss e Usa in materia spaziale, i primi servizi, anche questi un po’ eccentrici, sugli Sputnik da Oriente e la risposta che arrivava da Occidente dentro un quadro che si ingigantiva sempre più. Per cui quando arrivò il giorno – per noi la notte – che fece sognare il mondo intero Stagno era quello giusto e predisposto all’occorrenza. Il bello della diretta, che ancora nessuno chiamava così, fece il resto, con quelle sequenze ritrasmesse migliaia di volte in tutte le rievocazioni possibili. Negli anni, ricordando, e andando anche contro le immagini, Stagno manteneva il vezzo di rivendicare la sostanziale esattezza dell’annuncio fatto da lui, quell’ Ha toccato! pronunciato picchiando entrambi i palmi delle mani sul tavolo in un minuto di tensione come se ne ricordano pochi. Alla fine diventò un gioco dentro il gioco, ma ci teneva a vincerlo, eccome: perché in ballo c’era la Luna e la Luna è una cosa seria – altri titoli dei capitoli del suo libro: How High The Moon, naturalmente, ma anche Moonshiner, di Bob Dylan.
E poi appunto le rievocazioni di quella notte, i decennali soprattutto: ce l’ha fatta, nel 2019, Stagno, a festeggiare il mezzo secolo da quella volta: nell’occasione la Rai fece le cose in grande e l’ormai telecronista veterano era il nume tutelare di tutto quanto a cui rivolgersi. Ed era davvero come la favola di un bimbo che chiede al nonno: mi racconti ancora di quella volta che andammo sulla Luna?